La lettera segreta
di Chloé Duval
Garzanti, 2017
p. 224
€ 16,90
Titolo originale: Le temps volé
Traduzione di Doriana Comerlati
Una lettera d'amore viene perduta e poi ritrovata. Al suo interno, una toccante dichiarazione e una proposta di matrimonio, che la Lili a cui la missiva è indirizzata non ha mai ricevuto. Sono passati più di quarant'anni, ma Flavie – insegnante di professione, storica per vocazione – decide di mettersi sulle tracce dell'autore e della destinataria mancata, per riallacciare i fili che il destino ha interrotto e dare una nuova possibilità a chi forse non è mai riuscito ad andare avanti e resta prigioniero di un passato irrisolto.
Sarebbe scorretto chiedere al romanzo di Chloé Duval di essere qualcosa che non è, sleale cercarvi profondità, riflessioni esistenziali, una qualche trascendenza. La lettera segreta è una storia d'amore lineare e senza pretese, che accompagna piacevolmente il lettore, senza scossoni, verso una conclusione forse non sorprendente, ma intensamente auspicata. Lo stile è semplice, spesso ironico, e solo a tratti rivela l'abbandono alle passioni proprio della letteratura rosa. La protagonista è una sognatrice che vorrebbe negare alla propria vita ogni romanticismo (anche se nel tempo libero scrive novelle romantiche per le amiche del circolo del cucito), fino ad essere travolta suo malgrado dagli eventi:
Non so quante volte rilessi la lettera. Cinque, sei, dieci. […] Non avevo mai letto niente del genere. In quelle parole percepivo la disperazione dell’autore, l’amore che provava per Amélie. Con un nodo in gola mi resi conto che lei non aveva mai ricevuto il messaggio. Non aveva mai saputo che E. l’aspettava (25).
La sua ricerca viene descritta con precisione, senza mancare di sottolinearne le difficoltà e gli insuccessi, lo scorrere delle settimane in mezzo a minuscoli progressi e innumerevoli tentativi falliti. Sono chiare e nette, per il lettore come per la protagonista, le speranze e le frustrazioni.
Anche i comprimari sono ben caratterizzati: il trio famigliare costituito da Erwan, Romaric e Gwenn è semmai fin troppo perfetto, ma ciò non impedisce di affezionarcisi, di parteggiare per la felicità di ognuno di loro. Soprattutto perché, inserendosi forzatamente, ma accolta con generosità ed entusiasmo, nel loro piccolo universo conchiuso, la stessa Flavie intravede la possibilità di una scossa in una quotidianità rassicurante, ma che non appaga veramente. Forse proprio a Port-l’Abbé, nell’ampia tenuta dei Kermarrec, si nasconde una imprevista opportunità di rinascita.
Al di là dell’onestà e della trasparenza con cui la trama viene condotta alla sua conclusione, senza tradire mai le aspettative, ciò in cui il testo si riscatta dal rischio della banalità è la descrizione coinvolte, quasi affettuosa, del paesaggio della Bretagna e delle sue leggende; di certe statue di pietra dagli sguardi intensi che fanno palpitare di nostalgia chiunque vi sia stato almeno una volta; dei castelli persi nelle foreste, delle chiese spoglie e luminose in cui si può sentire tangibile la presenza del divino, delle scogliere di granito e delle calette in cui si consumano amori destinati a sopravvivere al tempo. Proprio al tempo passato (e ai luoghi vissuti) il romanzo è dedicato, come ci ricorda anche il titolo originale. È in fondo una vicenda di ritorni e di seconde occasioni, un invito all'ottimismo a discapito degli anni e della distanza. Questo gli si può chiedere, senza tema di essere ingiusti: qualche ora trascorsa in leggerezza e in buona compagnia, con la certezza che molto probabilmente tutto troverà un senso e, almeno sulla carta, le ingiustizie della sorte potranno essere felicemente riscattate.
Carolina Pernigo