The Store
di James Patterson con Richard DiLallo
Longanesi, 2017
Traduzione di F. Garlaschelli
pp. 305
€ 16,40 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Alla parola "distopia" oggi, probabilmente gli amanti di serie tv pensano a Black Mirror, alcuni lettori a Hunger Games, altri tornano a classici di Bradbury, Orwell, Huxley per citare solo alcuni grandi nomi. Ma se volessimo intrecciare la minaccia dell'avanzamento tecnologico a un potere accentratore, più economico che politico, a cosa penseremmo? La risposta sta già nel titolo del romanzo di Patterson: The Store. Un enorme centro commerciale virtuale, dove è possibile ordinare di tutto, perché dopo il primo successo nella vendita di libri, si è aperto alla vendita di qualsiasi oggetto, pur di soddisfare il suo cliente, a cui non è neanche richiesto di uscire di casa per il ritiro del pacco. Sì, impossibile non pensare a quel colosso che sta concentrando l'e-commerce nelle sue mani già adesso, tanto più che Patterson ha già ingaggiato più e più lotte contro il colosso dei digital bookstore (e di quello in particolare), a salvaguardia delle librerie indipendenti. E le polemiche, a partire dalla pubblicazione di The Store, non sono mancate.
Ma andiamo con ordine: la vicenda si apre con una fuga a perdifiato (e in queste scene d'azione Patterson è un mago, lo sa bene chi ama la sua saga di Alex Cross): il protagonista, Jacob, sta correndo per raggiungere la sua agente letteraria e tra le mani stringe un enorme manoscritto, intitolato "2020". Perché è inseguito? E da chi, soprattutto? Per scoprirlo, la narrazione si interrompe prima di farci sapere se Jacob riuscirà a consegnare e pubblicare il libro e ci riporta indietro nel tempo. Per la precisione, a otto mesi prima, quando Jacob e sua moglie Megan arrivano alla triste decisione di ricorrere all'autopubblicazione della propria ricerca sulla nascita del rap e ricorrono alla piattaforma di The Store. All'inizio, tutto bene, poi un'improvvisa marcia indietro da parte degli addetti online: il libro viene rifiutato senza tante spiegazioni e con messaggi impersonali.
Qualcosa non va, Jacob lo sente e vuole indagare, un po' per fare chiarezza, un po' perché lui e Megan credevano in quel libro per risollevare le sorti economiche della famiglia. Dunque, ecco che senza tante cerimonie né difficoltà marito e moglie fanno richiesta di assunzione a The Store e si trasferiscono con i due figli adolescenti nella cittadina di New Burg, in Nebraska. Qui, non solo vivono con i colleghi di The Store, ma addirittura tutti sanno ogni cosa sulla vita di Jacob e della sua famiglia: non solamente i loro nomi, ma anche le abitudini, i gusti, dove sono diretti,... Vi mette ansia? Bene, non è che l'inizio.
Non ci vuole molto per accorgersi che, da buon romanzo distopico che si rispetti, nella casa offerta dall'azienda ci sono cimici che vengono continuamente sostituite; in più, qualcuno si introduce in cucina a rifornire la dispensa dei cibi preferiti dalla famiglia e non mancano gli oggetti spostati nelle varie stanze. Per quanto ci si ribelli, la situazione è questa: a New Burg, i vicini di casa vengono a dare il benvenuto e si rendono utili, certo, ma possono anche presentarsi a casa vostra per una birra fuori dal vostro programma (ma nel loro programma). Tutto è organizzato, in modo tale che per Jacob sia sempre più difficile compiere la sua missione: scrivere un libro di denuncia su The Store e pubblicarlo.
A peggiorare la situazione, la capacità che ha il sistema di The Store di integrare i nuovi arrivati; il tutto senza apparenti costrizioni, ma con "tranquillità", vero motto presente ovunque, ripetuto anche in circostanze decisamente paradossali. E mentre la domanda: "di chi ci possiamo fidare?" rintocca senza risposta, o con risposte contraddittorie, Jacob osserva con inquietante lucidità i suoi famigliari che si avvicinano pericolosamente al nemico...
Riuscirà Jacob a tenere la sua famiglia fuori dalla rete tentacolare e magnetica di The Store? E lui ce la farà a pubblicare il romanzo di denuncia? Ma, soprattutto, si salverà? Un bel romanzo pieno di suspense come Patterson sa fare, ma calato nell'atmosfera distopica di un futuro decisamente vicino al nostro (molto più prossimo di quanto la tradizione ci avesse abituato). Fulminante nei dialoghi, concitato nell'azione, pericolosamente verosimile pur nelle esagerazioni richieste dal genere.
GMGhioni
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