Il giardino di Elizabeth,
di Elizabeth Von Arnim
Fazi Editore, 2017
Traduzione di Sabina Terziani
pp. 180
€16,50 (copertina flessibile)
€7,99 (e-book)
Erano due paradisi in uno vivere da soli in Paradiso.
Elizabeth vive nel suo mondo in una maniera non completamente eremitica, ma lasciando che gli altri intravedano appena la sua presenza. Si nasconde dal mondo esterno riparandosi dietro le siepi del giardino dell’ex convento di proprietà del marito, un luogo isolato e carico di storia in Pomerania, facendo sì quindi che solo lo sfinito ed esperto giardiniere, la cameriera accondiscendente e la tata accomodante si rendano conto della sua esistenza. Elizabeth non c’è mai veramente per nessuno, a patto che non sia un essere vivente che con cura e apprensione ha piantato nelle aiuole del suo angolo di paradiso o una delle sue tre figlie («La mia bambina più grande, nata in aprile, ha cinque anni; la più piccola, nata a giugno, ne ha tre: il lettore perspicace saprà quindi indovinare l’età della bimba di mezzo, nata a maggio»). Tutto il resto viene lasciato fuori, con grande apprensione delle matrone che a malincuore ogni tanto Elizabeth è costretta a visitare e che ritengono che la sua solitudine sia stata una feroce imposizione del marito. Elizabeth, è vero, lo soprannomina l'Uomo della collera, non per averla costretta a prendersi cura del convento di famiglia, ma per il motivo esattamente contrario, averla cioè incatenata ad anni di vita cittadina forzata lontana dal suo Paradiso. Incredula di fronte alle opinioni delle nibildonne di campagna ribatte senza indugi:
«L’inverno mi è piaciuto tantissimo», ho insistito io, quando si sono placate un po’. «Sono andata in slitta e ho pattinato, e poi c’erano le bambine, e scaffali e scaffali pieni di...», stavo per dire “libri”, ma mi sono fermata. Leggere è un’occupazione maschile; una donna che legge spreca il suo tempo in modo riprovevole.
In questo passo c’è tutta l’intensità etica e morale che Il giardino di Elizabeth restituisce al lettore contemporaneo, a quasi centovent’anni di distanza dalla sua prima pubblicazione in forma anonima. Perché se è vero che il giardino viene presentato come una vera e propria oasi, parentesi di una pace colorata, profumata e silenziosa, dove:
Quando giunse quel momento, quando fiorirono anche le acacie, e quattro grandi cespugli di peonie di un tenue rosa argenteo sbocciarono sotto le finestre volte a sud, sentii un’assoluta, beata felicità, una gratitudine, una riconoscenza tali che non trovo le parole per descrivere queste sensazioni
e quando mancano a Elizabeth le parole, è tutto il mondo da lei descritto a parlare in sua vece, è il risvolto profondo e sociale a trasformare il diario una vera affermazione del ruolo della donna nella società moderna. Nella cura delle piante e dei fiori, nella maternità, nel trascorrere delle stagioni, nella fuga dalla distruttività dei rapporti sociali, Elizabeth sente autentica la determinazione a essere qualcosa di più di una buona moglie tedesca. La natura, come l’uomo, dev’essere libera. E, sotto le mentite e raffinate spoglie di un inno alla intensa bellezza della vegetazione, una donna più matura del tempo in cui vive ci parla di un modo – così moderno – di vivere il conflitto tra libertà e oppressione. Il lavoro dei domestici non viene mai svilito o considerato necessario alla serenità della vita quotidiana dei nobili ma le attività a cui sono costretti
Per me sono una trovata del Maligno per impedire ai più ingenui di applicarsi alla ricerca della saggezza.
Tanto che lei stessa decide di cimentarsi in prima persona in attività di fatica, salvo dichiarare con franchezza e sincerità al suo fidato di diario di non riuscire a parlarne apertamente proprio per i pregiudizi che circondano la figura femminile e degli umili:
Perché me ne vergogno? Non è un certo un’attività elegante e fa sudare, benché sia un lavoro benedetto, e se nel Paradiso terrestre Eva avesse avuto una vanga e la capacità di usarla, ci saremmo risparmiati la vicenda incresciosa della mela.Il giardino di Elizabeth possiede quella dolcezza intima che chiunque, come me, abbia tenuto un diario per una parte più o meno consistente della sua vita riconosce con familiarità e che rende la lettura un’oasi di pace dal mondo esterno dallo stesso effetto rigenerante che il giardino concede alla sua proprietaria, senza scadere nella mera lettura di passatempo ma lasciando uno spaccato di vita e di pensieri sempre attuali e su cui riflettere, tra gli altri la bellezza delle cose semplici:
Eppure in primavera per me la felicità nasce in gran parte dal profumo della terra bagnata e delle foglioline nuove.
Federica Privitera