di Francesca Magni
Giunti, 2017
pp. 370
€ 16 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Vi siete mai fatte la domanda Mio figlio è normale?, Il mondo lo accoglierà o lo rigetterà? Perché secondo me questa è la domanda di ogni genitore, eppure io non ho mai sentito un genitore dire Mi faccio questa domanda di continuo. (p. 112)
Quanto sa di verità questo romanzo!, viene da pensare leggendo le prime cinquanta pagine di Il bambino che disegnava parole. Confesso di aver rimandato la lettura di questa non-fiction per un puerile e detestabile pregiudizio verso la copertina, che non rimanda neanche lontanamente alla profondità del libro. Ma poi ho iniziato il romanzo, complice il desiderio di saperne di più sulla dislessia, e quel che ho trovato è tutt'altro che scontato: una storia che trasuda dolore, ma anche la faticosa ma costante speranza di farcela.
Nella famiglia della protagonista, sposata con due figli, irrompe la crudeltà di una diagnosi: il figlio Teo, alle scuole medie, scopre di essere dislessico. L'apparente pigrizia, il disagio a scuola, i continui tentativi di fare tardi, al mattino, erano dunque giustificati da un disagio notevole! Tutto acquista un senso: le difficoltà di Teo in tedesco, le richieste di aiuto con i compiti, la sua ritrosia a leggere e la comprensione così complessa di un testo completo,... Ma non basta prendere atto della realtà: bisogna accettare che Teo non è malato, ha un modo diverso di pensare; occorre aiutarlo, scoprendo a fondo la dislessia; parlare con gli insegnanti e approvare piani d'offerta formativa personalizzata,... Soprattutto, la sfida quotidiana è far quadrare gli impegni di lavoro, le richieste di aiuto di Teo e la routine familiare.
Infatti, la dislessia di Teo diventa il fulcro attorno a cui si concentrano le attenzioni di tutti e la sorella Ludovica, già in piena crisi adolescenziale, fatica ad accettare di essere stata messa da parte e manifesta tutta la sua solitudine in porte sbattute, frecciatine al fratello e un preoccupante (ma mai troppo) vomito durante le mattinate scolastiche. Anche il rapporto tra la protagonista e il marito traballa: più volte viene da chiedersi come farà la coppia a superare il momento di impasse e di grande angoscioso nervosismo, ovvero se riuscirà a ritrovare un proprio equilibrio, anche perché si è scoperto che molto probabilmente il capofamiglia ha sua volta una lieve dislessia, ben compensata negli anni. E come mai, se lui per primo ha sperimentato certe difficoltà a scuola a memorizzare nozioni, fatica tanto ad aiutare Teo e a restare calmo?
Sono tanti i momenti di tensione, come quelli di scoramento di Teo, controbilanciati fortunatamente dalla soddisfazione al primo buon risultato conseguito. Certamente le preoccupazioni non mancano, ma un corso che aiuta ad usare gli strumenti compensativi e un buon supporto psicologico possono fare tanto. Mai come la serenità in famiglia, che tutti desiderano ma che pare quasi irrecuperabile: come fare? Anche perché fioccano inutili sensi di colpa, il desiderio di protezione minaccia di farsi opprimente, la fatica rischia di diventare intollerabile, le prospettive per il futuro di Teo sembrano sbiadite e in contrasto con la sua intelligenza spiccata, volta alle materie umanistiche e all'argomentazione...
Il libro non è tuttavia un viaggio angoscioso nella dislessia; al contrario, la narrazione è spesso interrotta da esempi di temi di Teo e di altri bambini dislessici, testimonianze da parte di chi lavora ogni giorno con i cosiddetti "disturbi dell'apprendimento", passi di studi e altri contributi che movimentano notevolmente il dettato e che permettono al lettore di farsi via via un'idea più precisa sul disagio del ragazzo. E sulla superficialità con cui spesso, anche a scuola, vengono "liquidati" i piani di studio personalizzati, visti più come una scocciatura che come una reale possibilità per mettere lo studente nelle migliori condizioni per mostrare le proprie capacità.
Il tunnel è lungo e tortuoso, ma la luce in fondo è ben visibile e la dislessia spaventa sempre meno, complici alcuni ottimi incontri, in grado di incoraggiare e di aiutare Teo e la sua famiglia. E c'è speranza, anche se la fatica è enorme, Francesca Magni lo ribadisce con grande coraggio e schiettezza. Forse per questo il suo blog www.lettofranoi.it è diventato un vero punto di riferimento per i genitori che si scontrano con la dislessia e proprio lì ha avuto origine l'idea di raccontare la storia di Teo.
Una storia che andrebbe letta da tutti: in particolare, dai genitori (di ragazzi dislessici per trovare conforto, comprensione e spunti sul da farsi, ma anche da tutti i genitori in generale, per imparare a essere più rispettosi davanti alle difficoltà dei più piccoli) e dagli insegnanti (per tenere ben viva la propria umanità e ricordare che hanno scelto ben più di una professione). Da apprezzare in modo particolare il dettato chiaro e lo scavo spesso impietoso ma incessante nei sentimenti, riscoprendo che si può anche parlare di frustrazione, tanto (inutilmente) osteggiata nella società del Duemila.
Una storia che andrebbe letta da tutti: in particolare, dai genitori (di ragazzi dislessici per trovare conforto, comprensione e spunti sul da farsi, ma anche da tutti i genitori in generale, per imparare a essere più rispettosi davanti alle difficoltà dei più piccoli) e dagli insegnanti (per tenere ben viva la propria umanità e ricordare che hanno scelto ben più di una professione). Da apprezzare in modo particolare il dettato chiaro e lo scavo spesso impietoso ma incessante nei sentimenti, riscoprendo che si può anche parlare di frustrazione, tanto (inutilmente) osteggiata nella società del Duemila.
GMGhioni
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