di Giovanni Fiandaca
Editori Laterza
pp. 208
€ 14 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)
Per chi ha studiato il diritto e, soprattutto, per chi ha amato il diritto penale, leggere un libro scritto dal Giovanni Fiandaca è un po' come tornare a casa.
È così che mi sono approcciata a Prima lezione di diritto penale, edito da Laterza, l'ultima opera di questo studioso, professore ordinario di diritto penale presso la facoltà di Giurisprudenza dell'università di Palermo dal 1982, presidente di commissioni ministeriali ed ex componente del Consiglio superiore della Magistratura.
È opportuno fin da subito precisare, però, che questo piccolo manuale non è orientato solo ad un pubblico di tecnici ma, scopo dichiarato fin dalla Premessa, è quello di
L'autore afferma che il nostro codice penale e le pene comminate dallo stesso a seguito di reati ed illeciti è stato ed è tuttora protagonista di numerosissime riforme tese a acquietare (seppur solo momentaneamente) le paure che la popolazione manifesta nei confronti dell'aumento della criminalità. Il risvolto della medaglia, però, è che non esiste alcuno studio empirico che dimostri come un inasprimento delle pene conduca ad una diminuzione dei reati.
Fiandaca espone in maniera molto lineare le teorie incentrate sulla pena e frutto delle osservazioni degli studiosi, chiarendo come non ne esista una che sia migliore delle altre, poiché ognuna nasce e si sviluppa in un contesto storico, geografico e politico assai differente.
Allo stesso modo molto interessante si rivela l'analisi dell'articolo 27 della nostra Costituzione, teso non solo a garantire la certezza della pena, ma anche una rieducazione del condannato, obiettivo quest'ultimo che purtroppo molte volte viene disilluso da una strutturale incapacità riabilitativa del carcere.
In questo senso, una valida alternativa alla sanzione penale può rivelarsi la giustizia riparativa, la quale aspira all'elaborazione dei conflitti nascenti dal crimine secondo una prospettiva dialogica volta ad aprire canali di comunicazione tra autore e vittima del reato, dando realmente voce al soggetto passivo dell'illecito.
Certo è che la mediazione non può sostituire in toto la sanzione penale, ma può essere adoperata dal legislatore per rimediare ad inadeguatezze e limiti della giustizia punitiva.
Proprio l'operato del legislatore costituisce un argomento molto discusso dal Prof. Fiandaca, il quale sostiene che la scelta legislativa del bene giuridico passibile di protezione penale non deve essere arbitraria, ma razionalmente argomentabile; in altre parole, il legislatore deve ponderare l'effettiva necessità e meritevolezza di tutela penale del bene o interesse in questione.
Un altro problema assai dibattuto è senz'altro quello della "depenalizzazione", fattispecie in base alla quale vi sono dei fatti criminosi che, pur continuando in astratto ad essere previsti dalla legge come reati, sono ritenuti di particolare tenuità e non abituali, per tale motivo essi sono declassati da illeciti penali ad illeciti amministrativi.
Un'ultima considerazione che sento di fare in merito agli argomenti trattati in questo libretto è inerente all'applicazione della legislazione penale che, come sostiene non solo Giovanni Fiandaca ma l'ormai totalità degli studiosi del diritto, non può avvenire in maniera meccanica, perché anche e soprattutto nel campo delle leggi vi è e vi sarà sempre un'attività interpretativa non esente da spazi di discrezionalità da parte dei giudici e di tutti coloro che i ritrovano a calare delle regole astratte come quelle previste dalle leggi alle realtà di tutti i giorni (come disse una volta un altro grande studioso del diritto, Renato Borruso: "Diffidate sempre di colui che vi dice che si è limitato ad applicare la legge, perché la legge non va mai solamente applicata, ma deve essere sempre interpretata").
D'altra parte, come ha ribadito Fiandaca in una intervista rilasciata in occasione dell'uscita del suo libro:
Ilaria Pocaforza
"rivolgersi, più che agli addetti ai lavori, a un pubblico di studenti di giurisprudenza e di potenziali lettori estranei al mondo del diritto ma interessati alle sorti della giustizia".Lo stile adoperato dal Prof. Fiandaca, infatti, appare molto chiaro e semplice, incentrato sulla materia penale ma, allo stesso tempo, in grado di essere compreso anche da quanti si avvicinano per la prima volta a questa disciplina così affascinante.
L'autore afferma che il nostro codice penale e le pene comminate dallo stesso a seguito di reati ed illeciti è stato ed è tuttora protagonista di numerosissime riforme tese a acquietare (seppur solo momentaneamente) le paure che la popolazione manifesta nei confronti dell'aumento della criminalità. Il risvolto della medaglia, però, è che non esiste alcuno studio empirico che dimostri come un inasprimento delle pene conduca ad una diminuzione dei reati.
Fiandaca espone in maniera molto lineare le teorie incentrate sulla pena e frutto delle osservazioni degli studiosi, chiarendo come non ne esista una che sia migliore delle altre, poiché ognuna nasce e si sviluppa in un contesto storico, geografico e politico assai differente.
Allo stesso modo molto interessante si rivela l'analisi dell'articolo 27 della nostra Costituzione, teso non solo a garantire la certezza della pena, ma anche una rieducazione del condannato, obiettivo quest'ultimo che purtroppo molte volte viene disilluso da una strutturale incapacità riabilitativa del carcere.
In questo senso, una valida alternativa alla sanzione penale può rivelarsi la giustizia riparativa, la quale aspira all'elaborazione dei conflitti nascenti dal crimine secondo una prospettiva dialogica volta ad aprire canali di comunicazione tra autore e vittima del reato, dando realmente voce al soggetto passivo dell'illecito.
Certo è che la mediazione non può sostituire in toto la sanzione penale, ma può essere adoperata dal legislatore per rimediare ad inadeguatezze e limiti della giustizia punitiva.
Proprio l'operato del legislatore costituisce un argomento molto discusso dal Prof. Fiandaca, il quale sostiene che la scelta legislativa del bene giuridico passibile di protezione penale non deve essere arbitraria, ma razionalmente argomentabile; in altre parole, il legislatore deve ponderare l'effettiva necessità e meritevolezza di tutela penale del bene o interesse in questione.
Un altro problema assai dibattuto è senz'altro quello della "depenalizzazione", fattispecie in base alla quale vi sono dei fatti criminosi che, pur continuando in astratto ad essere previsti dalla legge come reati, sono ritenuti di particolare tenuità e non abituali, per tale motivo essi sono declassati da illeciti penali ad illeciti amministrativi.
Un'ultima considerazione che sento di fare in merito agli argomenti trattati in questo libretto è inerente all'applicazione della legislazione penale che, come sostiene non solo Giovanni Fiandaca ma l'ormai totalità degli studiosi del diritto, non può avvenire in maniera meccanica, perché anche e soprattutto nel campo delle leggi vi è e vi sarà sempre un'attività interpretativa non esente da spazi di discrezionalità da parte dei giudici e di tutti coloro che i ritrovano a calare delle regole astratte come quelle previste dalle leggi alle realtà di tutti i giorni (come disse una volta un altro grande studioso del diritto, Renato Borruso: "Diffidate sempre di colui che vi dice che si è limitato ad applicare la legge, perché la legge non va mai solamente applicata, ma deve essere sempre interpretata").
D'altra parte, come ha ribadito Fiandaca in una intervista rilasciata in occasione dell'uscita del suo libro:
"La scienza del diritto penale non si basa su conoscenze certe e neutrali, ma è una scienza debole e composita a sua volta ancorata a postulati politico-ideologici, e intrisa di giudizi di valore non sempre supportati da basi empiriche. Ma una cosa è esserne responsabilmente consapevoli. Altra cosa è che il cattedratico di turno si riduca a operare come un servo del principe, al servizio di una parte politica rinunciando in anticipo a ogni autonomia di giudizio e pensiero critico, così violando ogni regola di moralità professionale".Prima lezione di diritto penale è un libro agile e snello consigliato non solo ai cultori della materia, ma anche a coloro che vogliono approcciarsi al diritto penale senza la paura di non riuscire a digerire tecnicismi e neologismi latini: lo stile e le idee di Giovanni Fiandaca risultano davvero illuminanti e forniscono una guida sicura per orientarsi in quel labirinto straordinario e bellissimo che è il diritto, specchio del nostro Paese.
Ilaria Pocaforza