La mezzaluna e la svastica. I segreti dell'alleanza tra il nazismo e l’Islām radicale
di David G. Dalin e John F. Rothmann
Edizioni Lindau
€ 25
Partiamo da un presupposto: pubblicare libri difficili o scomodi, per plurime ragioni, è sempre un dato di coraggio a cui plaudire senza se e senza, specie nel mercato editoriale odierno che si muove più per certezze e "reboot" vari che per arditezza e novità. Ecco perché bisogna essere grati a Edizioni Lindau per aver dato alle stampe questo La mezzaluna e la svastica. I segreti dell'alleanza tra il nazismo e l’Islām radicale di David G. Dalin e John F. Rothmann. Come si evince dal titolo questo non è affatto un volume facile tanto che, piccola pillola personale, già solo consultarlo in treno, fa guadagnare una serie di occhiate perplesse e preoccupate da parte di tutti i passeggeri. Ma detto questo La mezzaluna e la svastica, seppur con qualche lacuna, è un testo di notevole interesse, soprattutto perché svela e fa chiarezza su una parte della Storia contemporanea davvero molto poco conosciuta.
David G. Dalin e John F. Rothmann muovono la loro ricerca su un perno centrale: ovvero donare al lettore un'immagine, il più precisa possibile, di Hag ’Amin al-Husayni, Gran Mufti di Gerusalemme, politico arabo di notevole lignaggio e uno dei più forti sostenitori della Soluzione Finale hitleriana. Già è proprio così: questo strano personaggio, finissimo oratore e possente agitatore di folle, dal curioso aspetto occidentale (alto, biondo e con gli occhi azzurri) fu un grande ammirato del Nazismo e di Adolf Hitler tanto che, nella comune lotta contro il popolo ebraico, arrivò a stringere un legame di ferro con il Führer.
Non lesinando dati e fonti scritte, i due storici ricostruiscono l'avvicinamento del politico palestinese nei confronti di Hitler, descrivendo nei minimi dettagli gli incontri con i principali esponenti nazisti. Appare quindi evidente come Hag ’Amin al-Husayni avesse un fortissimo interesse nello sfruttamento dell'alleanza con Hitler in funzione anti-ebraica e anti-britannica (essendo gli eserciti di Sua Maestà la forza che controllava la Palestina e gran parte del Medio-Oriente).
Tale era la forza e la pervicacia del Gran Mufti di Gerusalemme che egli riuscì ad organizzare un colpo di stato in Iraq, allora possedimento britannico che, grazie al cosiddetto Quadrato d'oro, un gruppo formato da quattro generali dell'esercito iracheno favorevoli alle forze dell'Asse, fece deporre il Primo ministro filo-britannico. Anche se il colpo di Stato durò di fatto soltanto 40 giorni, tempo sufficiente per l'esercito inglese a riprendere il controllo dell'intero Paese, è un dato interessante. Già perché Hitler, pur riconoscendo indubbie doti e provando una naturale simpatia per il politico arabo, non fu mai sul punto di spingere sull'acceleratore quest'alleanza, sfruttandola sempre in maniera secondaria.
Anche se David G. Dalin e John F. Rothmann in un suggestivo capitolo del libro tentano di ipotizzare "cosa sarebbe successo se" i Nazisti fossero riusciti a scacciare gli inglesi dalla Palestina, quello che è certo è che Hag ’Amin al-Husayni fu uno dei principali sobillatori dei credenti musulmani contro gli ebrei, tanto da essere, diciamo così, arruolato dal Terzo Reich come "motivatore speciale" delle SS slave e bosniache.
Un testo quindi di indubbio interesse ma che consta di una colossale lacuna. Infatti non si fanno mai riferimento ai rapporti tra il Gran Muftì e il Regno d'Italia che invece, almeno dalla Guerra d'Abbisinia del '36, erano fruttuosi e continuativi. Nella logica della "quarta sponda" sul Mediterraneo, Mussolini infatti per almeno dieci anni (dai primi anni Trenta sino al 1940-'41) cercò di diventare amico di numerosi leader musulmani, tra cui lo stesso al-Husayni. Anzi al-Husayni ricevette finanziamenti in serie dalla Banca d'Italia e proprio grazie ad autorità fasciste riuscì, incolume, a fuggire in Persia all'indomani del fallito colpo di Stato in Iraq, grazie ad un passaporto falso italiano.
Senza questa contestualizzazione manca quel tassello per poter comprendere appieno anche il periodo post-bellico del pensatore arabo che, dopo aver conosciuto e influenzato Kharaillah Tulfah, lo zio di Saddam Hussein e di essere stato uno dei principali mentori di Yāsser ʿArafāt. Insomma due dei "campioni massimi" dell'integralismo islamico non solo hanno avuto a che fare ma sono stati, diciamo così, educati secondo i precetti di al-Husayni. Ecco perché questo volume, pur parlando soprattutto degli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, può essere una buona bussola per orientarsi tra i flutti del tempo presente.
Mattia Nesto