Mad. Nessun limite
di Chloé Esposito
tre60, 2017
p. 417
€ 16,80 (ebook € 10,99)
Titolo originale: Mad
Traduzione di Ilaria Katerinov
Alvina è la gemella sbagliata. Quella che ha gli organi (e le rotelle) fuori posto. Quella che è sempre seconda, sempre inadeguata. Forse per colpa di un incidente avuto da bambina, forse invece per indole – il dubbio è mantenuto aperto –, lei è la gemella cattiva. Sin da piccola Alvie trafigge bambole con gli spilli, ruba i soldi della beneficenza, sevizia cuccioli, appicca incendi, picchia Babbo Natale quando lo incontra al centro commerciale. E sin da piccola è costretta a confrontarsi continuamente con la fastidiosa perfezione della irreprensibile Elizabeth.
Ogni capitolo del romanzo è dedicato ad uno dei vizi capitali, da nessuno dei quali Alvina sembra essere immune. Ogni capitolo inizia spiegando che "è colpa di Beth" se qualcosa è andato storto nella vita della sorella, salvo poi dimostrare fattivamente che non è così. È Alvie, non Beth, la peggior nemica di Alvie. Il suo accusare continuamente la gemella è un modo per deresponsabilizzarsi e al contempo alimentare una furia sempre più distruttiva e sempre più difficile da controllare. Mentre la vita londinese di Alvina va a rotoli, a Messina Elizabeth conduce un'esistenza apparentemente perfetta, moglie del bellissimo Alessandro, amato da entrambe ai tempi dell'università, e madre del piccolo Ernesto, biondo come un cherubino.
La storia coincide con la visita di Alvina in Sicilia. Tutto si consuma nell'arco di pochi giorni, quelli che vanno dal 24 al 30 agosto, che sembrano però dilatati all'inverosimile, tante e tali sono le vicissitudini che si accavallano durante questo breve lasso di tempo. In maniera meno deliberata e più casuale di quanto il risvolto di copertina inviterebbe a credere, Alvie si trova finalmente protagonista. Una volta sfiorata la possibilità di avere tutto ciò che ha sempre desiderato, però, la giovane non è più disposta a lasciarla andare. Poco importa se il prezzo da pagare per questo è di aggiungere alle proprie molte qualifiche quella di assassina a sangue freddo. Peraltro, quando lo zelo omicida si associa ad una scarsa capacità di dominare gli impulsi e a una totale assenza di lungimiranza, la situazione può rapidamente sfuggire di mano.
In molte interviste, Chloé Esposito dipinge Alvina come un personaggio femminista: la giovane è infatti sentimentalmente indipendente, priva di istinto materno e usa gli uomini per raggiungere i propri scopi e conseguire il proprio piacere, senza averne bisogno per una piena realizzazione. Eppure la completa mancanza di empatia o moralità, l'egocentrismo e il narcisismo messi a sistema ed elevati a norma di vita, l'imperturbabilità di fronte ad eventi che dovrebbero toccarla da vicino e i comportamenti psicotici a lei associati, ben lontani dall'adesione a idee femministe (tra l'altro ben più articolate e complesse di quanto dipinto dall'autrice), spingono verso una "diagnosi" ben più inquietante.
L'impressione è che il romanzo si agganci a generi e modelli di successo (tra quelli apertamente citati Bridget Jones, le Cinquanta sfumature, Gone Girl...) per fare appello a un pubblico dai gusti facili, sensibile agli ammiccamenti di un romanzo dalla prosa basilare e fin troppo immediata e dalle frequenti derive – esplicitamente – sexy. L'iconografia della "bad girl" ha tutte le carte per piacere e qui viene esasperata all'inverosimile, fino a divenire quasi caricaturale. Al contempo, tuttavia, la narrazione appare sufficientemente disarticolata e farraginosa da impedire di leggere dietro all'opera un tentativo (o comunque un tentativo riuscito) di aderire a un'estetica camp - operazione che riesce, per esempio, a un film come Kingsman. Secret Service, geniale nelle sue derive kitsch.
Scelta rischiosa è anche quella di riprendere elementi reali e delicati della storia e della cultura italiana, come il furto della Natività di Caravaggio, ma soprattutto l'omicidio di Giovanni Falcone, in termini assolutamente superficiali, funzionali ad una vicenda criminale poco credibile (perché poco spiegata e poco sostenuta) e, si spera volutamente, grottesca.
Probabilmente pensato per una lettura di puro intrattenimento e scevra di giudizi critici o morali (e quindi tradito da una recensione che forse vuole andare troppo a fondo dove un fondo non c'è), il volume - primo di una trilogia - sarà apprezzato dagli amanti dell'umorismo macabro, da chi è stufo di personaggi patinati e/o pieni di complessi, da chi non si fa turbare dal politicamente scorretto e da un immaginario a tratti greve, da chi in un romanzo spera di trovare tanto movimento superficiale e poco scandaglio. Leggendo i pareri dei lettori su Amazon o Goodreads, può capitare di trovare qualche variante del concetto: "Alvie è una di noi". Per riassumere, il romanzo piacerà sicuramente a quelli che alla fine si troveranno d'accordo, molto poco a quelli che - a lettura ultimata - penseranno: "Speriamo proprio di no".
Carolina Pernigo
Social Network