di Stefania Bartoloni
Editori Laterza (Quadrante)
pp. 256
€ 24 (cartaceo)
€ 13,99 (e-book)
Donne di fronte alla guerra è un testo di Stefania Bartoloni, Professoressa di Storia contemporanea e Storia delle donne e di genere in età contemporanea presso l'Università degli Studi Roma Tre. Il volume raccoglie saggi, studi e testimonianze del periodo che va dalla fine degli anni '70 del XIX secolo fino alla conclusione del primo conflitto mondiale.
Inizio col dire che personalmente non sono riuscita a capire quale fosse il taglio che si è voluto dare a questo scritto: se a prima vista pare un testo teso alla divulgazione, pian piano ne emerge una natura piuttosto tecnica, che lo fa apparire come un ibrido.
Obiettivo dichiarato dall'autrice fin nell'Introduzione è quello di
Tutto il libro è pervaso da una celebrazione delle virtù femminili, dell'abnegazione alla patria, da un senso di pietas che pare appartenere a tutte quelle donne che spesero le proprie forze per curare i feriti al fronte, per portare avanti famiglie ormai prive del sostentamento del lavoro maschile e per lottare affinché in Parlamento venisse dato ascolto anche alla loro voce.
Ciò che, purtroppo, risulta difficile di questo libro è la comprensione: non si riesce ad apprezzarne appieno il contenuto perché la forma, così prolissa, intricata, infarcita di nomi di personaggi che si fa fatica a ricordare nel corso della lettura, risulta criptica e finisce per rivelarsi come un ostacolo a quanti si approcciano al testo.
Spiace davvero perché la Storia, se ben narrata, è Maestra di vita, è un viaggio bellissimo, un percorso incredibile dal quale si esce sempre migliorati e più consapevoli del futuro che ci aspetta.
Speriamo di imbatterci presto in un nuovo studio sulle donne che appaia meno ostico e più accessibile.
Ilaria Pocaforza
Inizio col dire che personalmente non sono riuscita a capire quale fosse il taglio che si è voluto dare a questo scritto: se a prima vista pare un testo teso alla divulgazione, pian piano ne emerge una natura piuttosto tecnica, che lo fa apparire come un ibrido.
Obiettivo dichiarato dall'autrice fin nell'Introduzione è quello di
"analizzare le componenti che diedero vita all'universo pacifista, i caratteri più emblematici e i momenti più significativi di un percorso di definizione teorica e pratica a cui contribuirono sia gli uomini che le donne".Mediante un'accurata analisi Bartoloni studia la nascita e l'evoluzione dei movimenti femministi, pacifisti e delle suffragisti, sempre rapportandoli al contesto bellico.
Tutto il libro è pervaso da una celebrazione delle virtù femminili, dell'abnegazione alla patria, da un senso di pietas che pare appartenere a tutte quelle donne che spesero le proprie forze per curare i feriti al fronte, per portare avanti famiglie ormai prive del sostentamento del lavoro maschile e per lottare affinché in Parlamento venisse dato ascolto anche alla loro voce.
"Con le loro analisi attiviste denunciarono la distanza che emergeva tra le pratiche delle donne e quelle degli uomini. Molte delle azioni maschili vennero considerate espressione di un sistema di potere basato sull'uso della forza e sulla prevaricazione anziché sul dialogo e la persuasione. Motivi per cui le donne si sentirono autorizzate a ripudiare le guerre, giudicate artifici dolorosi e inefficaci. Decise a lavorare per la pace, intellettuali, scrittrici e militanti ribadirono i capisaldi di un movimento che mirava a risolvere le controversie tra Stati alla luce di accordi e di regole internazionali".L'intento è pregevole: il voler dar risalto alle gesta di antiche eroine attraverso un'accurata documentazione e mediante le parole di chi, effettivamente, visse quelle difficili epoche di conflitti bellici e lottò per la parità di genere.
Ciò che, purtroppo, risulta difficile di questo libro è la comprensione: non si riesce ad apprezzarne appieno il contenuto perché la forma, così prolissa, intricata, infarcita di nomi di personaggi che si fa fatica a ricordare nel corso della lettura, risulta criptica e finisce per rivelarsi come un ostacolo a quanti si approcciano al testo.
"Nel 1901, i radicali Sacchi e Marcora declinarono l'offerta di Zanardelli a partecipare al suo governo, adducendo come motivazione il rifiuto del re di ridurre le spese militari. Nel frattempo l'Unione lombarda cominciò a misurarsi con la diffusione delle correnti di matrice anarchica e socialista. Sul militarismo l'organo del pacifismo patriottico si era espresso più volte con articoli, traduzioni, inchieste e, dopo le originarie posizioni in favore del disarmo totale, Moneta optò per la revisione del sistema di leva, al riforma dell'esercito e la razionalizzazione delle spese a esso relative [...]. Malgrado le differenze, il decano auspicò più volte un incontro tra le anime del movimento, ma, nella visione fiduciosa e progressiva del futuro, al suo gruppo mancò una riflessione approfondita sullo sviluppo del militarismo in Europa".Donne di fronte alla guerra è stato un tentativo mancato di approfondire una parte della Storia alla quale si dà sempre troppo poco spazio (quella femminile).
Spiace davvero perché la Storia, se ben narrata, è Maestra di vita, è un viaggio bellissimo, un percorso incredibile dal quale si esce sempre migliorati e più consapevoli del futuro che ci aspetta.
Speriamo di imbatterci presto in un nuovo studio sulle donne che appaia meno ostico e più accessibile.
Ilaria Pocaforza
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