Maestra che ne sarà di me
di Angela Maria Borello
Sonzogno, 2017
pp. 272
€ 16,50
Appena
ho iniziato a leggere l’ultimo libro di Angela Maria Borello, dal titolo Maestra
che ne sarà di me, mi è tornato in mente un gioco che, da piccola, facevo con
mio nonno, durante le nostre lunghe passeggiate al molo della mia città. Mentre
passavamo lungo i pontili per osservare le barche ormeggiate, mio nonno mi
chiedeva di inventare per loro un nome, un nome nuovo, ossia il nome che
secondo me le descriveva meglio. Nascevano così parole originali, improbabili, a
volte buffissime che non avevano altra utilità se non quella di restituire a
chi le ascoltava il significato che quelle barche avevano per me bambina.
Questo
era l’intento profondo di quel gioco, lo stesso che, a mio parere, anima l’ultimo
libro di Angela Maria Borello, in cui sono raccolti i pensieri di bambini di età
compresa tra i due e i sei anni incontrati dall’autrice durante la sua lunga attività
di direttrice didattica della scuola paritaria Saint Denis. La Borello
trascrive nel tempo i pensieri più significativi pronunciati dai bambini
mantenendo il loro linguaggio originale, senza nessuna correzione né
alterazione. La lettura di questo libro si trasforma così in un’occasione preziosa
per fare tante lunghe “passeggiate” nel mondo dei bambini, per ascoltare e
comprendere le loro emozioni, i loro sogni e il significato che danno agli eventi
quotidiani, attraverso l’ascolto delle loro parole:
«Lo sai che a me una volta non mi avevano fatto venire nato, ma però mi pensavano già?» G., 4 anni
«Lo sai che alla recita c’ho detto a mio papà se mi aveva fatto le foto, ma lui si è arrabbiato e ha detto: “Ah, mi volevi solo per le foto?” Ma io volevo dire se mi aveva guardato. Maestra, ci sono rimasto così male che sono stato zitto» L., 5 anni
Le
parole traducono in modo immediato, senza ombre né interferenze, l’immenso
sentire dei bambini, così puro e assoluto da lasciare spesso disarmati:
«Io lo so che non sono nato dalla pancia di mia madre, però sono nato nel suo cuore, l’ho seguito e lei mi ha trovato» S., 5 anni
«Maestra, ma secondo te i grandi ci credono che noi vediamo i folletti? Sai, io ho tentato di convincerli i miei, ma loro ti dicono sì e ti guardano come uno scemo. Ma perché non capiscono che un bambino ci vuole solo credere?» F., 4 anni
Nel
mondo attuale in cui lo spazio vitale dei bambini è spesso definito, se non
addirittura predato, dai ritmi di vita degli adulti, restituire la parola ai
bambini significa dare loro la possibilità di rendersi visibili per ciò che
realmente sono e sentono, compiendo, attraverso l’espressione autentica di sé,
quell’atto di apertura al mondo che è la relazione.
Ma non solo: nel momento in
cui le parole vengono ascoltate ci si sente degni dell’attenzione altrui,
accolti nella propria identità. E in questo suo accogliere l’altro bambino, nel
suo lasciarlo libero di esprimersi senza nessun limite se non quello necessario di un ascolto attento, il libro della Borello ci permette di comprendere cosa
fa di un maestro un buon maestro.
Infatti lo sguardo attento dell’autrice, il
passo delicato e composto con cui accompagna le esperienze dei bambini, senza
scadere mai nell’ingiunzione o nel comandamento, mostrano al lettore come si
possa compiere con piccoli gesti quotidiani il grande lavoro dell’educazione,
del lasciar emergere l’interiorità dei bambini senza condizionarli ma, al
contrario, guidandoli con strumenti adeguati, e spesso semplici, nel lungo
percorso di scoperta e affermazione di sé. Affinché il proprio mondo non resti una
barchetta ormeggiata per tutta la vita lungo i pontili di un porto anonimo, ma
possa un giorno salpare libero verso il mare.
Barbara D'Amen
Barbara D'Amen
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