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Il buio al crocevia e la guerra che si nasconde in noi

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Il buio al crocevia
di Elliot Ackerman
Longanesi, 2017

Traduzione di Katia Bagnoli

pp. 304
€ 18,50 (cartaceo)

Incontrarsi all’interno delle proprie oscurità, riconoscersi e proseguire insieme. Questo fanno gli uomini e le donne di Ackerman, questo fa Haris Abadi, il protagonista di questo romanzo, e con lui gli altri. Non sono semplici personaggi, perché hanno il volto di chi ha combattuto e continua a combattere nei conflitti che lo stesso scrittore ha visto da vicino, tra il fiato spezzato in gola e la divisa sporca di sabbia di chi ha combattuto in Afghanistan o in Iraq, come l’autore ha fatto, da marines americano, e come continua a fare, con le testimonianze e le parole, nei suoi racconti da giornalista. 

Dopo l'Afghanistan, lo scrittore si cimenta con il conflitto siriano. Cittadino americano di origine irachena, con alle spalle una triste storia famigliare, il protagonista di questo romanzo, Haris, si trova in Turchia per attraversare il confine siriano e unirsi alla lotta contro il regime di Bashar al-Assad. Lo incontriamo di notte, in mezzo al nulla, dopo essersi imbarcato nell’impresa che dovrebbe cambiargli la vita. Derubato di tutto, si vede quasi costretto a rinunciare all’impresa quando incontra Amir, un rifugiato siriano ed ex rivoluzionario che gli offre ospitalità e aiuto. Daphne è la moglie di Amir, una donna di grande fascino ma incapace di nascondere come vorrebbe le sue inquietudini. Haris capisce subito che anche Daphne desidera disperatamente raggiungere la Siria. Ognuno con le proprie motivazioni, vogliono affrontare paure e incubi in un viaggio pericoloso e difficile, soprattutto perché dovranno prima guardare dentro se stessi per poi decidere il da farsi.

Un romanzo intenso, come la realtà di questi conflitti, dove apparentemente non c’è posto per l’umanità, e invece si scopre che se ne incontra sempre troppa; come la vita, dove non la cercavi spunta, nel delirio di chi ha perso tutto, di chi è in viaggio verso la speranza o la morte, poco importa, ma cammina perché non gli è rimasto altro da fare. 
Non aveva neppure un ricordo della famiglia al completo, perché sua madre era morta dando alla luce Samia quando lui aveva sei anni. Ricordava la prima casa, sull’argine del fiume fra le alte erbe palustri che crescevano a ridosso di un semplice complesso di cemento grezzo, sua madre che lo accompagnava lungo la riva tra le erbacce, il padre di ritorno da chissà quale cantiere dove aveva lavorato con quello stesso cemento duro sui vestiti… i ricordi avevano una consistenza. Erba morbida. Duro cemento.
C’è chi si è già fermato, dimenticato sotto un albero, dentro una casa, sepolto da uno scoppio, polvere tra la polvere, nel senso più vero, perché di lui non resta nemmeno la certezza della sepoltura. Ackerman ha raccolto i ricordi, li ha mescolati con i nomi e i volti di mille, cento uomini, incontrati troppe volte per le strade di questi luoghi che non hanno più un profilo, dove si perde l’orientamento, dove si vive per una causa, o per vendetta, o solo perché così è toccato in sorte, e li ha portati tra le pagine di un libro intenso, reale, senza sconti. 
Haris parlò della sua casa in Iraq, del posto in cui aveva vissuto in Michigan. Raccontò di essere venuto per combattere per l’Esercito libero, senza però aggiungere particolari. Quando Amir cominciò a spiegare che lo aveva trovato insieme a Jamil e ai ragazzi che intervistava sulle condizioni dei profughi nei dintorni di Kilis, Daphne lo interruppe. Si protese, posò entrambe le mani sul tavolo e guardò Haris negli occhi.                         «Vuoi passare dall’altra parte? » gli chiese. Haris annuì.
Il tema del conflitto diventa però anche metaforico, nell’eterna ricerca di chi si chiede da che parte stare, di chi comprende che ha rischiato tutto per una causa che non era sua fino in fondo e di chi ha perso l’amore di un figlio, o di una sorella, e cerca riparo alla sofferenza esponendosi al male, al sacrificio, al viaggio che può essere risolutivo, oppure senza ritorno. 
Più si allontanavano, più Haris era certo che per loro non ci sarebbe stato ritorno. Guardandosi alle spalle vide il contadino che lo seguiva con la famiglia, la bambina in braccio che stringeva Bashar, la moglie per mano. Quando una coppia di anziani infermi cadde sui solchi aridi del campo, i due soldati li aiutarono a rialzarsi, accertandosi che tutti rimanessero uniti.
È un libro attuale, per le tematiche trattate, ma anche capace di parlare al cuore di tutti, senza edulcorare la realtà, travestendola con buoni propositi. I personaggi sono eroi senza patria, combattenti senza causa, amanti senza amore, novelli Ulisse che non cercano un ritorno ma una disfatta, una partenza senza lieto fine, il buio capace di inghiottire il dolore della scelta, che li rende veri, umani, e vivi, fino all’ultima tappa, quella verso la redenzione dell’anima.