#PagineCritiche - Recitare oggi: una proposta di Cristina Jandelli per interpretare le performace attoriali della contemporaneità

I protagonisti.
La recitazione nel film contemporaneo
di Cristina Jandelli
Marsilio, 2013

pp. 175
€ 12,50




La passione accademica – ma, evidentemente, anche e soprattutto cinefila – di Cristina Jandelli per tutto ciò che riguarda la recitazione, l’attorialità e il divismo è cosa chiara. Le pubblicazioni dell’autrice – attuale professoressa associata presso il Dipartimento di Storia, Archeologia, Geografia, Arte, Spettacolo dell’Università degli Studi di Firenze, dove insegna Storia del cinema e Forme del cinema moderno e contemporaneo – non ne fanno, per l’appunto, mistero: dallo studio dedicato alle Dive italiane nel cinema muto, uscito nel 2006 per l’editore L’Epos, fino ai titoli più recenti, ovvero Breve storia del divismo cinematografico e L’attore in primo piano. Nascita della recitazione cinematografica (2007 e 2017, entrambi per Marsilio). All’interno di questa coerente rosa di titoli, I protagonisti, pubblicato nel 2013, si pone quasi come tappa in flash-forward rispetto all’ultimissimo volume, dedicato, da parte sua, al farsi della recitazione per il grande schermo prima che l’avvento del sonoro ne sconvolgesse pratica e grammatica. I protagonisti, difatti, è incentrato sulle performance dell’oggi: il più che bravo Elio Germano, con lo sguardo assorto in fuori campo nel fotogramma scontornato scelto per la copertina (tratto da Mio fratello è figlio unico di Daniele Lucchetti (2007) – sarà uno dei tanti attori che si incontreranno tra le pagine.

L’analisi di fenomeni piuttosto recenti, siano essi storici, sociali, culturali o artistici, porta sempre con sé un elevato fattore di rischio. Che è quello, molto semplicemente, di ridurre il tutto a una mera cronaca degli eventi, impossibili da valutare in profondità per insufficienza di distanza e difficoltà di messa a fuoco. Nel proporre quale oggetto di disamina (come da sottotitolo) La recitazione nel film contemporaneo, con casi di studio che vanno dal 2006 in poi, Cristina Jandelli poteva dunque, senza quasi rendersene conto, sconfinare nella semplice recensione dei singoli film. Se ciò non accade è perché l’autrice, ben consapevole di tale pericolo, non solo si muove alla larga da ogni impressionismo di gusto, ma propone un inquadramento delle attitudini recitative alla luce dello stato dell’arte della materia in esame, e dunque operando una selezione di lungometraggi particolarmente significativi ai fini di una nuova, originale proposta classificatoria. Lo dichiara lei stessa in apertura:
«nel panorama internazionale della ricerca oggi compaiono questioni ontologiche (che cos’è la recitazione cinematografica?), questioni stilistiche (quali sono le differenze fra gli stili attoriali?), questioni di autorialità (di chi è la responsabilità della performance?), questioni storiche (quali sono gli effetti delle trasformazioni tecnologiche sulla recitazione?) e, infine, questioni ideologiche (come agisce la recitazione cinematografica sulle nostre idee relative all’essere umano?). Tentare di rispondere a tutte queste domande risulta estremamente ambizioso. Ciononostante, sembra venuto il momento di provarci».
Il volumetto si divide dunque in due sezioni. La prima, più breve, è dedicata al chiarimento di che cosa vada inteso per “protagonista”, una definizione apparentemente intuitiva e che invece si rivela complessa e stratificata, sempre viva nel gioco di continue sovrapposizioni tra il volto/corpo dell’attore e i ruoli di primo piano interpretati in carriera:
«gli attori abitano l’inquadratura con un corpo, un volto, dei gesti, delle pose, una voce senza le quali il personaggio non esisterebbe, perché nel racconto cinematografico l’attore costituisce per lo più con l’interprete un binomio inscindibile. La loro immagine congiunta crea relazioni con altri film, intesse legami con memorie stratificate delle interpretazioni precedenti, specie se l’attrice o l’attore sono anche star e possiedono un’immagine filmica o pubblica di forte spessore. Il significato cinematografico del termine “protagonista” riassume tutto questo: con una sola parola si intende anzitutto il ruolo centrale nella narrazione, ma anche la perfetta fusione dell’attore con il personaggio, tanto da poter parlare di “protagonista” per indicare sia il personaggio che l’attore che lo interpreta».
La seconda parte, più lunga, dedicata all’analisi di singoli lungometraggi con focus sull’attore o sull’attrice di volta in volta al centro della storia, si articola invece in quattro macro-sezioni, corrispondenti alle quattro categorie classificatorie proposte dalla studiosa. Così in Biografando. Miti e divi del nostro tempo, il genere ultimamente assai frequentato del biopic viene chiamato in causa per esaminare il cortocircuito identitario che scatta quando una star affermata presta il sembiante a un personaggio pubblico più o meno noto; in Risonanze. I palpiti della crisi Jandelli prende invece in esame le tangenze tra i tormenti dei personaggi di finzione e quelli dei divi chiamati a interpretarli. E ancora più tecnici, per così dire, sono invece gli ultimi due capitoli, se è vero che Straniamenti. Le maschere del potere è una riflessione sull’efficacia dell’eredità del distanziamento brechtiano tutte le volte che il cinema si confronta con le complessità della Storia e dell’Istituzione, mentre Riconfigurazioni. Oltrepassando la soglia si interroga sulle possibilità offerte agli interpreti dall’utilizzo delle nuove tecnologie, e su come queste, contraddicendo una presunta freddezza dell’hi-tech, possano rivelare molto degli attori e dei loro trascorsi artistici, oltre che potenziarne (invece che sminuirne) il talento.

Corredato da una scelta di tre fotogrammi significativi per ciascun film, e da un apparato essenziale di note utili per ulteriori approfondimenti, I protagonisti è un testo coraggioso nella provvisorietà della sua proposta, utile nella consapevolezza della sua parzialità. Ricco di spunti, quasi non fosse mai soddisfatto dalla proposta di una sola chiave di lettura, il saggio di Cristina Jandelli non manca di seminare il dubbio, nel pieno rispetto – verrebbe da dire – della natura stessa della maschera attoriale, o, meglio ancora, dello sguardo "in camera", vera e propria interrogazione a quel pubblico composito in cui non di rado – e talvolta nella stessa persona – si nascondono il critico, lo studioso e il cinefilo.

Cecilia Mariani


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