In terra d'Africa - Gli italiani che colonizzarono l'impero
di Emanuele Ertola
Editori Laterza, 2017
pp. 246
€ 20 (cartaceo)
€ 11,99 (e-book)
Lo studioso Emanuele Ertola ci dà l'occasione di approfondire un aspetto interessantissimo ma poco noto della storia del Novecento: la colonizzazione dell'Etiopia attuata durante il regime Fascista.
In terra d'Africa - Gli italiani che colonizzarono l'impero fornisce, infatti, un quadro completo, chiaro ed esaustivo degli anni durante i quali si sviluppò la guerra di conquista (ottobre 1935-maggio 1936), frutto della sintesi tra la spinta espansionista verso l'Africa della classe politica e l'impulso sempre caro agli italiani di cercare fortuna in America.
L'autore ci spiega come la propaganda fascista concepì un'immagine del continente nero piuttosto idealizzata e assai distante da quella che era la realtà.
Dalle parole del ministro delle Colonie Lessona possiamo carpire l'intento della classe politica che incoraggiò e favorì in ogni modo il flusso migratorio:
Purtroppo, però, i sogni degli italiani si scontrarono ben presto con la realtà di un Paese arretrato e dalle tradizioni troppo diverse per accordarsi con le idee dei nostri connazionali. Come se non bastasse, numerose erano le problematiche legate alle case ed al lavoro, come possiamo leggere in uno dei molti brani scritti dai coloni e fedelmente riportati da Ertola nel saggio:
A nulla valsero, però, gli sforzi tesi all'espansionismo da parte del nostro Paese, tanto che la politica colonialista si rivelò a tal punto fallimentare da riportare la maggioranza dei coloni in patria con i sogni orami infranti ed una situazione di povertà ancora più grave di quella che li aveva visti abbandonare l'Italia.
Nelle parole di Almerico Muzio ritroviamo tutta l'amarezza di quella generazione di avi convinti che l'Africa, in fin dei conti, potesse rivelarsi la tanto agognata terra promessa:
Emanuele Ertola fa luce su questo aspetto della nostra Storia poco studiato ed analizzato, ma ricco di insegnamenti, e lo fa attraverso gli scritti dei coloni e dei politici dell'epoca, restituendoci in maniera chiara, precisa, sistematica, le voci di coloro che quel periodo lo vissero sulla propria pelle, voci che ancora oggi possono parlare a quanti sapranno prestare loro ascolto.
Ilaria Pocaforza
Dalle parole del ministro delle Colonie Lessona possiamo carpire l'intento della classe politica che incoraggiò e favorì in ogni modo il flusso migratorio:
"noi abbiamo bisogno di collocare, dove e quando sarà possibile, nuclei rilevanti di italiani perché dobbiamo attuare, e non soltanto nel campo agricolo, una colonizzazione demografica che alleggerisca l'esuberanza di popolazione della Madre Patria, che allevii la disoccupazione, che possa dare collocamento a una immigrazione delle classi medie borghesi, come professionisti e dirigenti d'aziende, che possa anche riassorbire una parte della nostra emigrazione".Tra gli elementi di maggiore interesse Ertola pone in evidenza l'idea iniziale del regime di disciplinare il flusso migratorio, ma i ben noti caratteri della burocrazia nostrana (eccessivamente farraginosa e costituita da funzionari facilmente corruttibili) non riuscirono ad arginare i tentativi degli italiani che con metodi molto spesso illegali varcarono la frontiera benché, come abbiamo detto poc'anzi, l'Africa non fosse tra le mete più ambite tra coloro che cercavano fortuna all'estero.
Purtroppo, però, i sogni degli italiani si scontrarono ben presto con la realtà di un Paese arretrato e dalle tradizioni troppo diverse per accordarsi con le idee dei nostri connazionali. Come se non bastasse, numerose erano le problematiche legate alle case ed al lavoro, come possiamo leggere in uno dei molti brani scritti dai coloni e fedelmente riportati da Ertola nel saggio:
"Vivere in una casa di argilla e paglia, senz'acqua, senza igiene, a volte senza illuminazione, circolare nel fango in mezzo a cantieri aperti un po' dappertutto e spesso abbandonati per mancanza di materiali, (...) dover pagare tutto assai caro con uno stipendio basso, sono proprio gli inconvenienti adatti a raffreddare l'entusiasmo fomentato, prima della partenza, dai giornali della Penisola".Inoltre gli emigranti non si distribuirono lungo tutto il Paese, come aveva auspicato il regime, perché la colonizzazione italiana ebbe un carattere prettamente urbano e l'agricoltura faticò a decollare, anche per la carenza dei collegamenti che le infrastrutture avrebbero potuto garantire ma che tardarono ad essere completate:
"Le strade permanenti perché potessero presentarsi al Duce come qualcosa di realizzato, oggi dopo due anni appena sono in pessime condizioni. Non si dia la colpa alle piogge perché sulla stessa strada che va da Asmara ad Addis Abeba, ci sono dei lotti che hanno resistito e altri no a seconda delle imprese. Non è stato esercitato un serio controllo tecnico, e si son profusi miliardi con facilità. Troppa gente, troppe ditte succhiano criminalmente alle mammelle della madre patria".Altro aspetto di rilievo è quello legato all'emigrazione femminile, legata soprattutto a quella politica di procreazione portata avanti dal regime e all'esigenza di evitare il fenomeno del cosiddetto "concubinaggio" dei coloni italiani con le donne etiopi, al fine di scongiurare il meticciato.
A nulla valsero, però, gli sforzi tesi all'espansionismo da parte del nostro Paese, tanto che la politica colonialista si rivelò a tal punto fallimentare da riportare la maggioranza dei coloni in patria con i sogni orami infranti ed una situazione di povertà ancora più grave di quella che li aveva visti abbandonare l'Italia.
Nelle parole di Almerico Muzio ritroviamo tutta l'amarezza di quella generazione di avi convinti che l'Africa, in fin dei conti, potesse rivelarsi la tanto agognata terra promessa:
"Maledetta l'Africa ed il giorno che ci sono venuto".Il mito del regime capace di creare una società ideale produttiva e perfettamente fascista si infranse contro una terra ostile e che non sarebbe mai riuscita ad offrire le opportunità tanto paventate dalla madrepatria.
Emanuele Ertola fa luce su questo aspetto della nostra Storia poco studiato ed analizzato, ma ricco di insegnamenti, e lo fa attraverso gli scritti dei coloni e dei politici dell'epoca, restituendoci in maniera chiara, precisa, sistematica, le voci di coloro che quel periodo lo vissero sulla propria pelle, voci che ancora oggi possono parlare a quanti sapranno prestare loro ascolto.
Ilaria Pocaforza