di Dino Buzzati
Mondadori, 2016
480 pp.
€
14,50
Vorrei che tu venissi da me in una sera d'inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.
Una raccolta intensa,
surreale e sorprendente che consta di ben sessanta racconti, tutti
sopra le righe, tutti immaginari che si rifanno ad un mondo onirico e
fantasioso. La conclusione poi non è mai scontata, mai prevedibile e
lascia spesso il lettore a bocca aperta per i risvolti irreali e
extra-ordinari.
È il caso di Galeone, il
cane dell'anacoreta, che dato per morto almeno tre volte nel
racconto, lo si ritrova in qualche angolo della città ancora in
vita. Si dice che il cane abbia visto Dio e in virtù di questo, dopo
aver perso il padrone -l'anacoreta è morto, in esilio tra i boschi-
sia di buon auspicio aiutarlo e ingraziarselo con del cibo e con
varie cure e attenzioni, specie quando l'animale non sta bene. Ma
anche quando sembra non farcela o peggio, quando viene trovato morto,
il giorno seguente è di nuovo in vita che gironzola per le strade
del paese. I paesani lo temono oramai, pensano abbia gli occhi di Dio
e così cominciano a comportarsi bene. Nel paese finché si vede il
cane in giro, non capitano più risse, non avvengono furti e tutti i
cittadini vivono seguendo le regole. Soltanto alla fine, dopo molti
anni -e dopo molte morti presunte del cane, resuscitato cotante
volte - quando il cane sparisce - si ipotizza che questa volta sia
morto per davvero- la popolazione non ha più interesse a delinquere
come un tempo, nonostante l'assenza dell'animale e dunque degli occhi
di Dio.
L'anacoreta è piccolo e segaligno, vestito con una specie di saio; la faccia si mostra simpatica, non priva di una astuzia fanciullesca. Allora il fornaio si fa avanti, deciso a far valere le sue ragioni.
[…] “Lo so perché parli così...c'è in voi uomini, una specie di vergogna...ci tenete a mostrarvi cattivi, peggio di quello che siete, così va il mondo!”
L'immaginario spazia in
ogni singolo racconto, come ad esempio nella storia della famiglia
che rientra all'una di notte dal cinema e trova un'invasione di
insetti nel proprio salone. Una donna si arma di scarpa e li uccide
uno per uno, maledicendoli e provando quasi piacere nell'ammazzare
gli esserini. Ma la svolta finale vedrà gli insetti diventare
giganti e scendere per le scale della casa, pronti ad uccidere i
piccoli esseri umani esattamente come la donna poco prima cercava di
fare contro di loro. Le dimensioni, tutte, anche quelle della realtà,
cambiano e vi è la svolta con il cambio dei ruoli. Ora sono gli
insetti che vogliono fare fuori gli umani. Con questo specifico
racconto capiamo come mai Buzzati fu spesso associato -sovente in
negativo- a Franz Kafka: fu infatti accusato spesso di copiarne lo
stile, accuse sempre respinte a gran voce da Buzzati.
Quanto è lontana l'ultima stazione? Ci arriveremo mai? Valeva la pena di fuggire con tanta furia dai luoghi e dalle persone amate? Dove, dove ho messo le sigarette? Ah, qui nella tasca della giacca. Certo, tornare indietro non si può.
Forza, dunque, signo macchinista. Che faccia hai, come ti chiami? Non ti conosco né ti ho mai visto. Guai se tu non mi aiuti. Sta saldo, bel macchinista, butta nel fuoco l'ultimo carbone, falla volare questa vecchia baracca cigolante, ti prego, lanciala a rotta di collo, che assomigli almeno un poco alla locomotiva di una volta, ti ricordi? Via nella notte a precipizio. Ma in nome di Dio non mollare, non lasciarti prendere dal sonno. Domani forse arriveremo.
Ma i racconti sono tutti
assurdi, come ad esempio il prete che avvia una conversazione
religiosa con i marziani, i quali non comprendono a cosa serva il
Crocifisso appeso al muro e cosa significhi la Croce sacra. Il prete
cercherà di rispondere a tutte le domande, ponendone a sua volta
agli strani personaggi che, soddisfatte le loro curiosità, tornano
su Marte.
C'è poi l'incontro
notturno tra due esseri umani invisibili, ridotti ad essere tra
l'altro piccoli come due moscerini e un uomo. Dopo qualche
chiacchiera, i moscerini scoprono che tale individuo, ancora in vita,
è il loro assassino. I moscerini sono diventati tali dopo essere
stati uccisi in una piazza, come esseri umani. Dopo la morte sono
diventati invisibili e piccolissimi nelle dimensioni, tanto da poter
ronzare nelle orecchie dell'uomo incontrato nella piazza. I moscerini
scoprono tuttavia che si tratta del loro assassino e così gli
predicono uno sventurato futuro per farlo impazzire. Qui l'assurdo
della narrazione è totale.
Meno immaginario e
fantascientifico è il racconto dell'uomo colpito dalle frecce. Un
uomo va in vacanza in montagna con la sua famiglia e decide una bella
mattina di andare a fare una passeggiata da solo tra i monti. Lì
incontra un gruppo di ragazzini che giocano a catturare e a
spaventare un cattivo. L'uomo si unisce ai bambini e gioca per
l'intero giorno con loro. Il problema è che li aiuterà ad
affrontare il cattivo, il quale colpirà a morte l'uomo con delle
frecce sul petto. La moglie lo chiamerà, ma lui si lascerà andare
morente sullo sdraio prima di cena.
Da questa città che nessuno di voi conosce, mando notizie, ma non bastano mai. Ciascuno di voi forse conosce o frequenta altri paesi; eppure in questo che dico nessuno mai potrà abitare tranne io. Di qui appunto l'unico ma indiscutibile interesse delle informazioni; perché questa città esiste e che possa darne precise notizie c'è uno solo.
Uno stile estremo che
sguazza nella fantasia più ancestrale, più assurda e più irreale,
miscelando ad arte un inizio sempre comune, immersi in un quotidiano
ordinario per sfociare nel colpo di scena finale. La sorpresa è
quasi sempre alla fine. Una lettura particolare che regala qualche
piccola e preziosa perla, quali sono i sessanta racconti.
Alessandra Liscia
Alessandra Liscia
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