Ferma così
di Nina Lacour
EDT, 2016
pp. 304
€ 14,50 (ebook € 9,99)
Titolo originale: Hold Still
Traduzione di Aurelia Martelli
A chi abbia già letto Tredici (Thirteen Reasons Why), l'inizio di Ferma così risulterà familiare: una adolescente suicida, un diario ritrovato, parole dall'oltretomba che sconvolgono un amico che gli è sopravvissuto. È interessante, allora, notare come da presupposti comuni possano nascere due romanzi così diversi, come tematiche affini possano subire trattazioni quasi opposte. Perché se Tredici era una storia tragica di sconfitta (della protagonista, dei suoi compagni, dei genitori, degli insegnanti, della società tutta), Ferma così è invece una storia di lotta e di rinascita. Se in Tredici (come in tanti altri testi recenti che parlano di giovani, si pensi a Il luogo più pericoloso del mondo, Il giorno degli orchi e La regola dei pesci), il mondo adulto risultava assente o inadeguato, in Ferma così i genitori e gli insegnanti ci sono, e si schierano accanto ai ragazzi, vigilando e accudendo, come impongono loro il ruolo e il dovere, ma più spesso l'amore. Sono adulti fallibili, fragili a loro volta, ma che fanno del loro meglio, anche se spesso non basta. Ferma così, a differenza di Tredici, è un'opera che non ragiona per assoluti: ci sono sì nell'ambiente scolastico persone meschine e superficiali, le reginette del ballo che avanzano in corteo nei corridoi, ma c'è anche chi riesce a camminare al tuo fianco in silenzio, adattando il suo passo al tuo; c'è chi ha il coraggio di essere se stesso a testa alta e si rivela un amico sincero; c'è anche chi sbaglia in buona fede e non se lo perdona.
Il romanzo di Nina Lacour è intelligente e delicato laddove l'altro è violento: non si vogliono, tra queste pagine, attribuire colpe, distribuire punizioni. Il suicidio di Ingrid è una tragedia che non può essere imputata a nessuno, anche se molti se ne sentono inizialmente responsabili. La depressione viene definita per quello che è: una malattia, che viene presa di petto, curata, e che alla fine prevale a dispetto di ogni sforzo. Caitlin, l'amica che resta, deve imparare ad accettare una nuova solitudine, ad essere per la prima volta dopo anni una e non due, a camminare da sola, a scoprire i propri talenti e le proprie passioni, non più oscurata da quelli dirompenti di Ingrid, fotografa straordinaria, che sapeva cogliere la realtà con uno sguardo unico e inimitabile. Deve imparare ad essere di nuovo amica, di nuovo figlia, forse anche qualcos'altro. Deve, soprattutto, affrontare nella giusta prospettiva le pagine di diario, commoventi, rivelatrici e durissime, che Ingrid ha voluto lasciarle: pagine che rivelano come la verità possa apparire diversa anche se la si guarda fianco a fianco, e come non sia facile conoscere davvero chi ci sta accanto. Deve ammettere la possibilità che, una volta completata la lettura, di Ingrid non le resterà più niente di nuovo, che bisognerà trovare altre vie per eternarne il ricordo:
Ecco cosa penso: diamo sempre le persone per scontate. Tipo che c'erano un sacco di posti dove io e Ingrid bazzicavamo insieme: in camera sua, a scuola, o anche solo in giro per strada. E ci raccontavamo le nostre cose, ci dicevamo tutti i nostri pensieri. (…) non mi sono mai resa conto di quanto fosse importante. Di quanto sia pazzesco incontrare qualcuno che ti ascolta e sta a sentire tutte le cose che ti passano per la testa. Pensi che rimarrà tutto così, per sempre. Non alzi mai lo sguardo, in uno di quei momenti apparentemente uguali a tutti gli altri momenti della tua vita, per dire Ecco. Presto tutto questo finirà. Ora però ho capito. Ho capito come funziona la vita. E so che quando avrò finito di leggere il diario di Ingrid, noi due non avremo più nulla da scoprire insieme, mai più. (...) Non voglio che Ingrid finisca, voglio fare di tutto perché lei possa durare ancora.
Per poter sopravvivere è necessario un atto di ribellione al dolore, un atto costruttivo, che ridia energia alla mente, che riplasmi anche il corpo, che faccia crescere sotto tutti i punti di vista. Di questo diventa metafora, bellissima ed efficace, la casa sull'albero a cui Caitlin inizia a dare forma: il sogno di ogni bambino che diventa tappa di passaggio forzato per la guarigione e l'ingresso in una nuova esistenza adulta. Un’esistenza in cui sia possibile guardarsi e vedersi per quello che si è diventati:
Non è il lieto fine che avevamo sognato io Ingrid, ma è solo una delle tante cose con cui sto imparando a misurarmi. La vita che cambia. Le persone e le cose che passano. E quelle che arrivano, senza che tu te l'aspetti, e ti abbracciano forte.
Con sensibilità e cura, l'autrice descrive una gioventù per cui ancora tante cose hanno senso, a cui tante cose possono dare gioia: la musica, l'arte, la letteratura, lo sport, l'amicizia, l'amore, i luoghi cari, la patente di guida, i piccoli rituali familiari, la libertà progressivamente acquisita, scoprire come ti piace bere il caffè. Questa è una gioventù che anche l'adulto finalmente riconosce e che può vivere, per una volta, senza la preoccupazione che lo attanaglia di fronte a romanzi simili, eppure lontanissimi da questo. Perché la fragilità si coniuga al coraggio, l'abbandono alla tenacia, l'insicurezza alla determinazione. Questo è un romanzo in cui si può e si vuole credere. Ed è quello che, più di tutti gli altri appartenenti al genere ed editi di recente, verrebbe voglia di consigliare.
Carolina Pernigo