donna
Il 2017 si è annunciato come anno di grandi cambiamenti, e ha mantenuto la promessa. Iniziato con un trasferimento, termina con un nuovo lavoro, nuovi stimoli professionali e tante, intense, nuove conoscenze: ognuno di questi mutamenti ha avuto al suo interno un nucleo femminile, un cuore di donna che batte. In primis, il mio, che in questo ultimo anno sento di aver raggiunto un maggiore equilibrio interiore, come professionista e come donna.
Ripercorrendo all'indietro il mio anno di letture, ho scoperto che vita personale e attività critica hanno seguito, inconsapevolmente, un percorso simile: anche i libri letti sono, nella stragrande maggioranza dei casi, "al femminile". Grandi scrittrici, come Grazia Deledda (qui puoi leggere ad esempio la recensione di "Le colpe altrui") e protagoniste di estrema forza letteraria, come la giovanissima Ginny, piccola-grande donna affetta da autismo, alla ricerca di una famiglia da amare, in A bocca chiusa non si vedono i pensieri di Benjamin Ludwig (Harper Collins), mi hanno permesso di viaggiare, perdendomi negli abissi dell'animo femminile, riscoprendone dettagli celati a occhi estranei.
Con Deledda, Premio Nobel italiano che "sulla carta millimetrata del Novecento non collima mai" ho conosciuto il grande talento di una scrittrice capace di varcare i confini ristretti della sua Terra bella e selvaggia, parlando all'animo di lettori di ogni tipo con storie solo all'apparenza ancorate a una tradizione arretrata.
Ho affrontato temi di genere, come quello della prostituzione, con la raccolta di racconti curata da Marilù Oliva, Il mestiere più antico del mondo? (Elliot edizioni), riflettendo su quanto una certa deriva semplicistica stia minacciando la presa in carico consapevole, una volta per tutte, di questo annoso problema.
Ho salutato la Primavera con tre donne speciali: Denham Dobie, una donna "insolita", protagonista del romanzo di Rose Macaulay (uscito per Astoria), ritratto femminile scomposto ed emancipatorio, con una critica feroce alle ipocrisie del mondo intellettuale e del vivere civile (qui la recensione); Michela Zanarella, poetessa padovana che nella sua raccolta Le parole accanto mi ha regalato componimenti intensi sul valore dell'esistenza, sulla necessità della perdita e sul ruolo civile dell'arte (uscito per Interno Poesia); infine, la Mary Lavelle, dell'omonimo romanzo di Kate O'Brien (Fazi), la giovane irlandese che ricorda la dolce e determinata Jane Eyre, in un romanzo che affresca in maniera sublime l'eroismo e la fragilità dell'animo femminile .
A chiusa di questo anno speciale, in segno di continuità e ritorno alle origini, un sottofondo letterario di tutto rispetto: se con Grazia Deledda ho accolto il 2017, un altro Premio Nobel donna mi accompagna in questi giorni di festa e segnerà l'inizio del mio 2018 su Critica Letteraria (ma lo scoprirete solo fra qualche giorno...).
Barbara Merendoni