di Alessandro Mari
Feltrinelli Narratori, 2017
pp. 303
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)
Il nome di Alessandro Mari non suonerà nuovo a molti perché questo giovane narratore e traduttore è diventato famoso qualche anno fa con Troppo umana speranza (Feltrinelli, 2011), affresco dell'Italia risorgimentale che si è aggiudicato, tra i numerosi riconoscimenti, anche il prestigioso Premio Viareggio -Rèpaci.
Quello che più colpisce, però, è il fatto che la carriera dell'autore lombardo è proseguita su binari assai diversi: i suoi romanzi successivi, infatti, hanno avuto per protagonisti San Francesco d'Assisi (Gli alberi hanno il tuo nome) e adolescenti (L'anonima fine di Radice Quadrata), e Mari si è cimentato anche con il genere della graphic novel (Randagi).
Non deve dunque destare stupore Cronaca di lei (edito da Feltrinelli), storia nella quale si intrecciano le vicende di quattro personaggi assai peculiari: Milo One way Montero, giovane pugile in cerca di riscatto dopo aver subito una delicata operazione ad un occhio, la ragazza dal nome sconosciuto che dà il titolo al romanzo e che intreccia una storia con il boxeur, Irene Montero, spietata sorella del ragazzo disposta a tutto pur di sfruttare la fama del fratello, e Leo Ruffo, scrittore intelligente e acuto incaricato di intervistare Milo per scriverne una biografia.
Sullo sfondo di sfiancanti allenamenti per riconquistare il titolo di campione del mondo si muovono questi quattro protagonisti, ognuno con una storia, ognuno con un vissuto che si va ad intrecciare alla trama principale e che ci conduce non tanto sul ring dove si scontreranno Milo ed il suo sfidante, ma poco distante, sotto una pioggia torrenziale che tutto lava, tranne i peccati ed i segreti di chi cerca una giustizia che ha il sapore del sangue e della vendetta.
Cronaca di lei è un romanzo che scorre via veloce, una storia che si basa su due giovani che lavorano adoperando il corpo (da una parte il pugile, dall'altro la modella), ma è anche il racconto della scalata sociale di Irene, che in passato è stata povera e che ora lotta anche lei (seppur senza sfoderare i pugni) per rimanere sulla vetta che ha faticosamente conquistato.
Sopra tutti si muove Leo Ruffo, una sorta di confidente e confessore, che è bravissimo ad analizzare ogni situazione ed a farci cogliere particolari nascosti, ed incarna sia l'occhio del lettore sull'intera vicenda che quello dello stesso Mari.
Per tutto il romanzo la ragazza continuerà a coprire con la mano l'occhio malato di lui, e Milo farà altrettanto con quello di lei, ed entrambi si domanderanno se riescono a vedersi, a riconoscersi in mezzo al frastuono, al rumore di sottofondo, agli ostacoli che in modo diverso dovranno affrontare. Ma riuscirà la loro storia a rimanere ben visibile tra le pieghe degli eventi?
È uno stile scarno quello che Mari usa in questa storia, un linguaggio che assomiglia un po' ai colpi ben assestati che dovrebbe tirare un campione di boxe: freddi, precisi, senza sbavature.
Cronaca di lei non è adatto a chi cerca sentimentalismi, sovrastrutture romantiche, ma è piuttosto una storia dove le immagini degli incontri di boxe e dei rapporti tra Milo e la ragazza (a volte forse un po' forti, prive di tenerezza, ma per questo ancora più veritiere) si muovono sullo sfondo dei toni grigi della provincia industriale italiana e si mescolano alle poche luci ed alle molte ombre di personaggi assai realistici, perché ricchi di contraddizioni e di voglia di emergere sulla massa anonima del loro ambiente sociale.
È una storia di tentativi di riscattarsi da vite misere, da passati scomodi, è una narrazione nella quale in virtù di una precisa scelta stilistica l'autore non ha voluto apporre segni di punteggiatura che distanziassero i dialoghi dalle descrizioni, spiegando che:
"Parole e azioni, in questo romanzo, sono gli elementi a cui il lettore deve affidarsi quasi esclusivamente per provare a capire i personaggi in scena. E azioni, descrizioni, dialoghi sono, nella mia mente, ugualmente dignitosi e importanti".
Per stessa ammissione dell'autore la figura del pugile One way assomiglia a quella dello scrittore, perché entrambi necessitano di un allenamento severo, di una tecnica pulita che consenta loro di sopportare i riflettori della ribalta, di esporsi al pubblico senza filtri.
Forse la figura che avrebbe richiesto qualche pennellata in più è proprio quella della ragazza, che rimarrà avvolta da alcuni misteri fino alla fine. Però in fondo nella vita, come nello sport, ci sono segreti che non vanno rivelati, e che ci preparano meglio ad affrontare il prossimo colpo che l'avversario o il destino ci riserverà, avendo in testa quel mantra tanto caro ai sostenitori di Milo: One way my way, one way this way.
Ilaria Pocaforza
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