La lancia di Longino. La storia straordinaria di un uomo comune
di Louis de Wohl
BUR, 2016
pp. 472
€ 13,00
Titolo originale: The Spear (1957)
Traduzione di Elisabetta Ciaccia Zaffaroni
Scritto sul finire degli anni ‘50 da un grande autore di romanzi storici, La lancia di Longino colpisce per la sua capacità di condurre il lettore molto lontano da dove l’inizio farebbe supporre. Pertanto, chi fosse ragionevolmente interessato a lasciarsi sorprendere dall’opera, non solo non dovrebbe leggere questa recensione, ma neppure la quarta di copertina, e forse neppure il titolo tradotto – come sempre troppo esplicativo rispetto alle intenzioni originali.
Protagonista della storia sembra essere Cassio Longino, giovane legionario romano di belle speranze, appartenente a una dinastia illustre, figlio unico di un ex comandante dell’esercito che si era distinto nella guerra germanica ed era caro all’Imperatore. Innamoratosi della donna sbagliata e poco diplomatico nelle relazioni, Cassio inizia subito a scontrarsi con i meccanismi di potere di Roma, che finiscono per travolgere e stritolare la sua famiglia. Sarà la sua particolare abilità di tiro – quella lancia che ci aspettiamo dal frontespizio – a salvarlo da una situazione drammatica e a regalargli una nuova possibilità. Solo e disilluso, Cassio si imbarca per una provincia lontana, al seguito del nuovo procuratore, tale Ponzio Pilato.
Louis de Wohl riesce a innestare la narrazione su un affresco storico di ampio respiro, che si estende dalle mura dell’Urbe, dove l'ambizioso Seiano cospira per prendere il potere sostituendosi al sempre più debole Tiberio, fino ad arrivare alle porte di Gerusalemme, dove il Partito della Libertà è sempre più insofferente al dominio romano e trama per sollevare la popolazione contro gli invasori stranieri. Qui, quasi inosservato sotto il fragore di dinamiche politiche e sociali ben più roboanti, un umile falegname di Galilea inizia a spargere il suo messaggio di pace, suscitando preoccupazioni sempre crescenti nei massimi esponenti del potere ufficiale. Si inizia quindi a capire che la vicenda seguirà linee di sviluppo inaspettate. Lo scrittore conduce i suoi personaggi da una scena all’altra con la sicurezza del burattinaio, da seguire con occhi sgranati e fiduciosi: solo lui sa dove la narrazione si dirigerà e accompagna con garbo il suo pubblico, senza fretta, nello scorrere delle pagine.
Per la quasi totalità del romanzo, il personaggio di Cassio non è connotato positivamente. Passa da essere un ragazzino superficiale e un po' arrogante a un uomo amareggiato e disincantato, che non crede più in nulla e nasconde la propria infelicità sotto una spessa coltre di cinismo. Anche l'amore per la "piccola dea", Naomi, non lo migliora: lo rende inizialmente sentimentale e insicuro; successivamente, quando un nuovo ostacolo apparentemente insuperabile, la fede, si frappone tra lui e la ragazza, lo farà diventare geloso e prepotente, cieco e ostinato. Come lo definisce il saggio Abenadar, suo unico vero amico, "Cassio Longino non è altri che un ragazzo impacciato e immaturo, che vede se stesso come un grande vendicatore di torti" (319). È la percezione distorta di sé che rende il protagonista inflessibile nelle sue scelte, ossessionato da una sete di vendetta che, dopo tanti anni, quando più nulla può essere cambiato, appare svuotata di significato ("la vita continuava il proprio corso, e la vendetta era impotente di fronte a essa", 412).
Il primo accesso alla figura di Gesù, grande motore degli eventi, più e prima che semplice comprimario, si ha attraverso una prospettiva esterna, lo sguardo di chi lo osserva criticamente e non è propenso a farsi toccare dalla portata della Parola. Il "rabbino Gesù" viene descritto come la pietra d'inciampo, l'uomo che scardina le certezze (e la comoda posizione) dei potenti, colui che porta avanti un preciso progetto a lungo termine destinato a stravolgere l'ordine costituito. Il sommo sacerdote Caifa osserva preoccupato l'evolvere della situazione, percependo nell'aria – con orrore – il fremito di un cambiamento inarrestabile:
Qualcosa di spettrale e misterioso si stava avvicinando alla città, convergendo da tutte le parti, proprio quando i pellegrini stavano ritornando da ogni dove; sorvolava i pellegrini, si riversava su di loro e li riempiva di uno strano stato d'animo, al contempo ansioso e gioioso, uno stato di attesa mistica. (...) La vecchissima storia di antiche attese e speranze li riempiva ancora una volta di euforia ed eccitazione. Era nell'aria stessa che respiravano; nell'acqua delle loro abluzioni e nel vino che bevevano; scaturiva dal suolo come una nebbiolina invisibile. E si sarebbe trasformata in spargimento di sangue e fuoco e distruzione, a meno che lui non la fermasse. (321)
L’arrivo del Nazareno a Gerusalemme in occasione della Pasqua è osservato da lontano, tramite i fitti resoconti dei messaggeri e dei testimoni; anche l'arresto nell'orto degli ulivi viene riportato attraverso le parole del centurione Varro, incaricato della missione. In comune, tutte queste comunicazioni hanno di rendere l'impatto che l'incontro con Gesù ha sugli astanti. È qualcosa di indefinibile, che va oltre i suoi discorsi, legato alla sua stessa essenza. È il modo in cui riesce a far sentire chi gli sta accanto, il modo in cui cambia chi lo avvicina. Ciononostante, l'intera storia della passione scorre veloce all'interno del romanzo, descritta come un rapido e spietato iter burocratico: pochi indugi solo per la titubanza di Pilato, come gli altri sfiorato dall'intensità di una fede che non riesce a comprendere. È solo sul Golgota che il ritmo rallenta, che si restituisce spazio al dettaglio, dal momento in cui il destino di Longino si intreccia a quello del Cristo crocifisso. Con una scelta inusuale, l'autore sceglie di collocare l'incontro dopo la morte di Gesù, dopo il terremoto, dopo la lacerazione dei veli del tempio. Longino è colui che con la sua lancia ha trafitto il corpo del Dio incarnato, colui che deve fare i conti con la folgorazione che ha seguito quell'attimo, cancellando "passato e futuro" (395). Per quanto provi a rinnegare il cambiamento, a guardare con ostilità quello altrui ("aveva fallito, aveva fallito in modo così ovvio e palese quel suo dio", 413), qualcosa succede. Succede nonostante l'ostinazione ottusa, la rabbia persistente e accanita, lo spirito ferocemente dissacrante che tutto vuole distruggere. Succede nonostante lui, si potrebbe dire. E così Cassio Longino fa una nuova esperienza di sé e del mondo, che lo porta a reinventarsi in modo imprevisto.
Con lo stile e la sicurezza del grande narratore, Louis de Wohl ci accompagna con mano sapiente attraverso i meandri di una storia che credevano di conoscere, indicandoci di volta in volta dettagli su cui non ci eravamo mai soffermati, proponendoci interpretazioni più ampie di fenomeni che credevamo ristretti, aprendo scorci su personaggi secondari che acquistano nella sua opera rilievo di protagonisti.
Carolina Pernigo