Ogni orizzonte della notte
di Maurizio Vicedomini
Augh Edizioni, 2017
pp. 160
13 euro
Ogni orizzonte della notte è la raccolta di racconti di
Maurizio Vicedomini, pubblicata da pochi mesi da Augh Edizioni. Vicedomini, pur
giovanissimo, ha già al suo attivo la pubblicazione di diverse opere
fantastiche e racconti su varie antologie. È direttore di una rivista culturale
online e con il Senzanome ha vinto inoltre il Premio Mondadori Chrysalide, sezione
fantasy, nel 2013.
Leggendo la sua biografia, dopo aver dedicato del tempo alla
sua nuova raccolta, mi sono soffermata con curiosità sul titolo dell’opera che
gli ha permesso di ottenere il prestigioso riconoscimento Mondadori: Senzanome,
appunto. Quel titolo, di fatto, è la miglior sintesi interpretativa anche di Ogni
orizzonte della notte: sono senza nome i protagonisti degli undici racconti di
questa raccolta. Sono voci, pensieri, dolori che risuonano nel buio della
notte. Sono anche perfettamente riconoscibili, tridimensionali nei loro
dettagli e caratteristiche, ma tutti, assolutamente, privi di nome.
Un escamotage, questo, che rivela l’intenzione dell’autore
di favorire e stimolare l’identificazione del lettore in questi personaggi
privi di volto: i loro dolori, le loro vicende umane, raccontati quasi sempre
in prima persona, sono quelli dell’Uomo Comune, di mille facce anonime che
incrociamo ogni mattina sul bus o al semaforo rosso di una grande via cittadina.
Negli undici racconti, Vicedomini fa emergere la sua visione
della metropoli moderna, delle relazioni umane, delle solitudini individuali:
un brulicare di esistenze che corrono parallele e si intrecciano casualmente,
si sfiorano senza saperlo, senza trovare quasi mai un vero punto di contatto
duraturo.
L’altezza ha questa strabiliante capacità di rendere tutti i nostri problemi insignificanti. Guardo laggiù, guardo i minuscoli uomini e donne che si scontrano, si spostano, svaniscono fra gli interstizi dei palazzi come fossero granelli di sabbia. Tutto il male, in fondo, viene dalle persone. E ti ritrovi qui a pensare: che diavolo possono mai farmi quelle formichine? (p. 146)
E sebbene la tendenza riflessiva sia forse estesa un po’
troppo in alcuni punti della lettura, andando a scontrarsi con l’immediatezza e
la pregnanza che il genere d’appartenenza tradizionalmente richiede, nell’approcciarsi
a Ogni orizzonte della notte giova adottare una predisposizione d’animo
simile a quella che si ha leggendo la poesia: non restare sulla superficie,
scandagliare la complessità, portare a galla l’implicito. Ma sopra a ogni cosa,
occorre far uso della fantasia e delle proprie risorse intime per adornare il
tessuto narrativo laddove esso si presenta (saggiamente) aperto, incompleto,
accogliente.
Barbara Merendoni