di Arno Saar
Mondadori, 2016
pp. 166
€ 17
Marko Kurismaa, commissario di polizia a Tallinn, soffre di
narcolessia: il sonno che di notte non arriva mai lo sorprende
durante il giorno, tenendolo in uno stato quasi allucinatorio. Viene
chiamato ad occuparsi di un caso spinoso: è stato trovato un uomo di
nazionalità russa morto avvelenato a bordo del treno arrivato da San
Pietroburgo. Un omicidio che potrebbe diventare un caso diplomatico,
viste le tensioni tra l'Est Europa e l'ex Unione Sovietica. La vittima è un
losco affarista, con una moglie giovane che forse aveva un amante
altrettanto malavitoso. C'è questo triangolo sentimentale che si
svolge tra la Russia e l'Estonia alla base del delitto? O forse è
stato Hillar Sirp, un violento buttafuori presente sul treno quella
notte?
L'assassinio sul
treno non può non richiamare subito Agatha Christie, e in effetti
questo libro è anche un omaggio al giallo tradizionale; ha un
andamento classico, con le parti descrittive impreziosite da una
scrittura ricca. Il protagonista è delineato molto bene, senza che
questo significhi per il lettore conoscerlo profondamente: lo stile
dell'autore ce lo fa infatti guardare sempre dall'esterno; la
narrazione, che, lo ripetiamo, è veramente ben formulata, non
diventa mai condivisione delle passioni del commissario.
“Dietro lo
pseudonimo di Arno Saar si nasconde un importante scrittore italiano”
si legge sull'aletta anteriore del libro, pubblicato nel 2016.
Ora che esce la seconda indagine di Marko Kurismaa il segreto è
stato svelato: La
neve sotto la neve è
infatti firmato da Alessandro Perissinotto, che ha abbandonato (suo
malgrado) il nom
de plume.
È difficile dire
se, leggendo il romanzo senza sapere l'identità italiana dello scrittore,
ci si possa accorgere di non trovarsi di fronte ad un autoree
estone. La mia impressione è che si percepisce che le costruzioni
delle frasi, proprio perché particolarmente riuscite, non sono
traduzioni da altre lingue, ma potrebbe essere una suggestione che
deriva dal sapere chi si nasconde dietro Saar. Sicuramente
Perissinotto conosce i luoghi in cui ha ambientato la sua storia: la
Tallinn odierna, una normale città del capitalismo occidentale,
conserva tracce del suo passato socialista non solo nei palazzi
d'epoca ma anche nelle memorie dei personaggi. Un'identità
ingombrante, fatta di aneddoti legati ad un regime che invadeva ogni
aspetto della vita quotidiana. Lo sa bene il protagonista, il cui
padre è stato un professore universitario dissidente, arrestato, che
ha segnato con le sue vicende anche la storia degli figlio. Per Marko
è dunque una questione familiare e personale: il comunismo gli ha
portato via la giovinezza privandolo della leggerezza tipica di
quell'età, una condizione che lui non ha mai potuto provare e che
rimpiange ancora.
In Estonia il
risentimento nei confronti dei russi è molto forte ed è ricambiato.
Nella terra di confine dove si trova ad indagare Kurismaa, basta
ordinare una vodka nella lingua sbagliata per attirarsi la diffidenza
degli altri.
Il finale passa
dal giallo classico al noir, ed è uno dei momenti più belli del
libro, che fa de Il
treno per Tallinn
un interessante romanzo di genere contemporaneo. Il secondo volume
lascia ben sperare: la serialità italiana ha trovato un nuovo
protagonista?
Nicola Campostori