di Carlos Spottorno e Guillermo Abril
add editore, 2017
add editore, 2017
171 pp.
€ 28,00
Cosa succede quando un giornalista e un fotografo decidono di visitare tre luoghi di confine fra quella zona geopolitica definita "Europa" – l'Europa con le sue tradizioni e le sue guerre, la sua identità così limpida, eppure territorio di scontri per secoli fino alla fine della seconda guerra mondiale e alla nascita del Patto atlantico; l'Europa cristiana e però anche laica, l'Europa delle libertà e dei regimi totalitari – e il resto del mondo?
Succede che un viaggio che doveva comprendere Melilla (una zolla spagnola in terra marocchina, blindata come un caveau), qualche fetta di confine fra Grecia, Bulgaria e Turchia, e l'immancabile Lampedusa diventa l'inizio di un'esplorazione dantesca fra gironi infernali ai limiti della civiltà occidentale; un percorso che si stende dai terreni quasi desertici del nord Africa fino alle distese infinite di ghiaccio intorno al circolo polare artico, là dove roccaforti dal sapore tardo medievale si minacciano, una in terra finlandese e l'altra in territorio russo, come se la guerra fredda non fosse mai terminata.
Cosa leggiamo nella selezione delle oltre 25.000 foto scattate da Carlos Spottorno in tre anni di viaggi? Leggiamo la paura e la disperazione di intere famiglie che hanno percorso centinaia di chilometri (via mare o via terra, cosa cambia?) che ha tanto il sapore di una speranza minima, la fiammella accesa di una candela al termine dei suoi giorni. I testi di Guillermo Abril poi ci raccontano la vita di tutti i giorni di queste persone, e per qualche ora sembra di essere lì fra loro, dove i ragazzini giocano a calcio con palloni di fortuna.
Ma leggiamo anche la determinazione di soldati in uniforme, sempre sospesi fra le simulazioni di guerra e le battaglie vere, con le orecchie tese ad ascoltare i rumori degli spari lontani (ma neanche troppo) al di là del bosco che separa due stati.
E ci leggiamo anche la frustrazione dei volontari delle ong, sparpagliati ai quattro angoli di questa nostra Europa, costretti a vedere la sofferenza delle persone, e consapevoli che questo giorno non sarà l'ultimo.
Fondamentale è soffermarsi sulle foto, modificate per sembrare disegni da graphic novel: in quegli sguardi, in quelle labbra screpolate, in quei vestiti logori scorgiamo tutta la fragilità del sogno europeo, che rischia di sgretolarsi sotto i colpi di un nazionalismo che, con il recente (ri)emergere dei partiti di estrema destra, ha assunto un vago retrogusto di inquietante campanilismo. Queste foto parlano però anche di noi: lontani dai centri di potere delle capitali, lontani dalle strade enormi e dai parchi lussureggianti della ricca Europa, gli eventi quotidiani raccontati nella Crepa ci sbattono in faccia una realtà denigrante. Denigrante in quanto europei (con il nostro fardello storico che tanto ha contribuito a rendere miserevoli le situazioni dei paesi confinanti), ma denigrante anche in quanto esseri umani.
La crepa parla dunque di una Europa che, forse senza volerlo, taglia in due ciò che noi siamo da quell'altro che tanto ci spaventa; parla tuttavia anche di tutte quelle faglie interne (il passato rischio di Grexit, il presente di una Brexit non ancora definitiva per fare due esempi, ma anche le enormi differenze di ricchezza e responsabilità fra stati del nord e stati del sud) che rischiamo di far crollare il castello.
La crepa è un libro universale, qualcosa che tutti dovrebbero leggere e osservare. Abbiamo la possibilità di visitare i luoghi dove si sta facendo la storia: approfittiamone.
David Valentini
€ 28,00
Cosa succede quando un giornalista e un fotografo decidono di visitare tre luoghi di confine fra quella zona geopolitica definita "Europa" – l'Europa con le sue tradizioni e le sue guerre, la sua identità così limpida, eppure territorio di scontri per secoli fino alla fine della seconda guerra mondiale e alla nascita del Patto atlantico; l'Europa cristiana e però anche laica, l'Europa delle libertà e dei regimi totalitari – e il resto del mondo?
Succede che un viaggio che doveva comprendere Melilla (una zolla spagnola in terra marocchina, blindata come un caveau), qualche fetta di confine fra Grecia, Bulgaria e Turchia, e l'immancabile Lampedusa diventa l'inizio di un'esplorazione dantesca fra gironi infernali ai limiti della civiltà occidentale; un percorso che si stende dai terreni quasi desertici del nord Africa fino alle distese infinite di ghiaccio intorno al circolo polare artico, là dove roccaforti dal sapore tardo medievale si minacciano, una in terra finlandese e l'altra in territorio russo, come se la guerra fredda non fosse mai terminata.
Cosa leggiamo nella selezione delle oltre 25.000 foto scattate da Carlos Spottorno in tre anni di viaggi? Leggiamo la paura e la disperazione di intere famiglie che hanno percorso centinaia di chilometri (via mare o via terra, cosa cambia?) che ha tanto il sapore di una speranza minima, la fiammella accesa di una candela al termine dei suoi giorni. I testi di Guillermo Abril poi ci raccontano la vita di tutti i giorni di queste persone, e per qualche ora sembra di essere lì fra loro, dove i ragazzini giocano a calcio con palloni di fortuna.
Ma leggiamo anche la determinazione di soldati in uniforme, sempre sospesi fra le simulazioni di guerra e le battaglie vere, con le orecchie tese ad ascoltare i rumori degli spari lontani (ma neanche troppo) al di là del bosco che separa due stati.
E ci leggiamo anche la frustrazione dei volontari delle ong, sparpagliati ai quattro angoli di questa nostra Europa, costretti a vedere la sofferenza delle persone, e consapevoli che questo giorno non sarà l'ultimo.
Fondamentale è soffermarsi sulle foto, modificate per sembrare disegni da graphic novel: in quegli sguardi, in quelle labbra screpolate, in quei vestiti logori scorgiamo tutta la fragilità del sogno europeo, che rischia di sgretolarsi sotto i colpi di un nazionalismo che, con il recente (ri)emergere dei partiti di estrema destra, ha assunto un vago retrogusto di inquietante campanilismo. Queste foto parlano però anche di noi: lontani dai centri di potere delle capitali, lontani dalle strade enormi e dai parchi lussureggianti della ricca Europa, gli eventi quotidiani raccontati nella Crepa ci sbattono in faccia una realtà denigrante. Denigrante in quanto europei (con il nostro fardello storico che tanto ha contribuito a rendere miserevoli le situazioni dei paesi confinanti), ma denigrante anche in quanto esseri umani.
La crepa parla dunque di una Europa che, forse senza volerlo, taglia in due ciò che noi siamo da quell'altro che tanto ci spaventa; parla tuttavia anche di tutte quelle faglie interne (il passato rischio di Grexit, il presente di una Brexit non ancora definitiva per fare due esempi, ma anche le enormi differenze di ricchezza e responsabilità fra stati del nord e stati del sud) che rischiamo di far crollare il castello.
La crepa è un libro universale, qualcosa che tutti dovrebbero leggere e osservare. Abbiamo la possibilità di visitare i luoghi dove si sta facendo la storia: approfittiamone.
David Valentini
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