di Guido Pescosolido
Donzelli, 2017
pp.168
€ 20,00 (cartaceo)
La Questione Meridionale è un tema scottante e di sempre
pregnante attualità, con un rilievo preciso all’interno del dibattito politico
del nostro paese, sebbene negli ultimi anni sia stato un po’ trascurato, a
favore dei più blasonati proclami interventisti sull’emergenza – ormai più che
decennale – del fenomeno migratorio in atto.
Sulle opportunità o le mancanze di una controversia di
memoria pre-unitaria ha scritto, con rigore e precisione, Guido Pescosolido,
che con rigore accademico, e con l’esperienza che contraddistingue chi ha
dedicato anni di studio al problema, ci chiarisce, con un volumetto di appena
160 pagine, una nodo centrale della nostra storia. Lo fa con dovizia di
particolari ma anche con la urgenza di chiarezza, in maniera che il manuale,
edito recentemente da Donzelli, risulti comprensibile a tutti.
Sul piatto ci sono 150 anni di storia del nostro Paese, con
un’avvertenza, lasciar perdere il pregiudizio consolidato che ci dipinge un Sud
sempre in affanno, trainato da un Nord
precocemente industrializzato, e riconoscere i momenti positivi della storia
del Mezzogiorno, i meriti e il debito che gran parte della politica deve riconoscere al Mezzogiorno, e capire che
non c’è stato mai solo un modo univoco di intendere la questione e provare ad
affrontarla.
Di sicuro, con la nascita del Regno d’Italia, nel 1861, uno
dei problemi da affrontare è stata
proprio la questione meridionale e nondimeno ha inciso positivamente sulle
regioni del Sud, il fatto di far parte di questo disegno, come soluzione per fuoriuscire dall’isolamento borbonico. Uno dei
temi centrali che preme allo studioso sottolineare è come il Mezzogiorno sia
stato parte integrante dello sviluppo capitalistico nazionale e il suo mercato
sia stato decisivo ai fini dell’avvio e del consolidamento
dell’industrializzazione del Nord, almeno fino alla Seconda Guerra Mondiale.
Nel secondo dopoguerra questo peso si è attenuato ma resta
ancor oggi essenziale per lo sviluppo dell’economia settentrionale, motivo per
cui la mancata ripresa del Sud rischia di compromettere la stessa ripresa
nazionale.
Passando in rassegna 150 anni di storia, Pescosolido
individua poi un unico grande momento in cui lo Stato italiano avrebbe potuto
ridurre il divario Nord-Sud, ovvero a partire dalla seconda metà degli anni
Settanta, col rinnovo per il finanziamento della Cassa per il Mezzogiorno. Un
altro mito da sfatare è la mancata crescita del Sud in termini assoluti, perché
se è pur vero che il Sud ha raggiunto momenti cruciali della storia del Paese
in condizioni di debolezza, la crescita c’è stata, solo che partendo in
svantaggio, il divario tra la crescita del Nord e quella del Sud non si è mai
colmato.
Il Sud, nell’analisi dello studioso, ha purtroppo raggiunto
i vari momenti cruciali della nostra storia, in condizione di debolezza; pur
crescendo, l’ha sempre fatto meno del Centro-Nord. Se pensiamo agli anni dello
sviluppo economico, invece, l’Italia tutta raggiunge l’obiettivo di diventare
una società autenticamente industriale. Ed è con queste premesse che si sarebbe
potuto affrontare il riequilibrio territoriale, ma tra la fine degli anni Sessanta
e l’inizio dei Settanta, l’Italia prende un’altra strada, a causa del mutato
clima nelle relazioni industriali e nelle linee strategiche adottate dai
sindacati e dalle forze politiche, che portarono a una espansione dei salari,
dei consumi e del Welfare, superiore agli incrementi di produttività,
precludendo così ad una politica dei redditi
e a una programmazione efficace. In più, i dirigenti meridionali non
riuscirono ad armonizzare la loro azione con la Cassa del Mezzogiorno e con la
centralità statale, facendo perdere dei fondi che in altre regioni furono usati
al meglio. Anche l’azione dei Tar, istituiti nel 1971, fu nociva, perché ha
rallentato i procedimenti amministrativi.
Negli anni Settanta quindi la situazione peggiora sempre più e la sua portata diventa nazionale, in un contesto europeo.
Negli anni Settanta quindi la situazione peggiora sempre più e la sua portata diventa nazionale, in un contesto europeo.
Dal 2015, grazie alla congiuntura favorevole e a una
ripresa parziale dalla crisi, quindi, cosa potrebbe risolvere la questione? Non
perdendo terreno come Paese, suggerisce l’autore, e occuparsi seriamente di una
questione che rischia di compromettere l’intera nazione. Il divario è troppo
grande per essere sanato in pochi anni, allora bisogna occuparsi innanzitutto
di rilanciare il Sud, puntando su ciò che negli ultimi anni lo stesso Sud ha
valorizzato, ovvero il turismo e la rinnovata volontà di fare impresa.
Nei vari capitoli la questione è curata con dovizie di
particolari, dalla spiegazione del tipo di arretratezza e delle differenze che
hanno segnato Nord e Sud, alle sofferenze di un Sud che non cresce, alle
critiche mosse spesso proprio dai meridionalisti al sistema di aiuti che si
mettono in atto per sanare questo divario, alla spiegazione di un protezionismo
favorevole al Nord e sacrificante per il Mezzogiorno, fino alle buone pratiche
che si devono mettere in atto nel presente perché la Questione Meridionale non
diventi un boomerang per l’intera nazione.
Uno sguardo lucido e suffragato da dati, approfondimenti e
opinioni dei vari storici che riassume efficacemente un secolo e mezzo di
colpe, mancanze, responsabilità, soluzioni, ritardi, che ci dicono come sia
necessario inserire ancora una volta in agenda la “Questione” come priorità, oggi
come in futuro, se si vuole vincere la partita con la Storia, in un paese che
non può ragionare a due marce, se non vuole rischiare di sprofondare ancora più
giù, invece che risollevarsi del tutto.
Samantha Viva
Samantha Viva