Un'invincibile estate
di Filippo NicosiaGiunti, 2017
224 pp.
€ 15,00
Sentivamo di non essere stanchi come avremmo dovuto, perché quella stanchezza che cercavamo di sentire era come l'esondazione di un fiume che lascia la tacca sopra gli intonaci dei palazzi di una città e non serve che torni domani né mai, ché la tacca rimane per gli anni a venire.
Solitamente il romanzo di formazione si dipana lungo gli anni: partendo dall'adolescenza o dall'infanzia, l'occhio del narratore segue le evoluzioni del protagonista che cresce, cade, si rialza, si fortifica e infine si fa adulto. Il ragazzo o la ragazza incontrati a pagina uno a fine libro sono l'uomo o la donna pronti a inserirsi nella società civile, ad affrontare le vere sfide della vita lontano dal nido familiare.
Un'invincibile estate, romanzo d'esordio del messinese Filippo Nicosia, pur appartenendo senza alcun dubbio a questo genere ne forza uno degli aspetti principali – quello temporale – e fa evolvere i personaggi in una sola estate. L'estate, stagione della leggerezza, delle vacanze e del mare, è invece per tutti il momento dei cambiamenti e dell'incontro/scontro con i sentimenti e le esperienze più importanti di cui un essere umano possa far conoscenza: la morte, l'odio, l'amore, la vita.
Questi quattro momenti essenziali vengono vissuti da Diego, un ragazzo che ha prolungato l'adolescenza fino alle soglie della prima età adulta e che d'improvviso si trova a dover fare i conti con la vita vera, fatta di cose che cambiano. Apprezzabile è la concretezza con cui vengono affrontati questi momenti, poiché nella storia di Nicosia tutto si mescola: così la morte del padre porta con sé l'amore e l'odio verso una figura non totalmente conosciuta, che anzi nasconde tradimenti, violenza, distacco; allo stesso modo l'odio viscerale per il fratello Giovanni, costretto a una sorta di damnatio memoriae attraverso la condanna all'omosessualità – condanna solamente per un'Italia ancora medievale e feroce, di cui Nicosia mostra i limiti e l'inadeguatezza –, si sviluppa in un amore di difficile digestione. La stessa figura di questo trentenne è complessa e stratificata, e come molti altri personaggi sembra agire spinto da motivazioni solo a prima vista superficiali.
Questo è un punto su cui vale la pena soffermarsi. I personaggi di Un'invincibile estate sono umani in senso stretto. Nessuno sembra avere le idee chiare su ciò che accadrà; nessuno, nemmeno/soprattutto il protagonista, si avvicina all'ideale di un eroe forte, insuperabile, determinato; nessuno agisce spinto dalla sicurezza nel futuro. È una fragilità situazionale ed esistenziale la loro (il riferimento a Camus nel titolo e nella citazione iniziale non sono casuali), che del qui e ora fa una sorta di memento.
Siamo un groviglio di contraddizioni, sembra dirci l'autore, ed è proprio da questa umanissima condizione che nascono le narrazioni degne di essere raccontate: quelle che leggiamo con piacere perché trattano di noi e della nostra condizione post moderna fatta di punti di riferimento vacui o inesistenti; di noi, calati in una terra di roccia e acqua, di sole che trafigge le case e di pesce fresco servito nei ristoranti sulla spiaggia.
Sentivamo di non essere stanchi come avremmo dovuto, perché quella stanchezza che cercavamo di sentire era come l'esondazione di un fiume che lascia la tacca sopra gli intonaci dei palazzi di una città e non serve che torni domani né mai, ché la tacca rimane per gli anni a venire.
È la solitudine insulare di una Sicilia italianissima e ancora traumatizzata dagli eventi storici recenti – di grande spessore letterario il prologo sui bambini nati il giorno della strage di Capaci, tutti chiamati come il giudice Falcone –, che sempre guarda a quel pezzo di terra calabra al di là dello stretto, lì dove tutto sembra assumere un altro significato, e che si riflette nella solitudine esistenziale di Diego e dei suoi coetanei. Bambini non ancora adulti, adulti già non più ragazzi: persone che osservano questo stesso nostro mondo e iniziano a trovare le risposte alle domande che da sempre vagano per le loro menti. Le decisioni importanti di Diego, Giovanni, Ester e Martina ci dicono una cosa importante anche su di noi: tutto cambia. Questa è la condizione dell'uomo.
Filippo Nicosia esordisce dunque con un romanzo di formazione ben strutturato, che affronta alla leggera molti temi contemporanei. Un romanzo che lascia un finale aperto per tutti i personaggi, suggerendo (forse) un seguito.
Un solo appunto farei all'autore: proprio perché sa scrivere, gli suggerirei di strutturare meglio le frasi e di rendere più articolato l'uso della punteggiatura, vero punto di debolezza del romanzo (insieme a tutta una serie di refusi, attribuibili però all'editore). C'è una bellezza nell'utilizzo consapevole dei due punti e del punto e virgola che può fare la differenza fra narrativa e letteratura.
David Valentini
David Valentini