di Piero Melati
Editori Laterza
pp. 114
€ 11,90 (cartaceo)
€ 8,99 (e-book)
Sulla criminalità organizzata, e sulla mafia in particolare, si sono versati fiumi di inchiostro: giornalisti, giudici, sociologi, protagonisti delle vicende giudiziarie... Davvero tutti hanno parlato o scritto di quell'aberrante fenomeno sorto nel nostro Paese e tristemente emigrato dovunque.
Dunque, cos'altro potrà mai aggiungere il libro del quale ci occupiamo oggi? Proviamo a trovare insieme la risposta.
Per prima cosa occorre capire in quale genere possa essere incasellato Giorni di mafia (edito da Laterza), che ha per autore Piero Melati, per molti anni vice redattore capo de "Il Venerdì di Repubblica" e giornalista de "L'Ora" di Palermo, che aveva già scritto assieme a Francesco Vitale Vivi da morire (Bompiani, 2015).
L'unica risposta possibile è che si tratta di un pamphlet veloce e ben strutturato (emerge con chiarezza lo stile lineare e chiaro tipico del cronista) nel quale possiamo rintracciare gli eventi collegati alla Mafia sviluppatisi 100 date significative: dal 1950 ad oggi vediamo scorrere davanti ai nostri occhi le stragi, i processi, i crimini più truci, ma anche i film, la letteratura, gli avvenimenti politici e sociali che hanno segnato la Storia del nostro Paese, della "nostra terra bellissima e disgraziata" (come ebbe a dire Paolo Borsellino).
In secondo luogo, interessantissimo si rivela il motivo che ha spinto Melati a scrivere questo libro, e cioè l'intreccio che vi è tra le vicende della Mafia e le tante, troppe vicende giudiziarie ancora senza una soluzione in Italia:
"Se proviamo a tracciare un bilancio sommario, ci accorgiamo che molti dei nodi irrisolti dell'attualità italiana provengono dalla Sicilia, oppure è nell'isola che sono diventati estremi ed evidenti: l'omicidio come strumento di pressione, il traffico internazionale della droga, la corruzione elevata a sistema, le speculazioni urbanistiche, il rapporto conflittuale tra la magistratura e la politica (...), il voto di scambio, l'uso spregiudicato e senza regole del potere, l'uso dei media, (...) il ruolo degli intellettuali, il peso degli equilibri internazionali".
Dalla lettura e dall'analisi del testo emerge con evidenza come le parole del giornalista palermitano siano state dosate, ponderate, come ogni riga sia stata il frutto di uno studio attento, volto ad evitare quell'aura di fascinazione macabra che spesso circonda la Mafia ed i suoi riti (posizione che condivide anche Andrea Camilleri, il quale ha scelto consapevolmente di non parlare quasi mai di Mafia all'interno delle sue storie aventi come protagonista il Commissario Montalbano).
Sono tantissimi gli episodi narrati ne Giorni di mafia che meriterebbero di essere qui menzionati, ma uno in particolare mi ha colpita, ed è quello che vede protagonista un giovane che un giorno, durante le riprese de il film Il giorno della civetta, si avvicinò al regista Damiano Damiani dicendogli: "Lei deve cambiare il finale del film. Non può vincere la mafia".
L'uomo non cambiò nulla, ma quel giovane coraggioso, che rispondeva al nome di Antonino "Ninni" Cassarà, un giorno sarebbe diventato il fondatore della prima squadra antimafia della Mobile, e avrebbe provato, lui per davvero, a fermare quella Piovra dai mille tentacoli.
Giorni di mafia è un libro importante, come lo sono tutti i buoni libri che aiutano a comprendere il Male e le sue ramificazioni, come lo è qualsiasi opera che, come scrive Melati
"fa memoria. avendo come stella polare non più la schiavitù verso un passato che non passa, ma la costruzione di un futuro. Forse così, dalla Sicilia potrà venire qualcosa di buono anche per l'Italia. Qualcosa che si chiama far resuscitare la speranza (...). Finché in una biblioteca mani febbrili sfoglieranno un libro per impararvi a credere in una Sicilia, in un'Italia, in un mondo più umani, varrà la pena di combattere ancora, di sperare ancora. Rinunciare una volta per tutte a issare sul punto più alto della barricata uno straccio di bandiera bianca".
Finché in Italia e nel mondo intero esisteranno persone che sfregiano le statue di servitori dello Stato come Giovanni Falcone (parliamo dell'episodio accaduto pochi giorni fa davanti ad una scuola del quartiere Zen di Palermo), finché ci sarà ancora qualcuno che preferirà il compromesso, le scorciatoie ai famosi Cento passi che dovrebbero idealmente esserci tra noi ed il male, libri come Giorni di mafia saranno indispensabili alla coscienza collettiva, perché non si dimentichi che "il sonno della ragione genera mostri".
Ilaria Pocaforza
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