Chiara Francini, fiorentina doc, si laurea in Lettere con una tesi in italianistica e si forma professionalmente al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino. Lavora per il teatro e in televisione come attrice, ma anche come conduttrice a Domenica In con Pippo Baudo.
In Non parlare con la bocca piena (Rizzoli), il suo romanzo d’esordio, Chiara racconta la quotidianità di una famiglia e quella della protagonista: Chiara.
Non si stratta di una famiglia “classica”, ma di una coppia di omosessuali che crescono Chiara con allegria, canto, armonia e tanto calore.
La protagonista ritorna, dopo avere rotto con il fidanzato Federico, nella casa dove è cresciuta e dove, oltre ai suoi due papà, era ed è circondata da numerosi personaggi amici dei genitori.
I co-protagonisti sono persone stravaganti, bizzarre, amanti della lirica, del teatro, del buon cibo, ma soprattutto sono persone che sanno amare.
Tra soprannomi e gesti rituali tutti i personaggi sono ben delineati nella loro atipicità. Talvolta risultano grotteschi e fuori dal tempo, ma ognuno rappresenta per Chiara un esempio e un sostegno.
Per alcuni aspetti questo romanzo potrebbe essere considerato un romanzo di formazione, nel senso che la protagonista cresce attraverso la sofferenza, la fine di un amore (che forse non finisce), la perdita di un grande affetto e il senso di impotenza di fronte ad una realtà che non riesce completamente a gestire.
I ricordi e i proverbi che “sanno di caffellatte” rendono Chiara sempre più matura di fronte alle piccole e grandi incertezze della vita, facendola diventare forte perché amata (p. 126).
Numerosi sono gli spunti per riflettere sul concetto di maternità come valore universale, di amicizia come “amore supremo”, di fiducia e rispetto per le diversità, le abitudini e le peculiarità di ogni individuo.
In tutto il romanzo si percepisce il calore dell’amore, il sapore delle caramelle consolatorie Galatine, il profumo del caffè, di coperte che scaldano l’anima, di ricordi che profumano di casa, sempre in un clima di totale libertà.
Non ci sono giudizi o pregiudizi verso le scelte dei protagonisti, sia in tema di sessualità che per gli aspetti comportamentali. In tutto il romanzo aleggia un senso di equilibrio che si può sempre raggiungere, di certezze che si possono trovare o recuperare (anche attraverso le abitudini), di rispetto verso le scelte di ognuno.
L’amicizia e la lealtà delle Supreme (il gruppo dei co-protagonisti amici dei due papà di Chiara), sono un esempio da seguire, pur nelle loro vite un po’ fuori dagli schemi. L’amicizia viene vista come rifugio, accoglienza e anche accudimento. Ed è proprio attraverso l’amicizia delle Supreme che Chiara si forma e impara a guardare anche in modo roseo la realtà e il futuro.
Lo stile è fresco, allegro, l’ironia gioca un ruolo fondamentale in tutto il romanzo. L’autrice utilizza un gergo ricercato, padroneggia la lingua italiana in un modo sublime, anche se talvolta la ricercatezza linguistica appare troppo enfatica.
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Abbiamo incontrato Chiara Francini a Vigevano. Colorata e allegra ha risposto alle nostre domande con un sorriso coinvolgente.
Nel romanzo si respira una profonda aria di libertà, cosa è per te la libertà?
Per me è poter essere se stessi, imparare a piacersi e ad apprezzarsi. Poter gustare i piccoli momenti e, nei confronti degli altri, essere tolleranti. Ognuno ha il diritto di essere se stesso sempre e comunque.
Le Supreme sono personaggi ben delineati e molto atipici, dove hai preso spunto per descriverle nel romanzo? Sono personaggi assolutamente reali, costruiti unendo le caratteristiche di persone che ho incontrato nella vita. Ho cercato di cogliere storie che mi hanno affascinata, in linea con il mio sentire, con i valori nei quali credo: un puzzle che ho ricostruito con la voglia di mettermi in gioco.
Per Chiara nel romanzo “l’amicizia è come l’amore supremo”. Qual è la differenza tra amore e amicizia? E tra persone di sesso diverso è la stessa cosa?
Non esistono differenze tra sessi diversi, l’amicizia è un valore nel quale credo da sempre, il mio migliore amico è un uomo.
L’amore è come un bambino, cresce e inevitabilmente si trasforma. Solo accettando questi cambiamenti si può mantenere vivo un rapporto e si riesce ad essere sereni. Si può amare ad ogni età.
L’amicizia è un sentimento di amore supremo, senza implicazioni, ritengo che sia la concezione liturgica dell’amore.
Nel romanzo c’è molta idea di casa, di calore, bellissima l’idea del piano pantofolaio. Nella tua casa qual è la stanza dove senti di più questa emozione?
In questo somiglio a Chiara, adoro stare nel salotto di casa mia, mi rilasso mangiando sul divano con la coperta e i gatti che mi scaldano, e con le briciole che mi scendono sulla camicia e sul pavimento. Spesso mi siedo anche a terra, perché in questo modo, come Chiara nel libro, riesco a guardare verso l’alto, avanti, anche se devo affrontare difficoltà.
Amo le piccole gioie della vita, la normalità dei piccoli gesti e le serate con i miei affetti.
Il ruolo dell’ascolto è molto forte nel libro. Tu chi ascolti con più attenzione?
La mia mamma è da sempre il mio punto di riferimento, mi critica e mi stimola in modo positivo. E poi c’è Fredrick il mio compagno e Francesco il mio amico più caro.
Nel libro Chiara vive tra i ricordi, ma poi si proietta verso il futuro. E tu Chiara quali sogni hai realizzato e quali vorresti ancora realizzare?
Io mi sento come una bimba che gioca al suo gioco preferito e che continua a giocare come se fosse piccola. Quando scrivo mi diverto e mi sento come quando da piccola giocavo ad incollare con il vinavil carte a colori.
Mi piace l’idea di esprimermi tratteggiando personaggi femminili, veri, che non abbiano paura di mostrare le proprie stranezze. Del resto ognuno di noi è proprio unico.
A proposito…ho già scritto la sinossi del prossimo libro!
A Criticaletteraria parliamo di libri, che libro stai leggendo in questo momento?
Leggo generi diversi, in questo momento ho in lettura “Il viaggio della regina” di Noel Coward, un testo arguto, intelligente, leggero e decisamente “british”.