di Dashiell Hammett
Mondadori, 2010
Traduzione italiana di Sergio Altieri
pp. 231
€ 9,00
Il protagonista è lo stesso detective
dell'Agenzia Continental presente in Raccolto rosso e in altri
lavori di Hammett. Ciò che dà il via alla girandola di eventi è un
furto di diamanti; gioielli di poco valore, in realtà, rubati però in una
modalità strana che fa sospettare che sotto ci sia altro. Presto
arriva il primo morto e la trama si infittisce terribilmente. Come
nel suo esordio, anche in questo libro lo scrittore americano affastella azioni e
svolte narrative in pochissimo spazio: i capitoli sei e sette, che
potrebbero già chiudere le vicende, contengono una quantità di
rivelazioni e colpi di scena (con un gusto quasi da feuilleton)
che sarebbe bastata per un intero romanzo.
La seconda parte è incentrata su un
nuovo incarico per il protagonista, collegato al primo: deve
sorvegliare Gabrielle, la figlia dei due coniugi morti nella precedente
sezione del libro. La ragazza, ancora scossa dagli eventi, si è
rifugiata presso il Tempio del Santo Graal, a metà tra un centro di
riabilitazione e una setta. Sarà vittima della maledizione dei Dain,
ovvero del destino di sangue che la madre ha profetizzato per tutte
le donne della famiglia? O il coinvolgimento in un nuovo delitto ha a
che fare (letteralmente, come scopriremo) con l'aria che si respira
al Tempio?
Tra scazzottate e ectoplasmi, il
detective riuscirà comunque a mantenere la sua proverbiale calma e
supererà ogni ostacolo.
Altro giro, altra corsa. E altro
delitto: la seconda parte si conclude col classico monologo
riepilogativo di come sono andate le vicende esposte sino a quel
momento, la terza si apre col detective che si dirige nella cittadina
di Quesada, chiamato dal marito di Gabrielle per una faccenda da
risolvere. Il protagonista lo trova però già morto e la ragazza è
sparita. Anche in questo caso le macchinazioni sono ingegnose; la
breve durata degli episodi, però, limita la partecipazione del
lettore. Il finale, con la spiegazione di ogni cosa, risulta davvero
impegnativo, ma regala il confronto tra il detective e l'antagonista,
una piccola perla.
Il
protagonista mantiene alcune caratteristiche già rilevate in
Raccolto rosso ma
presenta anche piccole differenze: come sempre è immerso in
un'attività frenetica (interroga le persone, si muove in
continuazione lungo tutta San Francisco, sventa omicidi); continua a
sapere il fatto suo, anche se risulta meno spavaldo. Sembra
addirittura avere un rapporto migliore con le forze dell'ordine, con
le quali arriva a collaborare. Lo stile di Hammett è sempre perfetto
per il genere ed anche ne La maledizione dei Dain troviamo
frasi lapidarie piene di arguzie. Ecco un dialogo del
protagonista con un suo amico scrittore:
«Tu e i siamo diversi» dissi. «Lo scopo della mia curiosità è mettere le persone in galera, ed è per questo che vengo pagato, anche se non quanto dovrei.»«Non c'è nessuna differenza» ribatté. «Lo scopo della mia è mettere le persone nei libri, ed è per questo che vengo pagato, anche se non quanto dovrei.»«Certo, ma a che serve?»«Lo sa Dio. A che serve metterli in galera?»«Allenta gli ingorghi stradali.»
La pubblicazione a puntate (per la
solita Black Mask) ha influito notevolmente sul format del libro, che
può esser paragonato ad una moderna serie tv: ogni parte corrisponde
ad una nuova stagione, che riprende alcuni personaggi e prosegue la
storia pur reggendo anche autonomamente e sviluppando percorsi
narrativi indipendenti. Spetta al protagonista, l'unico a credere
ostinatamente che i delitti siano in qualche modo collegati, il
compito di svelare il legame tra tutte le “coincidenze multiple a
coppia”.
Per quanto si possa fingere, nessuno pensa con chiarezza. Pensare dà le vertigini, si cerca di afferrare il maggior numero possibile di quei barlumi nebbiosi e di metterli assieme come meglio si può. È per questo che le persone si aggrappano con tutte le forze alle loro credenze e opinioni: perché, se paragonata al modo caotico in cui ci sono arrivati, persino l'opinione più assurda appare meravigliosamente chiara, sana e ovvia e, se te la lasci sfuggire, sei costretto a rituffarti in quel marasma nebbioso per riuscire a strappare un'altra opinione che prenda il suo posto.
Nicola Campostori