A me piace il Sud
di Alessandro Cannavale e Andrea Leccese
Armando Editore
pp. 127
€ 12.00
Si parla di
questione meridionale e si pensa immediatamente a figure gigantesche nel campo
della storiografia, da Pasquale Villari a Benedetto Croce, da Gaetano Salvemini
ad Antonio Gramsci. O, più recentemente, da Rosario Romeo a Paolo Sylos Labini.
Il fatto che esista tuttora un divario economico, occupazionale e infrastrutturale tra Nord e Sud del Paese è
inconfutabile. Come d'altra parte evidenti sono gli importanti passi in avanti compiuti
dal nostro Mezzogiorno. E allora, ha ancora senso parlare di «questione
meridionale» al giorno d'oggi? E in quali termini? Il libro A me piace il Sud è la risposta che hanno
cercato di dare due giovani studiosi. Meridionali ed esperti di
Meridione. L'uno, Alessandro Cannavale, ingegnere e ricercatore universitario, da vari anni, attraverso un blog collegato a ilfattoquotidiano.it, si occupa anche di percezione del Mezzogiorno (sfatando i
troppi luoghi comuni che circolano sul Sud d'Italia). L'altro, Andrea Leccese, scrittore di materie
civili, esperto di mafie, nel 2009 ha vinto il Premio nazionale Paolo Borsellino. La
risposta dei due autori è sì, perché
la questione meridionale è, oggi più che mai, questione nazionale.
Basta leggere i numeri dell'ultimo Rapporto Svimez
(Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno), uscito peraltro
pochi giorni fa, quindi dopo la pubblicazione del saggio, il quale non fa che
confermare quanto i due autori già nel libro paventano: nonostante un effimero
trend positivo del 2016, nel 2017 e nel 2018 il Sud crescerà meno del
Centro-Nord. Inoltre, e questo è il dato più preoccupante, non vedrà arrestarsi
l'emorragia di popolazione. Ogni anno infatti si sposta dal Sud l'equivalente
di una media città e se negli anni 60 e 70 del Novecento erano soprattutto le
fasce più deboli e meno istruite a emigrare, attratte dalle grandi industrie
del Nord, ora sono in particolare i giovani laureati. Sicché il Meridione perde
ogni anno la sua meglio gioventù. Che non torna più, per parafrasare una nota
canzone popolare. O meglio, a volte ritorna, ma con un saldo decisamente
negativo. Nonostante, come si diceva, non tutti i dati abbiano il segno meno.
Sempre Svimez evidenzia come negli ultimi due anni l'economia del Sud sia
cresciuta addirittura a un ritmo superiore rispetto a quella del Centro-Nord. E
la regione che ha ottenuto la migliore performance è la Campania, cresciuta del
2,4 per cento. Anche Basilicata, Calabria e Sardegna mostrano il segno più, che
da anni mancava ai loro indicatori economici. E allora? Per leggere in modo
analitico questi dati e per capire quale direzione prenderà il Mezzogiorno
d'Italia, Cannavale e Leccese, si sono rivolti alle menti più lucide del Paese,
giornalisti, scrittori, magistrati, docenti universitari, intellettuali ai
quali hanno rivolto diverse domande sul presente e sul futuro del Sud d'Italia.
La parte più
innovativa e accattivante di questo agile libretto è costituita proprio dalle
interviste a personaggi rappresentativi di ambienti e interessi diversi. Un
mosaico di molteplici tasselli che ha il pregio di offrire un quadro generale
completo e diversificato. Al punto di vista storico ed economico, ben
evidenziato da docenti quali Emanuele Felice, Antonio Bonatesta e Guglielmo
Forges Davanzati, fanno eco le parole pregnanti sulle mafie del magistrato
Cataldo Motta e l'accorata testimonianza di Dario Vassallo, fratello di Angelo
Vassallo: il famoso sindaco-pescatore di Pollica, il quale aveva cercato di
fare del suo paese un'isola di possibilità per i giovani, per le famiglie, per
tutti coloro che desideravano vivere in un paese finalmente affrancato dai
legacci feudali dell'ossequio al potente, del favore anziché del diritto. Un
personaggio scomodo, che sette proiettili calibro nove misero definitivamente a
tacere il 5 settembre 2010. Giorno che, anziché essere dedicato alla sua
memoria, a Pollica è diventato la sagra del pesce fritto.
Nel libro si parla
anche di ambiente e come poteva mancare la città che sotto questo aspetto ha
pagato il pegno più grande? Sto parlando di Taranto e del suo rapporto di
necessità-odio con l'Ilva, la più grande acciaieria d'Europa. Madre datrice di
lavoro, e quindi di vita, ma anche dispensatrice di morte, sotto forma di
malattie che numerose perizie disposte dai giudici hanno attribuito in modo
incontrovertibile alle esalazioni dell'industria. Un dramma che è stato
raccontato anche in vari romanzi, tra cui vorrei citare L'eroe dei due mari di
Giuliano Pavone, che ho avuto l'onore di presentare qualche anno fa in una
libreria milanese o Vicolo dell'acciaio di Cosimo Argentina. O ancora Ilva
Football Club di Lorenzo d'Alò e Fulvio Colucci e Veleno di Cristina Zagaria.
Perché anche le parole di un romanzo possono contare nella battaglia che ha un solo obiettivo: fare in modo che i
cittadini di Taranto non debbano più essere costretti a scegliere tra lavoro e
salute.
Se, almeno in alcuni
punti, l'analisi di Cannavale-Leccese sembra riprendere, in modo forse un po' troppo insistito, l'antica acredine verso un Nord favorito anche da decisioni e incentivi di
governi seguaci della politica della locomotiva, la quale partendo trascina con sé
tutti i vagoni (fuor di metafora, accentrare le risorse nei poli già
produttivi), mentre il Sud viene sbalzato fuori dall'agenda politica ed
economica, è altresì vero che i due autori non perdonano nulla al loro territorio, mettendo in luce, senza ombre e infingimenti, le colpe e i
demeriti di un Sud per certi versi restio ad affrancarsi dal passato e da certi
retaggi: dito puntato senza paura contro le mafie, contro una classe dirigente incapace o addirittura collusa, contro il consenso sociale che per troppo
tempo ha consentito ai malavitosi di penetrare nei gangli vitali della
convivenza civile. Da qui si dipana l'ultima parte del libro dedicata alle idee innovative e
alle proposte concrete per il futuro. Una parte importante. Sulla quale è bene riflettere. Perché la questione meridionale, finalmente, possa
essere soltanto un argomento da libri di storia.
Ps il titolo del libro richiama volutamente una canzone di Rino Gaetano, Ad esempio, a me piace il Sud. Rino, il cantore di un Meridione spolpato dall'emigrazione, figlio egli stesso di genitori emigrati, che vedeva nel paesaggio e nei ricordi della sua infanzia tutto il sapore di un mondo amaro e dolce allo stesso tempo.
Sabrina Miglio