La squadra spezzata
di Luigi Bolognini
66thand2nd, 2016
Pp. 154
€ 17
Negli ultimi tempi la letteratura sportiva, sia "scritta" che "parlata", anche in Italia, si è segnalata per una vivacità e un'autorevolezza che, soltanto fino a pochi anni sarebbe stato difficilmente pensabile. La squadra spezzata di Luigi Bolognini uscito per 66thand2nd non fa altro che confermare questo stato di grazia della letteratura sportiva contemporanea. Anzi si può anche considerare La squadra spezzata come un ottimo libro tout-court, ovvero respingendo e non considerando le strette divisioni di genere letterario per finire così ad ampliare il discorso verso il più puro senso narrativo. Questo libro è un libro che non parla solo della Grande Ungheria del calcio ma anche dell'Ungheria in quanto Paese, colto con dovizia di particolari in quel periodo storico tanto fondamentale che va, grosso modo, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla rivolta/rivoluzione ungherese del 1956. Proprio quella che Mosca, considerando l'Ungheria "affare suo" e senza che le potenze occidentali muovessero un mignolo, farà cessare in un bagno di sangue. La squadra spezzata è la storia di un'idea romantica e futile come una squadra di calcio di giocolieri che deve affrontare le asperità della vita e gli aculei della Storia. La storia della più importante e mitica sconfitta nel mondo del calcio.
Attraverso il protagonista principale, Gábor, andiamo a conoscere non soltanto le gesta di quegli imprendibili geni pallonari in maglietta granata e pantaloncini bianchi ma andiamo anche a rivivere l'atmosfera, paradossale per chi non ha avuto a che fare con i dilemmi e gli orrori del Novecento, che si poteva respirare nell'Ungheria dei tardi anni Quaranta e primi anni Cinquanta. Un periodo storico ben preciso ed importante che ha visto l'affermarsi del sistema di potere geopolitico risultante dagli accordi di Jalta, ovvero la divisione del mondo in due grandi sfere di influenza: quella americana e quella sovietica, proprio laddove rientrava l'Ungheria.
Ecco allora che sport e politica, specie negli anni Cinquanta ungheresi, non potevano che non andare a strettissimo braccetto. I calciatori ungheresi diventano "campioni del socialismo" e ogni vittoria dei magiari un modo per l'establishment di (ri)affermare la propria guida illuminata dello Stato.
Nel libro di Bolognini abbondano, come è ovvio che sia, i riferimenti squisitamente calcistici, la descrizione, anche molto fedele, delle giocate e delle reti che i vari beniamini di casa riuscivano a realizzare sul campo di gioco.
Quella squadra diventa così ben presto l'Aranycsapat, la "squadra d'oro", riuscendo non soltanto a trionfare nelle Olimpiadi di Helsinki del '52 ma anche riuscendo a sconfiggere per due volte i "maestri inglesi" ed a rimanere imbattuti dal giugno del 1950 al luglio del 1954. Peccato che la striscia si sia interrotta proprio con la partita più importante, ovvero la finale della Coppa Rimet a Berna, nel 1954.
Quell'inaudita sconfitta, davvero impensabile visto il livello di giocatori quali Ferenc Puskás, Gyula Grosics, Nándor Hidegkuti, Zoltán Czibor e Sándor Kocsis, arrivata per di più contro quegli stessi tedeschi (in quel caso Germania Ovest) che soltanto cinque anni prima erano i padroni a Budapest, ha fatto sprofondare nello sconforto un'intera Nazione. E non aiuteranno poi i continui razionamenti, le strette alla libertà individuale e i piccoli e grandi soprusi che il magiaro medio, ogni giorno, è costretto a tollerare.
Bolognini fa collidere l'inizio della Rivoluzione Ungherese con gli strascichi proprio di questa partita. Infatti uno dei leit-motiv del libro è: "Se non avessimo perso quella partita, quella maledetta partita in Svizzera, forse molte cose sarebbero cambiate". E invece no. L'Ungheria non sarà solo sconfitta sul campo ma anche fuori. Infatti dopo la prima cacciata dei sovietici da Budapest, i russi vi tornano ben presto armati fino ai denti e per gli ungheresi il dolce sapore della libertà diventerà, nuovamente, qualcosa di sconosciuto.
Oltre a fare riflettere sulla grandezza dei campioni ungheresi, La squadra spezzata (con un finale un po' a sorpresa di grande gusto) è senza dubbio un ottimo libro, scritto con grazia e levità e che rapisce il lettore, donandogli per l'appunto le sensazioni dell'epoca. E poi gli fornisce utili coordinate per orientarsi meglio nel calcio di oggi: quando infatti Pep Guardiola, strabiliando i più, in una celebre conferenza stampa disse "Lo spazio è il nostro centravanti", forse qualche vecchio cronista o semplice tifoso avrebbe alzato gli occhi al cielo dicendo, con un sardonico sorriso, "Ma c'è già stato il buon Hidegkuti prima di te!".
Mattia Nesto