di Paul Veyne
Garzanti, 2017
Traduzione di Paolo Lucca
pp. 204
€ 20 (cartaceo)
€ 13,99 (ebook)
Vi è mai capitato di trovarvi davanti a un'opera d'arte antica, in cui curiosi dettagli vi facevano chiedere di che cosa si trattasse? Immaginate di poter finalmente trovare risposte ben articolate e argomentate da uno storico che sa unire nozioni artistiche ad altre antropologiche e vi sarete fatti un'idea di questo I misteri di Pompei dello stimato Paul Veyne.
Nel suo studio uscito per Garzanti, l'opera d'arte in questione è un celebre affresco presente nella cosiddetta Villa dei Misteri di Pompei. L'affresco, che corre lungo le quattro pareti della stanza e che è stato oggetto di un restauro attento negli ultimi anni, è stato a lungo interpretato come una rappresentazione dei culti misterici, in onore di Bacco; l'obiettivo di Veyne è invece quello di dimostrare che «l'affresco pompeiano non mostra un'iniziazione ai Misteri sacri ma un matrimonio assolutamente profano, toletta della sposa e prima notte di nozze comprese» (p. 10).
Per sostenere la sua tesi, Veyne passa in rassegna ogni scena, che offre anche l'occasione per incursioni nella storia antica, e in particolar modo si analizzano gli usi e i costumi legati al matrimonio e ai rituali religiosi, proprio per confermare la mescolanza talvolta difficilmente distinguibile di elementi dell'uno e dell'altro ambito. Ad esempio, la presenza del vaglio con al suo interno un fallo nascosto da un velo non è propria della sola iniziazione ai misteri: può anche essere legata a una metonimia della prima notte di nozze (e infatti la ragazza nella scena appare spaventata e ritrosa). Se alcuni dei simboli presenti sono ambigui, altri sono decisamente chiari: si vedano il contratto matrimoniale in bella mostra, il bagno rituale che sta preparando la madre della sposa per il mattino dopo la prima notte di nozze, o anche le corone di mirto. Le piante nell'antichità avevano infatti un valore simbolico notevolissimo:
Gli artisti dell'antichità avevano interesse a differenziare i vegetali, perché la scelta della corona aveva conseguenze ben precise: era una scelta rituale, poiché ogni divinità aveva la propria pianta favorita (Dioniso avrebbe accettato soltanto edera o pampini). (p. 44)
Al contrario, come ricorda Plinio, il mirto invoca la protezione di Venere, fondamentale per un buon matrimonio. In ogni caso, Dioniso non è assente dall'affresco: anzi, lo sposo ha proprio le sue fattezze (come testimoniato dalla corona di pampini) e anche la sua impazienza in attesa della prima notte di nozze. Notte molto temuta dalle vergini, perché si racconta che la violenza fosse diffusa anche in ambito familiare:
«Nel mondo greco-romano, lo stupro, individuale o collettivo, non era né raccontato né rappresentato nella scultura come un atto grave [...]. Di questa violenza le donne avevano pudore di parlare ma, al contempo, essa solleticava la loro immaginazione. Una donna onesta non doveva né domandare né accettare: doveva soltanto cedere quando qualcuno la costringeva» (p. 57).
Si pensi che addirittura unirsi alla sposa comportava essere rinchiusi sottochiave con lei in una stanza. Insomma, siamo lontanissimi dagli usi moderni del matrimonio, celebrato con donne di grande «temperanza, castità e devozione al letto coniugale» (p. 124). A confermare i tanti riferimenti di Veyne agli usi e costumi, altre opere d'arte, ben rappresentate dalle utili (per non dire fondamentali) immagini incluse nell'opera.
Studio molto interessante, forse ancor più per gli amanti dell'arte che per quelli della storia antica tout-court, I misteri di Pompei è un valido esempio di come le interpretazioni, negli anni, possano cambiare, grazie al potere dell'argomentazione e di nuove fonti. Conferma uno degli estremi punti di fascino della storia: la messa in discussione continua di ciò che sembrava già spiegato del tutto.
GMGhioni