di Helena Janeczek
Guanda, 2011
1^ edizione: 1997
pp. 200
€ 15 (cartaceo)
Quanti modi conoscete per parlare dei propri genitori? E quanto coraggio ci vuole per farlo? Elena Janeczek, autrice nata a Monaco di Baviera con origini ebreo-polacche, sceglie di tornare alle origini, ovvero al dolore più grande che sua madre ha potuto sopportare: la deportazione e il campo di prigionia. Tornare là insieme a sua madre vuol dire farle riattraversare il dramma vissuto in gioventù, ma anche conoscere aspetti nuovi della propria genitrice. Con lei l'io narrante condivide certamente le origini, alcune parole di polacco che però non sa ben pronunciare, l'identità continuamente messa in discussione da permessi di soggiorno, richieste di residenza, nuove lingue da imparare e in cui trovarsi a proprio agio.
Attualmente la protagonista ha la sua nuova famiglia in Italia, Paese che ama e di cui tuttavia coglie le lungaggini burocratiche nonché le contraddizioni. Sua madre resta una presenza fissa, non solo per le sue parole e i suoi gesti, ma anche per le paure che ha trasmesso involontariamente, per i rituali quotidiani, le piccole ossessioni, linguistiche e non,...
Ecco che allora nel ripercorrere la vita della madre, tra passato e presente, l'io narrante non si tira fuori, ma si confronta con quella donna tanto diversa eppure tanto simile a lei, pur segnando continuamente la distanza che le separa. Dunque, se la biografia resta mediata dall'autobiografia, ibridandosi di riflessioni, flashback, rimandi al passato, anche i racconti della Shoah e della liberazione, nonché di come vive tutto ciò la generazione successiva, sono continuamente raccordati al presente e alla storia individuale della madre.
Fare i conti con la verità non è mai semplice: la madre ha dovuto più volte trovare escamotage e piccoli inganni per sopravvivere; e forse, da allora, non ha mai smesso. Trovare l'equilibrio nuovo è ancor più complesso: l'io narrante è figlia del più grande dramma novecentesco, della spersonalizzazione, della fame, del terrore vissuto da sua madre.
Un romanzo profondamente intrecciato con la biografia e l'autobiografia, che riesce a toccare tanto i problemi attuali di tanti stranieri che chiedono la cittadinanza e che si misurano con una nuova realtà, quanto i ricordi traumatici di chi ha vissuto la Shoah in prima persona. Scrivendo anche di sé e della propria famiglia, Helena Janeczek ricorda che siamo tutti figli della storia e non possiamo sottrarci alla furia dei tempi.
GMGhioni
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