di Camillo Boito
a cura di Clotilde Bertoni
Manni editore, 2015
pp. 168
€ 13 (cartaceo)
Quanti racconti rischiano di non essere pubblicati e poi, complice un ripescaggio o un ripensamento, vengono alla luce? Questo Senso, racconto di Camillo Boito dalle tinte fosche e passionali, non viene pubblicato in rivista come è capitato per tutti gli altri suoi racconti. Per timore dello scandalo, l'autore ha qualche riserva, ma l'editore Treves non vi dà peso e così nel 1883 il racconto viene diffuso con la raccolta Senso. Nuove storielle vane. In realtà, il racconto passa quasi sotto silenzio: pochi lo notano e lo recensiscono, ancor meno si stupiscono per la materia trattata.
Eppure di materiale eversivo, in queste poche pagine (40 in questa edizione, per la precisione), ce n'è a bizzeffe. Innanzitutto, prendiamo la protagonista: la civettuola contessa Livia, io-narrante della vicenda nel suo "scartafaccio segreto", è tutto l'opposto delle eroine romantiche ancora tanto in voga. Ha scelto un matrimonio d'interesse con un uomo molto più vecchio, «acciaccoso, pieno di fiducia in lei, la lascia spendere quanto vuole per far quel che le piace» (p. 22), marito che Livia non si fa scrupoli a tradire con il tenente Remigio, fisicamente prestante, ma colmo di vizi e difetti palesi e, anzi, ammessi con un certo autocompiacimento, a cominciare dalla sua propensione al gioco, allo sperpero e alle donne. Ma sono proprio queste sue caratteristiche ad attrarre tanto Livia («Mi piaceva in quell'uomo la stessa viltà», p. 32), che spesso si rispecchia in lui: forse anche per questo quando Remigio le chiede denaro, lei cede, e cede sempre di più, a costo di farsi (sempre bonariamente) richiamare dal marito.
Completamente disinteressata e indifferente a ciò che sta accadendo intorno a lei, per Livia la guerra non è altro che una scocciatura, che costringe Remigio a nascondersi e a procurarsi una falsa invalidità, grazie a una grande somma di denaro della contessa. Eppure la deriva morale conosce un solo limite, che è quello - egoista ed egocentrico - del tradimento; e non solo! In un vero colpo di teatro, Livia, corsa a Verona nonostante le truppe lungo la strada, il lungo tragitto e l'enorme rischio, assiste dapprima alle moine e al corteggiamento di una nuova e giovane amante, quindi alle chiacchiere sul suo conto e alla confessione dell'opportunismo di Remigio. Come dalla platea di un teatro, Livia osserva la distruzione del suo sentimento per Remigio, mentre i due stracciano un suo ritratto, beffandosi di lei, che non interviene.
Il tradimento rende Livia fredda e calcolatrice; non ci sono scene drammatiche o patetiche, né la donna entra in crisi: anzi, decide di non aspettare e fa in modo di denunciare Remigio come disertore, spiegando il trucco della tangente per ottenere una falsa diagnosi. Poco conta che una simile denuncia (deprecata anche dai capi militari del luogo) comporti morte certa per Remigio e per il medico consenziente; Livia vuole la sua vendetta, e subito!
Coerentemente con il suo personaggio capriccioso e narcisista, dopo la morte dell'amante, Livia sa subito come tornare a farsi corteggiare, anche se questa volta lo spasimante è un avvocatucolo da quattro soldi, che non ha niente a che fare con il bel Remigio.
Ad accompagnare questo racconto che ha ancora un fascino notevole nel 2017, una nota introduttiva e una lunga nota interpretativa della curatrice, Clotilde Bertoni, che scava e analizza nei meandri del racconto e lo confronta con la sua rappresentazione cinematografica nell'opera omonima di Luchino Visconti, arrivata sugli schermi nel 1954, con l'interpretazione di Alida Valli e Farley Granger. Ottimo esempio per chi cerca un racconto senza alcun personaggio positivo, né ipotesi di riscatto, Senso è un piccolo gioiello peccaminoso da aggiungere alla propria libreria.
GMGhioni
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