Nuvole di fango
di Inge Schilperoord
Fazi editore, 2017
pp. 188
€ 16,00 cartaceo
€ 11,99 ebook
Quando sarà il momento, arriveranno. Io non posso farci niente; non verranno né prima, né dopo. Certo me ne accorgerò.
L’attesa. Il tema che colpisce più di ogni altro, dentro questo viaggio crudo e spietato dentro la mente del protagonista è quello dell’attesa. Un’attesa che si protrae lungo tutto il tempo del romanzo, un’attesa che ti inchioda fin dalla prima pagina. L’attesa consapevole del destino che si compie, immancabile, senza fretta, ineluttabile.
Jonathan aspetta, e quella sua attesa inchioda il lettore fin dalle prime pagine. Un romanzo (finemente tradotto da Stefano Musilli), che si snoda e si contrae come i pensieri; un romanzo sul rituale della mente, sulle regole e le imposizioni che corrispondono ad esercizi precisi, stabiliti dagli altri, dagli psicologici, dalla società, dall’esterno.
Nel mito di Sisifo, in epigrafe con la frase “La domanda dell’uomo è il silenzio irragionevole del mondo”, Albert Camus analizza il senso del sentimento dell’assurdo della condizione umana, che è destinata a sopportare se stessa, soprattutto se si tratta di una vita priva di scopo, irrazionale ed estranea al suo stesso esistere. Nel mito greco Sisifo sfida gli dei e la sua punizione è quella di portare un masso sulla cima del monte e vederlo rotolare giù, infinite volte, per sempre. Per Camus, che ne ha fatto il protagonista di un suo saggio, Sisifo è felice, perché è nell’ineluttabilità del suo destino e nel suo prenderne coscienza che la sua condanna diventa consapevolezza entro cui muoversi e vivere.
Per accettarsi occorre predisporsi al cambiamento, ed ecco che il protagonista mette in atto una serie di meccanismi di difesa per difendersi dal male rannicchiato dentro se stesso, ma anche accettare infine che siamo destinati a veder precipitare quel masso infinite volte.
Nell’architettura di questo romanzo la regolarità quasi banale dei riti, la normalità apparente entro cui si svolge la vita anonima di Jonathan, appena uscito di prigione e intento a riprendere in mano la sua esistenza, stavolta meglio e senza inciampare, ci conduce verso il compimento di questo destino, presi per mano o catturati dentro una rete e posizionati al centro degli eventi.
L’autrice del romanzo, l’olandese Inge Schilperoord, psicologa forense, al suo esordio letterario, ha creato una trama perfetta e uno stile maturo, capace di sorprendere e di appassionare, pur tenendo il lettore fuori dalla mente del protagonista, quasi asetticamente presente e coinvolto implicitamente in un’esistenza che diventa paradigmatica, che spinge ad andare oltre uno dei crimini più deprecabili della società, per indagare le ragioni di una mente che combatte contro se stessa.
Jonathan vide quei movimenti come linee, come fili sottilissimi che si intrecciavano a formare una tela fina e ben tesa. E lui non era il grosso ragno che aspettava vendicativo al centro: era il più piccolo dei moscerini, rimasto impigliato a un filo tremolante e lasciato lì in attesa della folata distruttrice.
Il segreto del romanzo sta tutto qui, nel portarci oltre ogni giudizio, nel metterci di fronte alla realtà spesso dimenticata, portarci a comprendere, meglio di qualunque esempio, che dentro ogni forma di malattia e di ossessione c’è sempre una lotta impari; fino alla fine non si capisce in che modo verrà sconfitto l’impulso, come e se il protagonista piomberà nel fango, simile alla Tinca che voleva curare, quasi per rifugiarsi dentro quel fango, per proteggersi. Tra l’altro la Tinca ha bisogno di temperature basse e non a caso in fisica atomica l'effetto Sisifo (Sisyphus Cooling) è un meccanismo di raffreddamento laser.
Attesa, consapevolezza, lotta, abitudini vissute come un rito, questo è lo schema entro cui ci muoviamo, posizionandoci al centro siamo dentro l’acquario, noi siamo quella Tinca, a volte cerchiamo di avvisare Jonathan, spesso ci perdiamo come Milk, il cane malaticcio e fedele, nelle carezze della bella Elke, solo una ragazzina, l’unica capace di entrare in quel mondo, più della vecchia madre, malata e giudicante, troppo presente e troppo distante dalla vita del suo stesso figlio. Infine ci arrendiamo, con occhio vitreo guardiamo l’uomo che voleva curarci e voleva salvarci per salvare se stesso.
Era come se precipitasse, se cadesse nel buio, ma interamente, dentro di sé. Sentì il cuore battere in gola con lo stesso impeto di quando aveva visto apparire l’ombra del proprio viso sul vetro dell’acquario. Guardò l’uomo riflesso sul vetro, se stesso, quell’uomo che era lui, ma che sembrava anche qualcuno di molto diverso.
Solo alla fine scopriremo se Jo è riuscito a prendersi cura di se stesso, della ragazzina e di noi lettori. Ma il viaggio verso la fine vale la pena farlo tutto d’un fiato, incalzati dal ritmo di questo romanzo sinistro, inquietante e perfetto.
Samantha Viva