Ninfee nere
di Michel Bussi
edizioni e/o, 2016
394 pp.
16 € (cartaceo)
Parlare di questo libro senza svelare troppi particolari della trama comporta coinvolgere il lettore nell'incanto che traspare dalle pagine di questo giallo molto ben architettato. Siamo a Giverny, il paese della Normandia noto in tutto il mondo per la casa-giardino di Claude Monet, la villa rosa immersa nel verde dove il maestro impressionista visse per ben 43 anni. Il giardino, esso stesso creazione artistica di Monet, che lo immaginò, disegnò e realizzò con lo stagno delle ninfee, il ponte giapponese e le migliaia di diverse specie floreali, fu la fonte d'ispirazione maggiore negli ultimi anni della sua vita. Furono soprattutto le ninfee, i loro colori e la loro interazione con lo scintillio delle acque, a colpire l'immaginazione artistica del pittore che a questo soggetto dedicò ben 250 opere.
«Questi paesaggi d'acqua e di riflessi mi ossessionano».
Scrisse Monet in una lettera.
Proprio l'incanto di questo paese magico è lo sfondo del giallo che Bussi, scrittore amatissimo Oltralpe, ma ancora poco conosciuto in Italia, ha concepito, mescolando arte, realtà, pensiero e immaginazione.
Tre donne vivevano in un paesino. La prima era cattiva, la seconda bugiarda e la terza egoista. [...] La prima abitava in un grande mulino in riva a un ruscello, sul chemin du Roy; la seconda in una mansarda sopra la scuola, in rue Blanche-Hoschedé-Monet, la terza con la madre in una casetta di rue du Château-d'Eau dai muri scrostati. [...] avevano qualcosa in comune, una specie di segreto: tutte e tre sognavano di andarsene.
Tutto ha inizio così, come una favola contemporanea (siamo nel 2010). Una favola nella quale farà ben presto irruzione la morte, nella figura di un uomo riverso nel ruscello, lo stesso ruscello che dà acqua alle ninfee del giardino di Monet, ormai invaso da migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo. E le tre donne del romanzo, Fanette, la bambina allegra e tanto dotata per la pittura, Stéphanie, la bella maestra del paese dagli occhi color malva, e la «strega» del mulino, un'anziana di cui non ci viene detto il nome, si muoveranno in questo angolo fatato di Normandia tirando i fili del proprio destino. E della storia. Raccontata in prima persona dalla vecchia che abita nel mulino delle Chennevières e in parte in terza persona dalla voce dell'autore. Gli altri personaggi? Il bell'ispettore Laurenç Sérénac, che farà girare la testa alla maestra, il suo vice Sylvio Bénavides, puntiglioso e assennato, il cane della vecchia signora, Neptune, tenera mascotte dei bambini, un pittore americano arrivato a Giverny attratto come tutti dal mito di Monet. E tanti altri. Vivi e morti.
Se caratteristica ideale di un romanzo giallo è il disvelamento finale, tanto più efficace quanto più inaspettato, dell'assassino, qui la regola è rispettata. Ma la sorpresa più grande della storia non è quella. Cosa che, per un buon giallo, già basterebbe. Ma qui si va oltre. Grande è il talento narrativo di Bussi nel ribaltare l'intera prospettiva del romanzo. Sarà sufficiente alla fine tirare un filo, tra i tanti che i tre personaggi femminili hanno tessuto, e tutto si scioglierà. E il lettore si sveglierà improvvisamente dalla malia e dal sortilegio in cui lo scrittore piano piano l'ha coinvolto, come un vero incantatore di serpenti. Tanto che è impossibile, una volta scoperto l'arcano, fare a meno di ripercorrere il libro alla ricerca di tutti quegli indizi che l'autore sapientemente dissemina qua e là, in modo però totalmente nascosto, inseriti come sono nella trama del romanzo. Che comprende un'impossibile storia d'amore, una giusta dose di follia, un precoce talento per la pittura, le voci allegre dei bambini, la solitudine della vecchiaia, il tutto immerso nell'atmosfera impregnata d'arte di Giverny, che non può prescindere da Monet, figura aleggiante e onnipresente. Lui e le sue ninfee.
I colori del Ninfee dipinto da Fanette esplodono alla luce del sole. Sulla tela i fiori vibrano al movimento dell'acqua, galleggiano come isole tropicali senza ormeggi.
Ninfee arcobaleno! Povera piccola. Che cosa ridicola! Mi giro verso le mie ninfee nere. Le corolle gialle luccicano tra le tinte luttuose realizzate dal pennello di un pittore disperato.
Quello a cui l'autore ci induce è «osservare e immaginare», proprio come fanno i pittori. E sta proprio in questa contrapposizione tra l'insieme armonico dei colori e il nero che tutti li assorbe e li annulla la chiave di volta del romanzo. Nulla più dirò della trama (sarebbe un delitto), ma chi ama l'arte, chi ama farsi sorprendere, chi ama lasciarsi catturare da una bella storia metta questo libro in valigia. Non rimarrà di certo deluso.
Sabrina Miglio
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