B COMICS – FUCILATE A STRISCE. SHHH!
a cura di Maurizio Ceccato (con la consulenza di Lina Monaco)
Ifix, 2016
142 pp.
Dopo aver spaccato su tutto con un bel Crack! e fatto andare la mascella con un ingordo Gnam!, ora B Comics. Fucilate a strisce è pronto a zittirsi con un sonoro Shhh!. Giunta al suo terzo volume, l'antologia a fumetti curata da Maurizio Ceccato (con la consulenza di Lina Monaco) si presenta questa volta come un gigantesca tablet, un touch-screen percorso da sottili linee in rilievo che sembrano alfabeto Braille o una pelle di serpente. Poco importa: Ceccato ci sta solo avvisando che a questo giro dobbiamo acuire i nostri sensi e dimenticarci per qualche ora della parola scritta. I rumori, quelli no. In Shhh! c'è silenzio perché non parla nessuno, non per limiti tecnici o per imposizione, e infatti si tratta di un silenzio naturale di cui percepiamo ogni sfumatura.
Ma ora passiamo ai fumetti, che le storie sono mute ma hanno tanto da dire.
ORIGAMI di Valentina Sozzi
L'atmosfera nel fumetto di Valentina Sozzi è quella del racconto per l'infanzia. In un mondo incollato insieme come in un collage, un foglio cade dal cielo e viene raccolto da un bambino che comincia a cercare qualcuno in grado di piegarlo. Valentina Sozzi gestisce così bene la recitazione del suo protagonista da rendere questa caratteristica la reale motivazione per cui lo seguiamo nel suo peregrinare. Le sue corse, i suoi sguardi minimali, quel naso rosso che diventa il centro di ogni vignetta, la freccetta che dirige il nostro sguardo verso la vegetazione e le creature che la abitano e la cui ricchezza ci viene svelata tavola dopo tavola aumentando il nostro innocente senso di sorpresa. È con l'ultima tavola però che Origami stupisce. Con un colpo di scena gestito in maniera molto naturale, la Sozzi ribalta l'atmosfera infantile velandola di una malinconia inaspettata che aggiunge notevole spessore al suo racconto.
D. di Davide AuriliaPelle biancastra, capello unto, monociglione, camicia a quadri e lineamenti grossolani. Espressione impassibile, occhiali spessi come fondi di bottiglia, colorito pallido, e cappellino con visiera che nasconde una fronte troppo bassa. Anche se molto diversi sul piano fisico, i due protagonisti del fumetto di Davide Aurilia hanno tre cose in comune: imbracciano un fucile, sono inquietanti e potrebbero essere i responsabili di un omicidio. D. è un thriller che gioca sui pregiudizi lombrosiani del lettore, creando sospetti con una griglia fittissima che registra ogni minimo movimento concedendosi solo pochissimi momenti in cui la vignetta si allargare per mostrarci una natura selvatica e incontaminata, come gli istinti dei due personaggi.
CARMINA di Silvia Righetti
Nella storia di Silvia Righetti una serata in discoteca si trasforma in un horror gotico imbastardito da momenti psichedelici. Il risultato è un mix inquietante che rimanda a Romero e Carpenter ma sopratutto all'innocenza esoterica cara a Niccolò Pellizzon, cui la Righetti toglie la componente misteriosa e inconoscibile per accentuare invece con le sue matite espressioniste lo sbigottimento per il perturbante che contamina la realtà. Il racconto regge più per i suoi momenti da b-movie (ed è un complimento) e per alcune emozioni che irrompono prepotentemente in scena, che per i toni moraleggianti che ne depotenziano la portata.
LUNEDÌ di Alessandra Romagnoli
Non tira un alito di vento nell'appartamento in cui è ambientato Lunedì. Le lenzuola sembrano scolpite nel marmo, il pavimento lucido è un lago senza nemmeno un'increspatura. Alessandra Romagnoli ci racconta la storia di un appartamento nei cui angoli si nasconde un quotidiano fatto di un ordine e di un silenzio sottilmente inquietante. Regna la calma in ogni inquadratura eppure il lettore si agita, non è mai a proprio agio, vuoi perché si ritrova a fare il voyeur in un appartamento sconosciuto anche quando i suoi occhi diventano quelli di una gazza (peraltro momento di grande regia della Romagnoli), vuoi perché la tranquillità che regna sembra più uno stallo, l'attesa di un evento. Eccolo arrivare come un refolo d'aria, smuove il lembo di una tenda e noi scopriamo la verità. Il fumetto della Romagnoli è un piccolo gioiello di regia e atmosfera, con uno storytelling solidissimo capace di rendere non solo interessante, ma anche emotivamente potente una storia (e un punto di vista) sicuramente non nuovi.
GRAVITÀ di Simone Peracchi
La prima cosa che salta all'occhio nel lavoro di Peracchi è la riuscita scelta di un naturalismo sintetico, che persegue un realismo di anatomie e ambienti calcando una strada non facile, quella della luce che semplifica e modella i volumi. Non è forse un caso che l'unico colore che non subisce questo trattamento sia il bianco, steso in maniera uniforme e spietata: è la luna che buca il cielo, i fili d'erba che tagliano una vignetta, il vuoto, un frutto, una nuvola, la pioggia, le fauci, un insetto. È anche il riflesso che anima gli occhi dei primati protagonisti della storia, la luce che rende credibili e umane le loro reazioni e le loro emozioni. Non facile costruire una storia così semplice e antica come quella di Gravità, e trovare ancora il modo per renderla interessante.
ZEITNOT di Andrea Chronopoulos
Non faccio mistero di avere un debole per lo storytelling di Andrea Chronopoulos. Mi piace il modulo a vignette quadrate che utilizza per creare una narrazione incessante che però basa tutto sul mistero e il progressivo svelamento della scoperta dei personaggi e della loro missione. Per esempio in Zeitnot dobbiamo attendere cinque tavole (su dieci) prima di conoscere qualcosa sul protagonista. Cinque tavole che sono un mosaico di telefonate misteriose volti preoccupati, scatole intarsiate, fronti sudate, pistole e improvvise partenze che sembrano sempre e comunque delle fughe. Così basta la comparsa di una scacchiera e di un improvviso allargamento della vignetta per aggiungere una dimensione metafisica a quello che finora sembrava un semplice thriller. Zeitnot diventa una sorta di Samarcanda aggiornato agli anni Settanta, dove lo stile geometrico di Chronopoulos non si limita a ricostruire design e architetture in maniera efficace ed evocativa (guardate ancora la sesta tavola), ma è perfetto per descrivere le emozioni del personaggio attraverso una semplicità e un'efficacia che ricorda certi cartoon di quegli anni.
LINFA ARBOREA di Francesco Panatta (guitar_boy)
Il fumetto di Panatta pare inizialmente il più decifrabile del lotto, se non nella storia perlomeno nel segno. Il tratto dell'autore rimanda in maniera esplicita a Charles Burns, al Daniel Clowes più lynchiano e non disdegna neppure qualche richiamo ai primi lavori di Squaz. Anche le atmosfere non sembrano regalarci grandi sorprese: c'è la periferia, c'è (ancora) David Lynch e ci sono dei toni inquietanti che Panatta non si prende mai la briga di spiegarci. Insomma, si potrebbe accusare Linfa arborea di una certa prevedibilità (e forse è persino vero), però tutto funziona proprio come dovrebbe. Panatta gestisce la sua storia con sicurezza, accumula simboli e li fa vivere con tavole di grande impatto (il montaggio col volto del protagonista e il muso del lupo, l'onomatopea che avvolge l'albero e fa cascare il protagonista), aggiunge senso di mistero e smarrimento facendoci perdere nel bosco insieme al personaggio, e nel momento più alto del climax ci turba con immagini crude e una inaspettata svolta cosmo-lisergica, l'unico elemento del tutto originale e anche quello che convince di più per impatto visivo e perturbante. Se questo ci dà un senso di compiutezza, l'immagine finale ci fa ritornare al nostro oscuro e insicuro mondo misterioso.
QFWFQ di Gloria Pizzilli
Chi sa come funziona la mia testa farebbe bene a spiegarmelo il prima possibile. Ho letto questo terzo capitolo di B comics ormai qualche mese fa e se qualcuno mi avesse chiesto cosa ricordavo delle storie, avrei risposto senza pensarci due volte che erano quelle quattro vignette della storia di Gloria Pizzilli in cui un box doccia diventa l'ascensore per un mondo parallelo. Ho cercato in questi mesi di capire il perché: che sia forse per la straordinaria capacità di sintesi con cui ci racconta il passaggio a un'altra dimensione? O forse quel modo naturale con cui l'ordinario diventa straordinario? Non saprei dire, eppure lo confermo: dopo svariate riletture quelle quattro vignette mi sembrano ancora potentissime ed efficaci. Poi attorno a esse ruota anche una storia che comincia con le atmosfere da casalinghe disperate per ammantarsi subito dopo di un erotismo alieno (complice anche una doppia tavola con uno degli spogliarelli più strani e intriganti che mi sia capitato di vedere) e finire col raccontare una fuga dalla realtà (o dall'irrealtà) della vita sul Pianeta Terra.
HIC SUNT DRACONES di Niccolò Tonelli
Nonostante il titolo, nel fumetto di Niccolò Tonelli non ci sono draghi. C'è un principe azzurro, una principessa da salvare e dei mostri da squartare. Non ci sono draghi, ci sono però la paura e il terrore suscitati dalla loro probabile esistenza. Ed è suggerendo questa possibilità che Hic sunt dracones avanza, sfruttando la lunga fuga dei protagonisti, che Tonelli è capace di ammantare di eroismo e romanticismo, ma sopratutto con l'idea di un pericolo a cui si può sfuggire, di mostri piazzati lì giusto per poter dimostrare il coraggio dell'eroe e la bontà del suo sentimento. Scampato così dalla sensazione del reale pericolo, il lettore (insieme all'eroe) si rifugia nella contemplazioni delle gesta eroiche, finché Tonelli ribalta le carte in tavole con un finale per nulla rassicurante che si fa beffe dell'eroe e dei suoi ideali. Questo inaspettato fantasy stupisce anche per i suoi toni acidi, che aiutano a creare un'atmosfera da tramonto andato a male, il cui naturale lirismo risulta inevitabilmente corrotto.
NPHON di Davide Abbati
NPHON di Davide Abbati
Penso che il complimento migliore che si possa fare al fumetto di Davide Abbati, è che potrebbe benissimo essere un cortometraggio Pixar. È affascinante, poetico, a tratti spaventoso, il tutto senza nessuna forzatura nella scrittura o nel disegno (sinuoso e liquido come richiesto dalla storia). Ecco, forse il limite di Nphòn è che i toni e la storia non sono propriamente originali e faticano a lasciare davvero un segno nel lettore.
Rispetto ai numeri precedenti, Shhh! sembra meno prorompente e aggressivo, apparentemente poco propenso a rompere gli schemi del fumetto italiano. In realtà la qualità generale così sorprendentemente alta afferma l'esatto contrario. Se nei numeri precedenti Ceccato e gli autori ci avevano proposto fumetti magari non perfettamente riusciti ma ricchi di idee grafiche e/o narrative, in questo terzo volume ci vengono proposte storie meno allucinanti ma più precise, sorrette da una narrazione molto più solida e più convincenti da un punto di vista generale. B Comics. Fucilate a strisce smette di essere quindi il laboratorio di uno scienziato pazzo e dei suoi esperimenti visionari, e diventa la bottega di una sarto capace di cucirti addosso una storia perfetta.
Matteo Contin
@matteocontin