di Sergio Claudio Perroni
La Nave di Teseo, gennaio 2018
pp.173
€ 12,00
Quanto spazio c'è per la poesia nel mondo moderno? Questa domanda, se da un lato può avere un campo di risposte praticamente infinito senza molte certezze a riguardo, può avere anche una sola risposta, declinata in due varianti: no, non c'è più spazio per la poesia oggi e lo spazio c'è ancora, ma bisogna trovare il modo di possederlo pienamente. A questo secondo modo di pensare appartiene Sergio Claudio Perroni, che in questo Entro a volte nel tuo sonno, appena uscito per La Nave di Teseo, non sembra avere troppi dubbi. Contro il chiacchiericcio incessante del mondo contemporaneo e il mai domo flow delle notizie sui social network, Perroni oppone un movimento lento, compassato, quasi iconoclasta rispetto a tali rigidi (anche se all’apparenza flessibili) dogmi dell’oggi. E come lo fa? Sbraitando più forte degli altri, inneggiando alla violenza o al ritorno di quegli “ordini vecchi” che tanto ricordano gli “ordini nuovi” degli anni passati? Niente di tutto questo, egli lo fa professando la parola, nuda parola che si mondo e si fa presenza se articolata assieme alle altre.
Un libro di liriche e un libro lirico nella sua essenza questo Entro a volte nel tuo sonno, che fa dell’apparente debolezza della parola scritta o, per meglio dire, declamata a mezza voce, la sua intima e possente forza, forza che diviene ancora più dirompente se quelle liriche, quegli sprazzi di bellezze peregrine e momentanee, il lettore le associa a qualcosa di tangibile, a qualche sensazione provata, a qualche persona amata, a qualche attimo di assoluta beltà.
Già perché il libro pubblicato da La Nave di Teseo in una bella edizione segnalata anche dall’ottima impostazione grafica, è un libro prezioso proprio per questo. Non un libro passivo, un classico-libro mondo, titanico e interminabile, di quelli nei quali l’autore/demiurgo riversa sul lettore, passivo e quasi annichilito, tutto il suo immane concetto di esistenza.
No, qui è tutto il contrario. Il lettore è sempre (dovrebbe sempre essere) attivo, facitore del mondo letterario almeno quanto l’autore che interpreta perciò il ruolo di “padre-padrone” ma di semplice, si fa per dire, compagno di viaggio, commilitone in questo nostos alla ricerca dell’essenza più intima dell’essere umano: ancora una volta, la parola.
Scrive Sandro Veronesi nell’introduzione, non capziosa, del libro:
La poesia è così, la poesia è questo e la forma che ha non si può cambiarla, nemmeno temporaneamente, nemmeno se in quei venti minuti che ci metti per trovare il modo di rispettarla dovevi fare qualcosa d’importante.
Ecco quindi che torna tutto: le parole, la forma, l’essenza. Entro a volte nel tuo sonno è proprio questo, una splendida dichiarazione d’amore in poesia su quanto, immancabilmente, ci si dimentica di essere umani eppure lo si è e per questo occorre continuare a riperterselo.
In poesia, chiaramente.
Mattia Nesto
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