Bello, elegante e con la fede al dito
di Andrea Vitali
Garzanti, 2017
267 pp.
18,60 € (cartaceo)
9,99 € (ebook)
Una volta, non ricordo esattamente dove, lessi di questo paragone, che mi sembrò davvero calzante: cominciare un nuovo romanzo assomiglia al momento in cui si entra in mare; all'inizio, piano piano, ci si bagna solo i piedi, per prendere confidenza con la temperatura dell'acqua, poi si entra sempre di più, gambe, pancia, schiena... fino a che ci si lascia andare completamente tra le onde. Lo stesso avviene per un nuovo libro: prima, piano piano, si prende confidenza con la nuova storia, si conoscono i nuovi personaggi, e poi, finalmente, ci si lascia andare facendosi portare dal ritmo della narrazione. Ecco, invece con i libri di Vitali succede esattamente come, avete presente?, come quando ci si tuffa da un trampolino o da una barca... un salto, un attimo solo e si è già nel blu. Basta leggere le prime righe e si è già immersi nella storia. E questo capita sia ai lettori di vecchia data che, immediatamente, si ritrovano sulle rive del lago di Como, tra i personaggi che, seppur con nomi diversi, sembrano (e sono) abitanti dello stesso paese. Quelli appena lasciati nel libro precedente. Ma capita anche a chi si accosta a un suo romanzo per la prima volta (che raramente sarà poi l'ultima).
Ed eccoci qui, allora, a Bellano, a metà degli anni 60. Facciamo subito conoscenza con il dottor Adalberto Casteggi, oculista milanese, e con l'affascinante Rosa Pescegalli, 36 anni, ancora non maritata (dettaglio non proprio trascurabile, dati i tempi), proprietaria del negozio di profumeria Da Rosa, tutto per la bellezza. Sarà la storia del loro amore, extraconiugale solo in un certo senso, come si scoprirà poi, a costituire l'ossatura del romanzo. Ed è lo spunto da cui poi si dipana un'altra vicenda, perché la Rosa (detto proprio così, alla lombarda), non può certo dimenticare la sua più grande storia d'amore di gioventù, quella intrecciata con Salvatore Locitri, calciatore, per la precisione terzino sinistro, figlio di meridionali, comprato dalla Società calcio Lecco per la stagione 1955/56. Un fidanzamento quasi ufficiale, finito per colpa di quella smorfiosa della Zigrina Aminetti, che glielo ha soffiato sotto il naso. Da allora la Rosa si era detta che, basta!, nessun uomo avrebbe più potuto prenderla impunemente in giro. Tanto più che con gli anni, la Rosa, si era presa una bella rivincita, visto che il bel calciatore nel frattempo era diventato un po' zoppo, per via di una caduta, non aveva quasi più capelli, salvo innumerevoli riporti che cercavano di coprire la "piazza" e aveva la pancia, ma una pancia!, come se si fosse mangiato il pallone. Per cui la Rosa si consolava del pericolo scampato. Adesso poi che stava imbastendo questa nuova storia d'amore con il bel dottore cittadino... ma ecco che un giorno entra la Zigrina in negozio. Sfoggiando un bel paio d'occhiali alla gatta. Ma quegli occhiali... non sono quelli che... nella casa del medico... da qui parte in quarta il racconto con accelerazioni e colpi di scena.
Vitali, che ormai da anni ha abbandonato la professione di medico per dedicarsi completamente alla scrittura, sa esattamente quali sono le tecniche per tenere il lettore avvinto alla scena raccontata, a partire dai capitoli, brevi e costruiti in modo che la fine di uno preluda già all'inizio dell'altro. Sicché chi legge, spinto dalla curiosità, è indotto a proseguire. E divora i capitoli, uno dopo l'altro. Come ciliegie, unite e golose.
Vitali è maestro poi delle sequenze descrittive, nelle quali sa introdurre i personaggi così bene, in modo così gustoso, raccontandone storia e aneddoti del passato, che al lettore sembra di conoscerli da sempre. E anche i dialoghi non sono da meno, con la sapiente alternanza tra discorso diretto e monologo interiore, che risulta oltremodo spassosa nel momento in cui sentiamo ciò che dice il personaggio, mentre contemporaneamente leggiamo ciò che pensa.
E a proposito di spassoso, un capitolo a parte lo meritano i nomi che l'autore assegna ai suoi personaggi, dai principali fino alle comparse (uomini e donne che magari entrano in scena una volta soltanto, ma che sono sempre definiti per nome, cognome e, spesso e volentieri, per soprannome, come si usa in ogni paese che si rispetti). In un'intervista, tempo addietro, Vitali aveva asserito di trovare questi nomi, assai stravaganti, scorrendo la rubrica del telefono, attingendo all'elenco dei suoi pazienti in qualità di medico condotto, ascoltando le chiacchiere di paese, ma poi anche facendo ricorso alla fantasia. Per renderli più vividi e coloriti. Ecco allora, in quest'ultimo romanzo, l'Emerito, la Bernice, l'Imelina, e Gino Rauchi, che con quel cognome era certamente la persona più adatta per fare lo speaker ufficiale della sagra di paese. Personaggi che abitano Bellano, o i paesi vicini affacciati sul lago, e che tranquillamente li immaginiamo vicini di casa dei protagonisti dei precedenti libri di Vitali: la Filzina e l'Eufrasia Sofistrà (Olive comprese), la Diomira, il Lepido, il Manichetta (La leggenda del morto contento), il Romeo Gargassa, l'Eutrice, la Gerbera e l'Austera (La modista), la Cirene e il Còrega (Il segreto di Ortelia), il maresciallo Maccadò. E innumerevoli altri. Tutti ben caratterizzati, dall'aspetto fisico e dal lavoro che fanno, come le statuine di un presepe. Che si muovono in un piccolo mondo, ben lontano dalle vicende della grande Storia.
Con la morte di Patrio Mirabelli, il 1 luglio 1940, e della moglie, la vigilia di Natale di quello stesso anno, Bernice aveva sentito che una lunga parentesi della sua vita si era chiusa per sempre. Nemmeno la guerra, tanto lontana nei titoli dei giornali, le era sembrata così tranciante nel modificare le prospettive del suo futuro.
Così pensa Bernice, la madre della protagonista, Rosa. Ma forse è proprio in questa lontananza dai grandi avvenimenti che si coglie, in un certo senso, una possibile debolezza di quest'ultimo romanzo di Andrea Vitali. Che risulta forse troppo chiuso in una sola vicenda, che, stringi stringi, è la storia di due donne che si contendono un uomo. O forse due. Ecco, laddove c'è un respiro maggiore, dove, anche se con leggerezza, gli avvenimenti del mondo esterno fanno la propria comparsa anche a Bellano, coinvolgendo gli abitanti (non fosse altro che l'inaugurazione della nuova linea di idrovolanti, come ne La figlia del podestà o l'eco della costruzione della ferrovia che unirà Milano alla Valtellina) il racconto prende il volo. Qui, giunti a un certo punto, la trama risulta più asfittica, scivolando verso la china di una letteratura fin troppo rosa. Ecco perché, a parer mio, questo forse non è il più ispirato dei romanzi di Vitali. Anche se la verve rimane comunque gustosa e piacevole. La scrittura sempre ironica e leggera e il divertimento assicurato. Una lettura quindi che rimane consigliata per chi desidera prendersi un paio di pomeriggi di serenità e chiacchiere.
Forse non sarà alta letteratura. Ma Vitali sa raccontare bene. Molto. E scusate se è poco!
Sabrina Miglio