di Marco Consentino, Domenico Dodaro, Luigi Panella
Sellerio, 2017
pp. 552
€ 15,00 (disponibile in e-book)
Etiopia, 1937. Il tema sollecita interesse:
un giallo politico-militare nei
territori africani appena ribattezzati impero
da Mussolini con il proposito di smascherare i falsi miti del colonialismo nostrano,
dagli "italiani brava gente" al controllo
effettivo sul territorio abitato dalle scorbutiche e orgogliose genti etiopiche.
Per non parlare di divisioni e rivalità all’interno dello stesso regime.
Squarci necessari per avere
un’idea più vicina ai reali accadimenti di quell’epoca in cui anche di fronte
ai coriacei arbegnoch, i resistenti abissini, l’Italia mostra tutta la sua
inadeguatezza militare. Credendo di sopperirvi con i gas e lo sterminio dei
civili. Tipo Saddam con i curdi pochi decenni fa. Ora però bisogna ragionare su
quanto mi è capitato di leggere in alcune recensioni. Deduco provenga da una
singola fonte. È un po’ come le piramidi sparse in vari angoli della Terra che sarebbero
frutto di una stessa civiltà pregressa scomparsa: ecco, mi sono fatto l’idea che
il paragone tra I fantasmi dell’Impero e la discesa in Cuore di tenebra abbia un’origine unica.
Già: questo romanzo, secondo tale
interpretazione, permetterebbe di spingersi gradualmente, insieme al
protagonista principale, l’avvocato militare Vincenzo Bernardi, all’interno del
lato oscuro. Sempre in Africa siamo, in effetti, qui e nel testo di Conrad. Fra
le edizioni disponibili di Cuore di tenebra cito la tascabile Feltrinelli del
2013. Ne esistono altre, tuttavia mai si va oltre le 150-170 pagine, la Feltrinelli citata ne
ha 120. Tante bastano per permettere a Conrad di accompagnarci nell’abisso. Dove le tenebre esistono fin
dall’ambientazione: il sole fa fatica a filtrare tra le maglie intricate della
foresta pluviale dentro la quale s’insinua come un serpe biblico il fiume
Congo. E sono 120 pagine di allusioni sull’orrore. Non c’è alcunché di
esplicito semmai qualcosa che incombe. Sempre. Così il lettore, l’uomo, può prenderne
coscienza.
Ne I fantasmi dell’Impero il
clima cambia, l’altopiano etiopico è una landa che riflette la luce, è tutto all’aperto: lago Tana, montagne,
regioni, mercati, vie imperiali e strade impervie, attentati, scontri militari.
Ogni tanto un acquazzone rompe la monotonia ma l’astro torna prepotentemente a
prevalere. Perciò si fa fatica anche solo a figurarsele queste tenebre. Intuisco
la replica: ma le tenebre vere non sono il prodotto dell’alternanza tra giorno
e notte, o delle stagioni, piuttosto albergano malignamente attorno e in
ciascun essere umano. Va bene, allora andiamo a fondo.
Per dire che a me non basta una
tortura o una carovana militare in marcia che da Addis Abeba si addentra nelle zone
più ribelli come il Goggiam. Neanche mi basta Vincenzo Bernardi che prende coscienza grazie a un processo alquanto
scontato, umano e narrativo al tempo stesso. La figura dell’avvocato militare,
infatti, è in una posizione di debolezza dovuta alla sua contraddittorietà. Questa
di per sé non sarebbe un difetto, se non fosse che l’asse portante Bernardi è
contraddittorio in chiave ermeneutica.
Integerrimo come detta il cliché,
concluderà la carriera nel ruolo di magistrato della Repubblica Italiana nel
processo Kappler. Sembra che assuma come unica guida il diritto e tuttavia
appaiono accenni a certe sue decisioni giudiziarie: frettolose condanne a morte
di presunti colpevoli o ruoli importanti nei tribunali volanti inventati da Graziani per condannare rapidamente i ribelli
della Cirenaica. Ma se si fanno passare queste contraddizioni come note a margine e non si dà a esse sostanza, non
si trasforma un personaggio guida nell’emblema del tormento esistenziale, si
arricchisce solamente di 10 righe un capitolo. Dov’è la tenebra?
E dov’è nella cospirazione che
articola la trama? Forze armate, carabinieri, milizia fascista coloniale, ovra,
ministero della guerra, stato maggiore, partito nazionale fascista, finanche re
e duce… oramai è appurato che dalle infinite combinazioni fra questi centri di
potere il fascismo esca meno totalitario di quanto volesse apparire.
Il nazismo lo era. Nel fascismo convivevano più anime,
monarchia-esercito-Badoglio finirono per erigersi ad autentico contro-potere.
Che darà i suoi frutti, come noto, il 25 luglio del 1943. Proprio lo scontro
Badoglio versus Graziani dovrebbe animare questo romanzo e la lotta sotterranea
interna al regime ma le forzature complottiste mi paiono evidenti così come il
continuo alternarsi di personaggi, e dei rispettivi reggimenti, battaglioni,
bande paramilitari, governatorati di cui sono a capo o fanno parte, specie
nella parte centrale, è fonte di allusioni che più che sollecitare
partecipazione interpretativa ingarbugliano la matassa e generano qualche
equivoco. Proprio su Bernardi peraltro.
Non è un caso, a mio avviso, che
i tre autori – ci sarebbe peraltro da analizzare chi ha scritto cosa delle 550
pagine complessive ma lascio ai lettori il compito di cogliere certe sfumature
– sentano l’esigenza di tirare le fila del discorso con un riassunto bignamico degli
accadimenti fatto nientemeno che da Badoglio in persona a Bernardi, alla
fine del romanzo. Ma siamo già in epoca repubblicana e tutto suona lontano.
Ultimo espediente per rievocare un’eco di vicende tristi e drammatiche, l’oscurità di trame e macchinazioni, la
tenebra. Ma il cuore di quest’ultima
è davvero altra cosa.
Marco Caneschi