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“Storie di matti”: un servizio di nove cristalli rotti

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Storie di matti
di Arianna Porcelli Safonov
Fazi, 2017

pp. 192
cartaceo € 16
e-book € 6,99


Pirandello differenziava tra scrittori di parole e di cose; ma la distinzione può essere valida anche tra libri di vicende e quelli di personaggi: Storie di matti fa pienamente parte di questo ultimo tipo. Nella raccolta di racconti, infatti, il lettore incontrerà nove persone che camminano sul bordo del baratro emanando vibrazioni acute di malessere, in un crescendo parossistico tale da spezzare il loro fragilissimo equilibrio. Momenti di rottura che a conclusione di volume vengono catalogati per città e per causa, come un’enciclopedia: per fare solo due esempi, ad Alghero ci sarà il pazzo d’amore classico che perde le staffe per la scomparsa della sua amata; mentre a Torino la borghese oppressa dalle pubbliche relazioni. Tutti rappresentati nei momenti vicini al franare della loro salute mentale.

Se è estremamente difficile scrivere una poesia d’amore riuscendo originali, non è molto più semplice scrivere di follia senza cadere nel già sentito. La scrittrice imbastisce un godibile libro di racconti, ma fallisce nell’impresa di trovare una chiave che sia innovativa. L’idea che «la normalità genera follia» non è proprio nell’elenco di affermazioni sorprendenti di questi anni. Come non è inusitato dividere i matti per località, basti ricordare i “repertori dei matti” di differenti città fatto da Paolo Nori. Oltre a questi aspetti, il meccanismo narrativo ripetuto per ogni folle, dà alle Storie di matti una prevedibilità che può far perdere la presa sul lettore che alla fine sa, o sospetta, all’incirca cosa accadrà al poveretto di turno.
I tratti così convenzionali e reiterati rivelano che Storie di matti non mira affatto ad una critica, ad una destabilizzazione delle convinzioni o altre attività di così alto profilo. Questi racconti vogliono intrattenere e, soprattutto, togliere la follia da una distanza di sicurezza per farla diventare incombente, persino probabile, nella quotidianità del lettore. Questa operazione riesce abbastanza bene perché proietta sui protagonisti di queste catabasi un velo di compassione e tenerezza. La comprensione che si prova fa dimenticare i misfatti di cui alle volte possono essersi macchiati i protagonisti, mettendoci a contatto con l’altrui, e in definitiva anche con la nostra, fragilità.

Gabriele Tanda