di Alessandra Minervini
LiberAria, 2016
200 pp.
€ 12,00
Overlove è una storia d'amore che inizia dalla fine, o meglio: è una storia che racconta la fine di una relazione importante in retrospettiva, osservandola attraverso lo sguardo tipicamente umano del senno di poi, che – insieme all'altro umanissimo sguardo composto di proiezioni verso un futuro nebuloso e indefinito – tutto colora di una luce crepuscolare e romanticamente satura.
E proprio alle due correnti artistiche del crepuscolarismo e del romanticismo mi rivolgo parlando di questo romanzo: l'amore e la perdita, i due temi di Overlove, sono vissuti dalla protagonista Anna e dal co-protagonista Carmine in maniera soverchiante, come una tempesta imprevista in grado di smantellare intere popolazioni. Ciò che resta dopo la tempesta sono residui di civiltà, frammenti di oggetti e persone che, pur permanendo nello stesso luogo fisico, sono così alterati da aver perso l'identità.
Come ciò che resta dopo la tempesta è un territorio caotico e devastato, così dopo la fine di una storia d'amore travolgente ciò che rimane sono due persone smarrite, confuse, emotivamente finite; ma è altrettanto vero che, se soltanto su un terreno devastato è possibile ricostruire la civiltà, così solo in una persona emotivamente finita possono rinascere sentimenti.
Le cose possono risorgere solo là dove non c'è altro, come si può leggere nell'incipit:
Le cose possono risorgere solo là dove non c'è altro, come si può leggere nell'incipit:
Anna aveva detto basta proprio nel momento in cui tutte le cose della sua vita – pur facendole schifo – sembravano contare più di lei e Carmine messi insieme. Se si fa schifo – ripeteva a se stessa – bisogna stare da soli.Se si fa schifo bisogna stare da soli: in questa frase si esplicita tutta la potenza di Overlove, di un amore che è troppo; che, incontenibile, straripa attraverso ogni fessura e invade ogni campo d'esistenza. È una verità incontrovertibile: se bisogna distruggere se stessi e ripartire da zero è necessario non coinvolgere altre persone perché inevitabilmente si farà loro del male, e questo discorso vale a maggior ragione se si ama qualcuno.
Ciò non vuol dire che sia una scelta facile, né che le conseguenze siano sopportabili. In questo romanzo il sentimento per eccellenza del dopo, lo scarto che resta, è la malinconia, la quale però mai sfocia nella nostalgia, nel "dolore del ritorno". Anna si guarda indietro, è vero, torna con la mente ai giorni felici (e in questo tornare sta la retrospettiva di cui ho parlato all'inizio), eppure è consapevole della correttezza del proprio agire. Se si agisce bene, sembra comunicarci con la sua determinazione, non c'è posto per la nostalgia. Se si è compiuto ogni passo nella maniera giusta, non c'è posto per i rimpianti. Se una storia è iniziata, si è evoluta e si è conclusa nonostante l'amore persista ancora, non c'è motivo di tornare indietro. A questo punto non è più una questione etica, bensì un dato di fatto.
«Perché non stiamo più insieme?» si legge in una sorta di esergo iniziale. La risposta è immediata ed è tutta una questione di punti: «Perché non stiamo più insieme».
Questi messaggi semplici (ma non immediati) sono raccontati in duecento pagine intensissime, attraverso un linguaggio carico e sanguigno, al contempo sensoriale e poetico. La poesia si impone nella vita quotidiana di Anna e Carmine come nei gesti degli altri personaggi che costellano l'universo di Overlove. È difficile immaginare di poter accostare nello stesso periodo la puzza di cancrena di una carogna con la meraviglia della poesia, eppure l'autrice riesce a padroneggiare la lingua italiana e a trasmettere questo senso di costante bellezza anche nell'orrore:
Prima di andare via, prima di lasciare il cimitero e Taranto, aiutammo Campagna a sbarazzarsi della carogna. Campagna ci disse che quella notte l'avrebbero incenerita e ci tenne a sottolineare ancora la preziosa meraviglia, quasi ne andasse fiero, che provava davanti a quel corpo. «I maiali non sono di queste parti. Da dove è venuto fuori questo?»Il mondo di Alessandra Minervini è un luogo reale e terreno, eppure mistico e spirituale; è composto di brandelli di persone che si muovono come zombie, spezzati da sentimenti sovrumani, eppure forti e in grado di sopravvivere allo Sturm un Drang; è fatto della puzza dell'Ilva e del frastuono della città, eppure anche del profumo dei fiori selvatici e del suono di canzoni magnifiche.
Il mondo di Alessandra Minervini è il regno del tradimento e dell'odio, ma anche di un amore che a tutto è disposto a rinunciare per la salvezza dell'altro.
È il giardino in cui vaga Tess, un pavone ermafrodito zoppo e che ha perso le piume della sua ruota dopo un uragano. Un'immagine assurda, onirica, eppure forte e presente come la terra di Puglia.
David Valentini