In Asia
di Tiziano Terzani
TEA, aprile 2014
pp. 434
€
8,50
Conoscere, osservare e
viaggiare attraverso le parole e gli articoli di Tiziano Terzani
raccolti nel saggio In Asia rappresenta un grande onore per tutti
coloro che sono fatalmente attratti dall'Oriente e dalla sua
magnetica cultura. La dedizione e la precisione del lavoro svolto dal
giornalista rendono unici i suoi libri, sia In Asia, che Un indovino
mi disse. La differenza sostanziale che intercorre tra i due saggi è
che In Asia è la raccolta degli articoli pubblicati dal reporter su
Der Spiegel, rivista tedesca per la quale ebbe la fortuna di lavorare
e di fare l'inviato per tutta l'Asia appunto, mentre Un indovino mi
disse veste panni più personali con la pubblicazione mista di
articoli, di lettere indirizzate alla moglie e alcuni passi tratti
dai suoi diari personali. Tiziano Terzani vanta una biografia da
sogno per chiunque abbia una mente (e magari anche un corpo)
viaggiatrice; infatti visse dal 1971 al 1975 a Singapore, dal 1975 al
1979 a Hong Kong, dal 1979 al 1984 in Cina, di nuovo ad Hong Kong per
un anno, fino al 1990 in Giappone, fino al 1994 in Thailandia
(splendidamente e ampiamente descritta in Un indovino mi disse) e dal
1994 in India. Sempre esercitando la professione di giornalista,
cercò di essere in prima linea nei più importanti avvenimenti
storici e sociali.
In Asia rende pubblici i
principali articoli scritti dal 4 gennaio 1965 a Tokyo, sino ad
agosto 1997 a Orsigna, luogo toscano di villeggiatura in cui Terzani
trascorse le estati dell'infanzia e successivamente luogo in cui
portò anche i suoi figli da piccoli.
Coi miei primi risparmi comprai il prato dove avevo mandato l'aquilone e con le pietre del fiume ci feci una casa come quelle degli altri, solo con la porta e le finestre più grandi. Il pensiero di quel posto m'è servito da bussola nei miei vagabondaggi nel mondo e quando ai miei figli, cresciuti sempre in Paesi d'altri, ho voluto dare radici e mettere nella memoria l'odore di una casa cui legare poi la nostalgia dell'infanzia, ho imposto loro, come regola di famiglia, di passare ogni anno due mesi a Orsigna.
-L'Orsigna, ultimo amore; agosto 1997-
Con le sue frasi
descrittive Terzani è capace di dipingere con le parole scenari e
paesaggi vividi e nitidi al lettore, una dote encomiabile quanto
rara. Sembra quasi di percepire gli odori, di assaporare i colori e
di toccare con mano le stanze d'albergo descritte. Così sembra di
essere con lui, di vedere e di assistere alle scene raccontate; lode
al grande giornalista per una forza comunicativa fuori dal comune.
Era presente quando è morto l'imperatore Mao Zedong, quando nelle
Filippine c'è la rivolta per la “dittatura coniugale” di Marcos
e di sua moglie Imelda, quando ha visitato una delle fabbriche più
famose del Giappone e rimane impressionato dall'ingente numero di
robot impiegati o quando ripercorre la vita della temutissima spia
socialista Richard Sorge attraverso le dichiarazioni della sua ex
amante Hanako Ishi.
Il lettore lo sa: la migliore fonte d'informazioni del giornalista che sbarca in un Paese cercando di capire che cosa vi succede è di solito il taxista che lo porta dall'aeroporto all'albergo. Ebbene, io ho appena depositato le valigie e devo dire che la mia “fonte” era impareggiabile.
“Com'è la situazione?” gli ho chiesto appena preso posto nella sua scalcinatissima, scricchilante Toyota tenuta assieme con fili di ferro.
“Il numero dei morti di oggi è ancora imprevedibile”, mi risponde.
“Dei morti?”
“Sì, sì, è ancora presto per fare la somma dei morti causati da semplice assassinio, da salvataggio, da incendio, da dimostrazioni, da rapina o da tifone.” -Filippine: me l'ha detto il taxista; Manila, 20 novembre 1984-
Nell'oscurità li sento bisbigliare, sospirare, ridacchiare, ansimare. Si stanno riproducendo. Robot generano nuovi robot. La notte è fredda; una mezza luna illumina i pendii nevosi e un vento gelido soffia attraverso i vecchi boschi di pini. La temperatura è di 15 gradi sotto lo zero, ma dentro l'enorme alcova è di 5 gradi sopra lo zero. Col loro stesso movimento, le macchine sviluppano il calore necessario a far battere i loro cuori elettronici. Non si fermano mai.
[...]La Fanuc non ha una biblioteca. “La mia gente non ha bisogno di libri”, mi spiega il dottor Inaba. “Se gli ingegneri si mettono a leggere non riescono a scoprire più nulla. Se sono attaccati al passato non possono inventare il futuro.
[…] Oggi i robot sono capaci di movimenti che richiedono l' “articolazione multipla”. La meta è quella di costruire robot intelligenti, cioè robot che, mediante sensori visivi e tattili, siano in grado di prendere decisioni. La fabbrica del futuro è, per il dottor Inaba, un sistema integrato di computer e robot che, una volta ricevuto un comando, saranno in grado di progettare e di fabbricare un prodotto.
[…] Sono stato nel futuro e posso riferire che funziona. Ma ci piace?
-Il robot e l'imperatore; Tokyo, gennaio 1986-
Articoli impegnati,
spesso sul fronte di guerra, ma anche articoli leggeri, frutto di
strambe curiosità che non risparmiano nulla, neppure la mania
ossessiva dei giapponesi nei confronti dei water e la loro sensazione
perenne di superiorità rispetto a qualsiasi altro cittadino del
mondo. Ma riserva un articolo anche al loro modo tutto originale di
vivere la malattia grave e successivamente il lutto dell'imperatore
Hirohito.
Gli impiegati di banca vanno a lavorare con la cravatta nera in tasca. Gli annunciatori della televisione hanno il loro vestito da cerimonia appeso nell'ufficio, le famiglie la bandiera con il nastro nero a portata di mano.
Da quando governo e mass media hanno mobilitato la nazione in previsione del grande, storico lutto, nessun ministro giapponese ha lasciato il Paese, nessun dignitario straniero è stato ricevuto a Tokyo. “Le condizioni dell'imperatore si sono stabilizzate. È il Giappone che è entrato in coma”, mi dice il redattore capo di uno dei grandi quotidiani di qui. “Da un mese e mezzo è come se non fossimo più parte del mondo. Non facciamo più politica estera”. Fra le varie visite annullate c'è stata quella di De Mita e quelle dei ministri degli Esteri tedesco e cinese. Il ministro degli Esteri sovietico Shevardnadze dovrebbe arrivare qui il 19 dicembre, ma ora anche quella visita è in forse. Le conseguenze più serie della troppo affrettata e allarmistica reazione ufficiale alla malattia dell'imperatore si sono avute sull'economia. -Il lutto; Tokyo, 12 dicembre 1988-
Ma i suoi viaggi
proseguono, così come le sue ricerche, le sue testimonianze -come la
peste in India nel 1994- le sue varie inchieste -una fra tutte quella
condotta sui delinquenti socialmente tollerati, vendicatori dei torti
e tutelati anche dalla polizia in quanto complici, definiti Yakuza,
“gli eredi dei samurai- e le sue tante interviste. La sua umiltà
unita alla sua curiosità l'ha portato ad intervistare Madre Teresa
di Calcutta, per esempio.
Avevo appena spento il registratore e la stavo ringraziando per il tempo che mi aveva dedicato, quando lei, guardandomi fissa coi suoi occhi azzurri arrossati dall'età, mi ha chiesto: “Ma perché tutte queste domande?” “Perché voglio scrivere di lei, Madre.” “Non scriva di me. Scriva di Lui...”, ha detto, alzando gli occhi al cielo. Poi s'è fermata, ha preso le mie mani nelle sue -grandi, tozze e già un po' deformi- e, come volesse confidarmi un gran segreto, ha continuato: “Anzi, la smetta di scrivere e vada a lavorare in uno dei nostri centri...vada a lavorare un po' nella casa dei morenti”. Madre Teresa era tutta lì.
Poco dopo l'intervista, ha avuto una crisi cardiaca ed è stata portata alla clinica Woodlands; io sono rimasto con in testa quella sua frase che, alla fine, m'è sembrato dicesse su di lei più di ciò che ero riuscito a mettere assieme fino allora.
Un vasto e grandioso
libro che si consiglia a tutti i lettori che hanno un debole per
l'Oriente, per i viaggi e anche per il giornalismo. Perché un'altra
dote di Terzani è che nei suoi libri si mostra anche per il
professionista che è stato, dando tra le righe dritte e consigli ai
giovani reporter.
Alessandra Liscia
Alessandra Liscia
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