di Alessandro Piperno
Mondadori, 2017
pp. 156
€ 18.50 (cartaceo, copertina rilegata)
€ 9,99 (ebook)
Il romanzo è un globetrotter, un trasformista disposto ogni volta a svestirsi dei propri abiti linguistici per indossare quelli dei mille forestieri su cui vuole fare colpo.
Vi sentite anche voi dei "liberi lettori"? Se vi lasciate «guidare dal capriccio, dalla sete e dalla necessità» e siete «dilettanti», ovvero come tali aspirate al diletto, allora probabilmente la vostra risposta è sì. Parte da questa definizione il nuovo libro di Alessandro Piperno, Il manifesto del libro lettore, che ci accompagna in una passeggiata letteraria che profuma decisamente di libertà. Lontano da gabbie (talvolta impolverate) dell'accademia, il Manifesto è piuttosto una rivendicazione del piacere, smodato e incontrollabile, di leggere per il gusto di farlo. Lo stesso Piperno dimette in parte i panni del critico per vestire quelli del lettore, difendendo prima la categoria in una lunga e affascinante introduzione, in cui si sofferma su questioni annose, che di tanto in tanto rintoccano: è legittimo o meno immedesimarsi? Cos'è veramente un classico? Come potremmo definire il romanzo? Come si comporta un autore nei confronti dei suoi personaggi? A che serve la rilettura?
Queste sono pochissime domande, delle tante a cui Piperno dà possibili risposte con una sicurezza rassicurante, decisamente ferma e a volte illuminante. Chiaramente in un libro di poco più di centocinquanta pagine non c'è spazio per approfondire la questione, ma il libero lettore ha «solo diritti», come annota Piperno all'inizio, e dunque va bene così, lasciatevi trasportare anche voi dall'affascinante capacità affabulatoria di Piperno, che racconta con trasporto gli otto scrittori di cui non può fare a meno. Si tratta di scelte arbitrarie? Certo, e per fortuna, o contraddirebbe l'intentio operis! Sempre almeno che consideriamo la narrativa «una delle poche fedi pagane ancora in voga», mutevole e pronta a sedurre il lettore con i suoi personaggi («Ogni personaggio a suo modo è un seduttore»), come in una grande storia d'amore lasciamoci trasportare. Sì, e non neghiamo la possibilità di immedesimarci nei personaggi, dal momento che senza immedesimazione non esiste immaginazione per Piperno, questa è «il ponte che unisce la vita all'arte, una ricchezza che non va sperperata».
E allora via, stiamo al gioco, sospendiamo al momento le nostre opinioni per ascoltare quelle di un lettore d'eccezione, ben attento al testo. Ed ecco che si apre la corsa a perdifiato tra gli autori fondamentali di Piperno, a cominciare da Tolstoj, di cui viene apprezzato il potere di introdurre i personaggi ritardando la presentazione con abilità, rifrangendo il giudizio attraverso gli occhi di altri personaggi. Di Flaubert, Piperno ammira l'ambiguità del punto di vista anche nel trattare la sua protagonista più celebre, ovvero Emma Bovary. Per quanto Emma non sia paragonabile alla straordinaria Anna Karenina, il confronto è produttivo e fonte di ispirazione per noi lettori.
L'opposto di Flaubert, che vive per l'arte, è certamente Stendhal, "orgoglioso di scrivere male", parafrasando il sottotitolo del capitolo di Piperno. Nonostante «il lessico povero, l'ortografia incerta e la sintassi raffazzonata», lo scrittore ha comunque fatto parlare di sé per la potenza delle sue trame, composte come ripiego senile, quando ormai non aveva modo di vivere fino in fondo. E il successo è arrivato, forse per l'interesse per i vizi delle persone, giudicate ma con indulgenza, senza austerità, o per l'attenzione maniacale per l'interiorità delle varie figure rappresentate.
Prima e unica donna tra gli scrittori citati, Jane Austen conquista un posto speciale per la sua capacità di trasformare la fiaba in romanzo, con il racconto delle sue «Cenerentole per nascita, censo e fame di riscatto». La sua scrittura ludica, che mette al centro il matrimonio, come sappiamo, non manca però di avanzare spietate critiche sociali (che invece sono andate perse nelle riduzioni cinematografiche).
La rassegna prosegue con uno dei "bestselleristi" ante-litteram, Dickens, molto apprezzato dai suoi contemporanei, di cui Piperno loda la capacità di scrivere incipit memorabili. In più, le sue opere si prestano anche a una lettura discontinua e randomica.
Se di Proust viene decantata la capacità di usare i tempi verbali tenendo fortemente in sospeso l'azione (infatti domina l'imperfetto), di Svevo Piperno rileva l'incredibile capacità di "vendicarsi" attraverso la penna. I suoi personaggi sono infatti continuamente risentiti verso la vita e trovano un potenziale riscatto solo nella vendetta garantita dal loro creatore.
Chiude la selezione Nabokov, con la sua capacità di vivere l'arte come un gioco, e di gestire un tema scottante come quello di Lolita con personaggi davvero indimenticabili, mai giudicati dall'autore. D'altro canto, Piperno ricorda che «un buon personaggio è una delle poche chance di cui [un autore] dispone per scolpirsi nella mente del lettore».
Per chiudere il Manifesto del libero lettore all'insegna della stessa libertà professata, si trovano le biografie scanzonate dei personaggi citati: divertente e godibile, ogni quadretto permette al lettore di chiedersi come avrebbe invece presentato lui questo o quel personaggio. Ed è così che se il libro fa sentire fortemente la voce di Piperno, poi tocca al lettore dire la sua, con la stessa legittimità, in qualità di collega "libero lettore". E ricordiamoci sempre due profonde verità: innanzitutto, che «il romanzo è un genere sporco, compromesso con la vita» (e forse per questo continua ad affascinarci), e che «da sempre la scrittura è un oggetto contundente nelle mani di un sociopatico» (concetto su cui potremmo aprire un dibattito; chi vuole cominciare?).
GMGhioni
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