di Francesco Carofiglio
Piemme, 2017
pp. 156
€ 16,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Non tornerà mai in scena.
Lo sa, da un pezzo. È andato via per sempre.
Si è chiesto spesso in questi anni, sono bastati pochi anni per sparire dal mondo, cosa gli starebbe mancato quando avrebbe smesso.
E oggi non sa dirlo, con esattezza.
Guarda il resto del mondo da una finestra.
Roma è bellissima. (p. 24)
Quando si fa la conoscenza di Corrado Lazzari, "il maestro" non ci risulta sicuramente simpatico: scontroso, chiuso al mondo e pronto a mettere a disagio la sua unica interlocutrice, la giovane Alessandra, che gli porta giornalmente il pranzo e la cena dal locale lì sotto. La ragazza non reagisce alle risposte brusche dell'anziano cliente, anzi, spesso si scusa e gli porta sempre grande rispetto. Perché lei sa, lo chiama "Maestro" con reale ammirazione: Corrado Lazzari è stato un impareggiabile attore di teatro, si è reso indimenticabili in ruoli molto complessi, come ad esempio una rivisitazione dell'Amleto shakespeariano molto moderna per l'epoca. Alessandra sa tuto questo, perché il lavoro le permette di pagarsi gli studi in letteratura teatrale, sua vera passione.
In fondo, immaginate di entrare nella casa dove vive segregato il vostro mito: cosa fareste? Non accettereste anche voi qualche rispostaccia, pur di vederlo ogni giorno? Però un giorno Alessandra trova il coraggio di chiedere a Lazzari di aiutarla, di lasciarsi intervistare per gli studi universitari. Indirettamente, Alessandra chiede con il suo tatto garbato ma volitivo di riaprirsi al mondo, a lei.
Corrado Lazzari vorrebbe rifiutare e, infatti, all'inizio lo fa, ma poi si trova a considerare la proposta della ragazza e, lentamente, a cambiare idea. Ecco che allora gli incontri trasformano lentamente il Maestro, gli fanno gustare il brivido di quando prendeva tra le mani un nuovo copione: la sua memoria è ancora inappuntabile, le battute dell'Amleto risuonano nella stanza e anche nella nostra testa e non mancano riflessioni sul valore dell'opera d'arte in sé. Poco importa, infatti se l'Amleto sia stato davvero scritto da Shakespeare o da chi per lui:Leggiamo le opere e non occupiamoci della vita, gli artisti vivono in quello che producono, la vita importa poco. (p. 44)
D'altra parte, l'opera cambia a ogni rappresentazione, l'attore va a riempire i "buchi" che l'autore ha lasciato consapevolmente nel testo, perché fossero interpretati di volta in volta sul palcoscenico da personalità diverse, con una propria visione del mondo, un background recitativo e culturale diverso («Gli attori dovranno inventare ogni volta una storia che tutti noi crediamo di conoscere, ma in realtà perdiamo ogni volta», p. 106).
E anche la presenza e la qualità del pubblico influiscono sulla recitazione: Corrado cerca di farlo capire ad Alessandra, che si sente comprensibilmente intimidita a leggere l'Amleto davanti a un artista come lui. Eppure qualcosa accade:
Corrado la ascolta. E pensa alla capacità che hanno le parole di certe ragazze, di disegnare un mondo di cose piccole. (p. 81)
Corrado insegna ad Alessandra, ma anche la ragazza restituisce al Maestro emozioni dimenticate; anzi, chiuse deliberatamente fuori dalla porta per non soffrire più e non mettersi in gioco in pericolosi rapporti interpersonali. Presto però a Corrado non basterà più vivere studiando i dettagli guardati dalla finestra e ripercorrendo i ricordi della sua carriera: Alessandra ha portato qualcosa di nuovo, ha rotto il guscio da lui faticosamente creato. E non gli resta che provare, ancora una volta, il gusto del disequilibrio.
Nel suo nuovo romanzo, breve come una favola, scarno come una sceneggiatura eppure poetico, Francesco Carofiglio ci chiude in una casa di Roma, al centro della città eppure isolata come un nido (o come una prigione del ricordo), con due attori principali. Si sa, quando il cast è ridotto all'osso, gli attori devono essere molto bravi a riempire la scena: Corrado e Alessandra ce la fanno.
GMGhioni
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