di Dario Ianes
Trento, Erickson, 2015
pp. 160
Questo volume, a cura di Dario Ianes, è ricco di riflessioni utili a qualunque persona si trovi a condividere un percorso scolastico, sia che si trovi nella condizione di docente, sia che a riflettere sul proprio ruolo familiare e di supporto al figlio sia il genitore, sia chi, dopo aver percorso un iter scolastico, a tratti difficile, cerca di trarre alcune conclusioni sulla propria esperienza scolastico-formativa di alunno.
La scuola deve puntare a sviluppare attivamente la propria capacità di comunicare, di coinvolgersi e di collaborare, di negoziare pacificamente e costruttivamente obiettivi e modalità di lavoro, di saper ricevere e dare aiuto e suggerimenti nella piena valorizzazione dell’altro partner e nel rispetto dei ruoli diversi e delle differenti responsabilità. (p. 13)
L’autore presenta un’analisi critica dell’integrazione e
inclusione scolastica partendo dai modelli istituzionali che sono stati seguiti
in modo anche preciso e organico dagli insegnanti. Non si discute sul problema
integrazione, sul valore della persona indipendentemente dalla sua condizione
personale e sociale, o come affermazione e realizzazione di diritti e di
valori. Si parla di una scuola inclusiva, in cui le modalità di pianificazione,
di progettualità didattica ed educativa, all’inizio di un percorso scolastico
formativo che riguarda ciascun alunno, rappresentano un’ottima base di
partenza. I genitori compiono delle scelte che ritengono essere le migliori per
i propri figli.
Il volume presenta una testimonianza iniziale che può sembrare
provocatoria, ma che deve essere innanzitutto rispettata. La scuola pubblica
non sempre riesce a garantire il percorso migliore per il proprio figlio e va
preso atto che esistono anche possibilità e soluzioni differenti.
Dopo quattro anni in una scuola normale abbiamo deciso di iscrivere nostro figlio ad una scuola speciale. È stata una scelta complessa, meditata e condivisa e quelle che seguono sono alcune riflessioni scaturite da parte mia nei giorni immediatamente successivi a quella decisione. Un pensiero fatto, a mio parere, di grandi speranze, ma anche di grandi fatiche. (p. 7)
La scuola di oggi presenta una notevole differenziazione
rispetto ad una serie di fattori che riguardano il vissuto personale di ogni
alunno, il percorso scolastico e le abilità acquisite a partire dalla scuola
d’infanzia, le molte difficoltà presentate dagli alunni di nazionalità
straniera giunti a percorso scolastico iniziato, l’aumento dei casi di
disabilità, l’approccio metodologico scolastico diversificato, difficoltà di inserimento,
di socializzazione e di integrazione. Occorrono quindi competenze sempre più
specifiche ed interventi psicoeducativi da attuare in collaborazione tra team
docente, famiglia e se necessario con rinforzi e appoggi esterni:
La scuola italiana ha bisogno di una forte iniezione di competenza, tecnica, metodologica, perché la ricerca scientifica in special education ha fatto grandi passi avanti – si veda ad esempio il caso degli interventi psicoeducativi nel campo dei disturbi dello spettro autistico – e la domanda di efficacia degli interventi scolastici diventa sempre di più un tema forte sia a livello di ricerca che nel vissuto dei familiari, che chiedono giustamente sempre di più alla scuola. (p. 17)
Un lavoro
didattico educativo competente, svolto con passione e motivazione, condiviso
tra docenti che non si mettono in competizione tra di loro, ma offrono la loro
professionalità al servizio degli alunni, integrati in un "gruppo
classe" in cui non è il singolo alunno ad emergere sugli altri, è un
fattore di primaria importanza per la riuscita dell'esperienza scolastico
formativa. Si valorizza l’insegnamento impartito da un gruppo di docenti di
materie diverse, che si basa su una programmazione di equipe e sulla
suddivisione del lavoro in gruppi. Lavorare
fianco a fianco tra colleghi con programmazioni condivise, individuando
insieme strategie di lavoro, pianificando gli obiettivi più adatti per ogni
singolo alunno, progettando, alternandosi nella conduzione delle attività
scolastiche, proponendo materiali adatti, contribuendo insieme alla
realizzazione degli obiettivi previsti, accompagnare,
abilitare, attivare competenze e risorse significa attuare un concreto
lavoro di team teaching.
Che cosa significa dare supporto tecnico? Non significa fare solo riunioni per far perdere altro tempo ai colleghi o fare counseling da scrivania (o cattedra). Significa lavorare a fianco dei colleghi, in classe, osservare, valutare situazioni e competenze, proporre strategie, metodi, aiutare nell’adattamento dei materiali, contribuire alle individualizzazioni e personalizzazioni, calarsi nel concreto delle classi e ritornarci dopo alcuni giorni, accompagnare, abilitare, attivare competenze e risorse che spesso sono latenti, nascoste sotto meccanismo di delega e di deresponsabilizzazione […] Significa essere esperti davvero e aiutare i colleghi a costruire quelle competenze educative e didattiche di cui hanno bisogno. (p. 17)
Se non è messa in discussione l’integrazione come parte
fondamentale di una scuola inclusiva, ciò su cui si discute molto sono per
l’appunto “le strutture portanti (teorico-culturali, normative e organizzative)
e le pratiche applicative che ne conseguono”. L’analisi statistica sulla
percentuale di soddisfazione del percorso scolastico, dalla primaria fino alla
scuola secondaria di secondo grado, degli alunni con disabilità presenta
risultati discreti per quanto riguarda la prima parte del percorso scolastico e
meno soddisfacenti negli ultimi anni della scuola secondaria di secondo grado.
Il libro offre in sostanza, un'analisi lucida e non retorica
della situazione scolastica attuale in cui si trovano ad operare tutti i
docenti e gli insegnanti di sostegno. Se oggi l'integrazione e l’inclusione
scolastica appaiono difficoltose è perché molti di questi docenti lavorano in
strutture in cui il sostegno ad alunni con disabilità è ancora visto come
qualcosa di staccato dal contesto classe e in cui non si considera che la
condivisione, la collaborazione e l'inclusione dovrebbero partire dai docenti
stessi in un interscambio di competenze e lavoro operativo didattico educativo
non opzionale, ma necessariamente facente parte del lavoro quotidiano.
Una bella ragione per leggere questo libro è che viene messo
in primo piano il punto di vista dell'alunno stesso con disabilità. Che cosa
pensano gli alunni del loro "stare dentro o fuori della classe"? La
loro voce viene ascoltata raramente. Se alcuni laboratori, come ad esempio la
musicoterapia o alcuni percorsi psicomotori, sono pensati esclusivamente a
livello individuale, la risposta che viene proprio dagli alunni stessi è
negativa.
Non è il luogo altro della classe ad essere il problema, il punto negativo è che in genere escono dall'aula solo gli alunni con disabilità e il fuori diventa il luogo delle difficoltà e dei deficit, mentre il dentro è il luogo positivo della normalità e dell'appartenenza. Se uscissero tutti gli alunni e tutti facessero varie attività in vari luoghi, ovviamente gli aspetti negativi si ridurrebbero. (pp. 53-54)
È possibile pensare
ad una scuola senza più insegnanti di sostegno, senza più aule di sostegno? Non
è semplice, ma è possibile pensare ad un'integrazione degli alunni in una
prospettiva che orienti tutto il lavoro verso una didattica realmente
inclusiva. Per realizzare i valori dell'equità, della partecipazione, della
condivisione, che stanno alla base dell'inclusione, occorre pensare come
sottolinea molto bene l’autore, ad un'evoluzione degli insegnanti in cui si
integrino competenze, metodologie, specializzazioni, conoscenze in modo che
tutto il corpo docente diventi il vero motore di una vera integrazione
scolastica.
Mariangela Lando
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