di Bob Dylan
Feltrinelli
Traduzione italiana di Andrea D'Anna
Revisione e cura di Alessandro Carrera e Santo Pettinato
Testo originale a fronte
pp. 340
€ 10
Tarantula esce nel 1970 dopo anni di riscritture e ripensamenti,
quando Dylan aveva già composto Like a Rolling Stone e aveva avuto
modo di dichiarare: "Non mi interessava più, dopo una cosa del
genere, scrivere libri, poesie o chissà cosa"; la sua
padronanza del mezzo canzone (con quale poteva fare qualunque cosa)
aveva esaurito la necessità di esprimersi in altro modo. Però
Tarantula viene pubblicato, ed è un montaggio caleidoscopico di
testi che nella Guida alla lettura finale viene definito prosimetro,
ovvero un misto di versi e prosa. Quest'opera, proseguono i
curatori Alessandro Carrera e Santo Pettinato, è
una tentata distruzione della linearità alfabetica a opera di una "voce" sessualmente aggressiva e che attacca le pretese di regolarità della scrittura con l'irriverenza di metonimie martellanti, polisemie fonetiche e scardinamenti ortografici e sintattici.
Va da sé, quindi, che per apprezzare al meglio questo progetto
sarebbe necessario leggerlo in lingua originale, riportata a fronte
nell'edizione Feltrinelli. Il traduttore Andrea D'Anna oltretutto avverte: "Abbiamo
dunque cercato di offrire al lettore una versione in italiano che
fosse già una forte decifrazione, allo scopo di rendere il testo
leggibile e comprensibile subito, anche a costo di attenuare la sua
portata eversiva nei confronti dell'inglese scritto".
Di cosa parla questo libro? Quasi impossibile dirlo. "Il
caos, in sostanza, è il vero tema di Tarantula" si legge sempre
nella postfazione, "il caos e la lotta dell'artista per trovare
la forma più adatta per esprimerlo", ma detto così sembra
tutto più comprensibile di quanto invece sia. Il primo capitolo è
addirittura respingente: l'accozzaglia di frasi annulla il senso di
quanto si sta leggendo, ci si ritrova nell'universo dylaniano
popolato da riferimenti colti (a poeti e passi biblici), allusioni
criptiche, titoli o versi di un'infinità di canzoni, immagini
stranianti. Una Visions of Joahnna espansa, una Sad-Eyed Lady of the
Lowlands senza il supporto musicale a dare un ordine alla tempesta di
spezzoni. Non si tratta neanche di stream of consciousness
perché non sembrano i pensieri di qualcuno espressi senza
mediazione, piuttosto una costruzione creata da un autore-poeta che
infarcisce il più possibile le sue pagine.
Se si supera l'ostacolo e si prosegue con la lettura, ci si
ritrova in brani leggermente più decifrabili, frasi dal senso
più chiaro e strutture più riconoscibili (i capitoli spesso si
concludono con una lettera in versi, ogni volta firmata da un
personaggio nuovo dal nome bizzarro e sovente dal tono arrabbiato e
provocatorio). Tra un riferimento ad Abramo e Isacco, una Ballata per
le prostitute, una lettera di uno scultore di burro ad un critico
d'arte ed una assurda seduta psicanalitica tenuta da Freud, scorre
un'enciclopedia di situazioni (troviamo ad esempio diversi richiami
ad Amleto) e personaggi: un intellettuale pretenzioso simile al Mr.
Jones di Ballad of a Thin Man, Lenny Bruce omaggiato poco tempo dopo
la sua morte, qualcuno che canta la sua nuova canzone contro la carne
al congresso vegetariano, un figlio chiamato Osso di Prosciutto,
Lear, Spaventoso Plop, Nucleur Beethoven, Liza la Parruccona e molti
altri, in un carnevale che trasmette apnea più che gioia (c'è, in
generale, poca felicità nelle immagini che Dylan imprime nelle
pagine).
E' difficile citare qualche passaggio dal libro. A titolo di
esempio riporto la prima parte del capitolo La colonnina di mercurio
scende.
Jane, imprenditrice creativa, con la frangetta e la sua guardia del corpo isterica Ehilà, che viene dal Jersey e si porta sempre dietro il pranzo/ sgommano dietro l'angolo e legano la vecchia buick a un lampione/ poi si presentarono tre scapoli che sparsero pesce sul marciapiede/ e che notano quel casino. il primo scapolo, Constantine, fa l'occhiolino al secondo scapolo, Luther, il quale immediatamente si toglie le scarpe e se le appende al collo. George Custer IV, il terzo scapolo, stanco dei suoi tentativi di masticare bene una cicogna, tira fuori la sua armonica e la porge al primo scapolo, Constantine, il quale dopo averla attorcigliata a forma di forchetta, riesce a toccare la fondina ascellare della guardia del corpo, ne toglie un falcetto e lo sostituisce con uno strumento musicale deformato... Luther si mette a fischiettare Comin thru the Rye e George IV se ne esce con una risatina piccina piccina... i tre proseguono per il viale e scaricano il pesce avanzato dentro l'ufficio di collocamento, a parte naturalmente qualche trota che danno alla signora degli oggetti smarriti/ l'incidente è denunciato alle tre del pomeriggio, ci sono ventitré gradi sotto zero
Al di là delle situazioni surreali evocate, le note finali
(indispensabili per scoprire la caterva di riferimenti possibili nel
testo dylaniano) segnalano l'ambivalenza dell'originale undertaker
che vale sia per imprenditrice che per becchina; Constantino, Lutero
e Custer come simboli del potere; il gettare i pesci in strada come
un riferimento alla mafia che gestiva il mercato del pesce a New York
ma anche come eco di una poesia satirica di Don Marquis; un richiamo
al Catcher in the Rye di Salinger; l'orario delle tre del pomeriggio
come quello della crocifissione; la temperatura ripresa dal blues Ten
Below Zero di Bob Jenkins.
Chiaramente il rischio è di sovrainterpretare le parole del Bardo
di Duluth, forzando la ricerca e l'esegesi (vera passione del
dylanologo), trovando di tutto laddove forse non c'è.
gli stati uniti Non sono insonorizzati - si potrebbe anche pensare che niente sia in grado di raggiungere quelle decine di migliaia che vivono all'ombra del dollaro - però la vostra paura Può far entrare la verità... foto di coltivatore diretto - mutandoni - berretto alla Davy Crockett - si strangola con la sua scarpa - sua moglie incespica sui teschi, ha i capelli a coda di topo - il figlio si è messo uno scorpione, lo scorpione si è messo gli occhiali - il figlio sta bevendo del gin, tutti quanti hanno palloncini infilati negli occhi - che non prenderanno mai la tintarella in messico è ovvio. mandate il vostro dollaro oggi - smuovete mari e monti... oppure chiudete il becco per sempre
Non è una lettura semplice, né immediatamente appagante.
Appartiene comunque al periodo mitico di Dylan ed è dunque una
lettura "obbligatoria" per i suoi fan, che troveranno in
queste pagine un nuovo strumento per partecipare al rituale orfico
della comprensione dell'artista statunitense. Ma va consigliata anche
a chi vuole trovare uno stile originale e fuori dagli schemi
tradizionali, destabilizzante proprio per questo.
Cos'è, in definitiva, Tarantula? Un universo scritto che cerca di
ricreare l'universo esterno, nella sua confusa e ambigua ridda di
persone, frasi e azioni.
Nicola Campostori