È lo stesso Paul
Valery a specificare come ad ogni componimento poetico non possa corrispondere
un solo significato autentico, «vero, unico, conforme o identico a qualche pensiero
del poeta. In poesia non si tratta per nulla di trasmettere a qualcuno qualcosa
di intelligibile che passi nella mente d’un altro, ma di determinare nel primo
uno stato di cui l’espressione sia precisamente e particolarmente quella che
glielo comunica. Qualunque sia l’immagine o l’emozione che si forma
nell’appassionato di poesia, essa vale e basta se in lui genera questo
reciproco rapporto tra la parola-causa e la parola-effetto».[1]
I seguenti versi di Valery sono irradianti di quel mondo
simbolico e surreale che caratterizza il suo animo poetico. Il quadro lirico è
uno dei preferiti del poeta, quello notturno: la luna illumina e segna l’ombra
di qualcuno non ben definito, sui gradini, in attesa. È proprio l’incertezza
riguardo le possibili azioni umane a creare un’ aura surreale alla traslatio
poetica. L’Ombra attende qualcuno? È la descrizione lieve di un evento
probabile o imprevisto, o semplicemente il momento in cui qualcuno contempla lo scenario lunare? Attraverso
un’aggettivazione curata (esile luna,
sacro lume lieve argento, iridata trina, setosi cigni, carene lucenti, sfoglia
infinita) il poeta ci fa entrare nel proprio immaginario paesaggistico
lirico. Di notte si staglia la lucentezza dei cigni che vagano per il canneto
provocando, volontariamente, movimenti concentrici all’acqua. Ecco quindi il
poeta rivolgersi a qualcuno.
La doppia invocazione
tu, tu vivi?Deserto di gaudio
estasiato ci rinvia al quesito su quale possa essere il destinatario: il
cigno di cui parla Valery? A chi appartiene il debole palpito che muore della smaltata acqua… consumando l’erma soglia degli echi di
cristallo….? Forse una donna, un uomo in attesa del proprio o della propria
amata. Gli attimi, i fremiti, gli inizi, i turbamenti, le emozioni, le
relazioni trovano uno spazio simbolico, affascinante, profondamente vissuto o
solo immaginato, nello spazio notturno, soprattutto quando è la luna a
testimoniare gli eventi, a illuminarli in parte, a nasconderli tra i canneti,
tra le paludi del cuore e gli echi di
cristallo.
Come un diamante fatale, la luna attrae e allontana,
avvicina o cela, testimonia o incrina.
Proprio come nelle favole.
Fantasia
L’esile luna versa un
sacro lume
tutto un velo tessuto,
lieve argento,
sui gradini di marmo,
dove l’Ombra
viene a sognare, e
l’iridata trina
d’una biga di perla
l’accompagna.
Per i setosi cigni che
il canneto
sfiorano con le penne
di carene
quasi lucenti essa
sfoglia infinita
una rosa, i cui petali
di neve
fanno cerchi
sull’acque. E tu, tu vivi?
O deserto di gaudio
estasiato
dove il debole palpito
muore
della smaltata acqua, consumando
l’erma soglia degli
echi di cristallo…
Di molle rose, la
confusa carne
a fremere comincia, se
d’un grido
il diamante fatale con
un filo
di luce la sua immensa
favola incrina.
Qualche critico ha parlato di illegibilità delle poesie di
Valery. Più che illegibilità parlerei di difficoltà interpretative rispetto al
nucleo centrale della poesia stessa. I versi aprono a molteplici possibilità di
analisi. Il percorso di formazione di Valery giunge a riflessioni e a
suggestioni filosofiche, estetiche, religiose, antropologiche e ad un ricercato
simbolismo. La dimensione del sogno, la visione interiore, l’immaginazione
ambigua rappresentano solo alcune delle modalità simboliche a cui approda il
poeta.
Nei versi seguenti l’autore mette al centro l’immagine del
contrasto tra anima e corpo, tra carne sovrana, profonda traditrice dell’animo
e l’ essere indifeso. Nessuna costrizione e nessun demone plagiano il
comportamento del protagonista/o che si rende però colpevole di offesa ad un Dio. Si
avverte un’inquietudine affettivo-spirituale che aspira da un lato ad eliminare
una parte soprannaturale divina per poi invece “recuperarla in maniera pura e
scevra da contaminazioni”.
Anche in questo quadro surreale tutto accade nell’ombra. Il
protagonista/o convive con i propri desideri, i sogni si mescolano a tratti
reali, il candore ardente accarezza i pensieri, l’immagine sensuale del
desiderio fisico si amplia e poi si ferma a causa dei confini prematuri e casti che contrastano con il periglio di braccia a un collo d’uomo.
Chi tra le braccia di costui/ei si dona? chi fugge e chi s’immelma?
Rimangono gli ampi sospiri che equivalgono ai desideri.
Su tutto domina l’immagine spirituale affettiva del Cigno-Dio
Ieri la carne, ieri la
sovrana
e la profonda carne
m’ha tradito;
ma senza una lusinga,
senza sogno.
Nessun effluvio né
demone m’offerse
il periglio di braccia
a un collo d’uomo
morenti immaginarie;
né dal Cigno-Dio
di piume offeso il suo
candore ardente
mi sfiorava il
pensiero.
E
quale nido
tenerissimo avrebbe conosciuto,
se tutta incline alle
mie membra unite
un’offerta adorabile
inviolata
io fui nell’ombra. Ma
il sonno si prese
di sì grande dolcezza,
che annodata
a me stessa nel vano
dei capelli,
il mio nervoso impero
mollemente
ho perduto. Frammezzo
alle mie braccia
un’altra mi son
fatta…Chi si dona?
Chi fugge? Chi
s’immelma? A quale occulta
piega il mio cuore si
fuse? Qual conca
ripete il nome che ho
perduto? E so
qual perfido riflusso
mi distolse
dai miei confini
prematuri e casti
e mi riprese il senso
del mio ampio
sospiro? Come posa
l’uccello, e m’assopii.[2]
In questi versi l’autore ricerca corrispondenze e analogie
personificate tra gli stati emozionali vissuti e i quadri paesaggistici, tra i
fenomeni naturali e gli eventi che spesso hanno a che fare con l’ambiguità
delle relazioni. Costante rimane in Valery il tentativo di discontinuità dei
segni tipici del linguaggio poetico. I versi lirici sono intrisi di significati
allusivi, che partono dall’anima del
poeta: tra anima e danza l’autore
delinea un susseguirsi di immagini metaforiche
ed espressive, in cui è possibile anche l’interpretazione figurale.