di David de Juan Marcos
HarperCollins 2017
Traduzione di Sara Papini
pp. 272
€ 18,00
“Pensai di chiamare i miei genitori. Avevo bisogno di serena testardaggine. Coerenza rognosa a poco prezzo. Che mi dicessero, con voce rassegnata e trionfante, di tornare a casa”.
Un inizio delicato, l’atmosfera romantica di un settembre a Cambridge, una bicicletta “quasi esausta” per girovagare tra le stradine.
Inizia così La migliore delle vite, romanzo di formazione di David de Juan Marcos, ed è subito magia: si respira il fascino dei college, “stemmi sulle giacche, caffè e pasticcini”, un clima di attesa da inizio anno.
A condurci in questa storia è Nicolas, un ragazzetto incerto e timido: appena arrivato a Cambridge dalla Spagna, non ha un’idea chiara di cosa voglia dalla vita, anche se confusamente si vede sceneggiatore. Il suo racconto è una favola moderna: fuga, avventura e intoppo, lento ritorno su una scia di briciole preziose. Dall’Inghilterra a Parigi, passando per Roma e l’Olanda, Nicolas perde ogni punto fermo (i genitori, l’amore) ma, invece di indebolirsi, scopre in sé una forza insospettabile.
Nicolas è appena arrivato all’università: è fuggito a Cambridge per sottrarsi al torpore paranoico in cui sono caduti i suoi genitori, dopo la misteriosa scomparsa del fratellino Marcos. A spingerlo a partire è stato suo nonno Martìn, fonte di una saggezza guadagnata attraverso scelte di vita coraggiose. Anche se Cambridge è una “tavolozza di vetro e pietra”, un “arcobaleno velato”, il primo istinto di Nicolas è di tornare indietro, rifugiarsi nel rassicurante, per quanto opprimente, focolare domestico. A salvarlo è l’aitante Pierre Spielmann, figlio della migliore borghesia francese, disinvolto, dal fascino invincibile. È Pierre che mette Nicolas in contatto con Lei, capelli rossi e occhi come amarene, Lei, un moto perpetuo, Lei, un passato difficile e l’eterna fascinazione per l’ignoto, Lei, cui tutto il romanzo è dedicato.
Quando lo conosciamo, Nicolas è “lento a prendere decisioni. Fuori allenamento per la mancanza di ambizione, per la certezza erronea che sarebbe sempre arrivata un’opportunità migliore”. Si vede ancora giovane, ancora figlio. È allo sbando e proietta la sua ammirazione su Pierre, il suo esatto opposto: certo del suo futuro, teso all’obiettivo, sicuro con le ragazze, saldamente guidato dai genitori. Nell’assenza dei propri, concentrati a coltivare il fantasma di Marcos, Nicolas si affida al nonno. Il ricordo di Martìn, che l’ha sempre esortato a vivere pienamente, lo spinge confusamente all’azione. Come il nonno ha vissuto per tutta la vita con una donna che non lo corrispondeva, così Nicolas sceglie di dedicarsi completamente a Lei. In realtà si fa trascinare in un percorso che non è il suo, e del quale non capisce (non fino alla fine del romanzo) le vere ragioni.
A far da sfondo a questo viaggio ci sono città romantiche e vive, feste studentesche e gare di canottaggio, pic nic sul prato e passeggiate sul lungo fiume, una sorta di interrail a tinte pastello.
“Rinunciamo a qualcosa dal primo giorno in cui smettiamo di correre come bambini. Senza direzione”, pensa Nicolas. In realtà tallonando Lei, seguendola per mezza Europa, corre come un ragazzino: è Lei che guida, lui ancora una volta mette la sua vita nelle mani di un’altra persona. L’anello che manca alla sua indipendenza, alla sua maturità, sono proprio i genitori: quando il padre lo raggiunge ad Amsterdam, restituisce a Nicolas un’attenzione che gli ha negato negli ultimi anni, una presenza e una legittimazione. Ma poiché quel padre è sull’orlo di una crisi, i ruoli si invertono.
“Non volevo che mio padre fosse una persona qualunque, un uomo pieno di fallimenti come qualsiasi altro. Mio padre aveva tutte le risposte, cazzo”.
È nella tortuosa Amsterdam che inizia a crollare il castello delle sue “pargolette” certezze. Un punto fermo vacilla, lo fa anche il suo amore per Lei; infine crollerà anche l’altra illusione, la natura semidivina di Pierre. Chi resiste è proprio lui, l’insospettabile Nicolas: ed ecco che l’unica persona su cui può contare e l’unica a cui render conto è Nicolas.
“Abbiamo soltanto una vita. E basta. Quando qualcuno prende una decisione per noi, saltano le molle del destino e le vite smettono di funzionare”.
Ed è così che la migliore delle vite, lungi dall’essere una vita perfetta, diventa quella, quale che sia, che decidiamo e facciamo in modo di vivere.
Francesca Romana Genoviva