Propizio è avere ove recarsi
di Emmanuel Carrère
Adelphi, 2017
pp. 429
22 €
Tra le risposte dell'I Ching, antico libro oracolare cinese, c'è "Propizio è avere ove recarsi". Chi interroga questo grande Libro dei Mutamenti è alla ricerca di risposte nei momenti di dubbio. È colui che ha bisogno di un discreto consiglio quando davanti gli si aprono più strade e la direzione è incerta: è l'uomo che comincia un viaggio.
È Carrère all'inizio di questo libro: un regalo per chi lo ama e lo ha letto abbandonandosi alla passione, alla rabbia, al riso, al dubbio dei non facili giudizi. Perché Carrère, come i suoi personaggi, non è facile da giudicare.
Un titolo enigmatico, austero e calmo come la filosofia orientale. Lo cerchi subito in libreria perché, da amante di Carrère, non puoi certo perderti la sua ultima pubblicazione, ne sfogli l'indice e vieni colpito dalla varietà: la Romania del 1990, Alan Turing, Philip K. Dick, lo Sri Lanka, Davos, Capote, film russi, riviste italiane e vangeli... E poi gli immancabili "amici" Romand e Limonov, ovviamente.
"Una raccolta di bei saggi. I suoi migliori saggi", pensi subito. Poi inizi a leggerlo e vedi che sotto la serenità del titolo c'è un mare in tempesta, un laboratorio caotico, un'esplosione di idee, luoghi e personaggi, la materia prima della sua produzione.
Conosciamo Carrère come il maestro cantore delle vite degli altri, che siano i vicini di casa o gli uomini vissuti nel I sec. d.C. (Il Regno), il testimone che sembra non avere mai paura di dire quello che ha visto (L'Avversario), l'ordinario osservatore di esistenze straordinarie (Limonov).
Lo amiamo (a tratti un po' odiamo) per la sua compiaciuta capacità di legare le storie degli altri alla propria, senza perdere mai questo filo rosso che lo porta alle origini delle cose, del bene e del male.
Lo abbiamo visto raccontarsi su libri, giornali e attraverso sceneggiature. Il vanitoso Carrère che si mette sempre al centro, che si accompagna ai cattivi ragazzi senza perdere mai la bussola.
Foto di Claudia Consoli |
Una raccolta di testi diversissimi e di momenti lontani tra loro nel tempo e nello spazio, uniti da una prima persona inconfondibile che il lettore riconosce in tutti suoi lavori.
Si lascia spiare Carrère, anzi si mette un po' in posa come a dire "Se non fosse ancora chiaro, ecco chi sono", ma lo fa sempre con l'onestà intellettuale di chi ha un patto con il suo lettore e soprattutto con i suoi personaggi:
Sono del mestiere, da quindici anni scrivo libri di non fiction che parlano di fatti reali e descrivono persone reali, più o meno famose, più o meno vicine a me; ne ho ferite alcune, senz'altro, ma ritengo di non averne mai ingannata nessuna.
Per farlo usa sempre quella scrittura nitida e cristallina, che scivola leggera sulla pagina come un vino (francese) frizzante, qui finalmente un po' più ironica, meno impostata, estremamente credibile.
Un viaggio in sua compagnia, un ingresso potente nel suo mondo letterario, un libro che lo conferma come lo scrittore degli incontri: impossibili, assurdi, potenti, voluti o casuali.
La cosa più bella, quando arrivi all'ultima pagina, è quella sensazione di spontanea autenticità e di immediatezza che però non sono mai un abbandono casuale: tutto con Carrère è rappresentazione, prospettiva, misura.
E tu ti senti come dopo una cena con l'amico che conosci da sempre ma che questa volta ti ha detto finalmente quello che negli anni non ti ha mai raccontato.
Claudia Consoli
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