di Marco Balzano
Einaudi, 2018
pp. 180
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
- Perché vuoi stare qui se rimarremo senza lavoro, se non potremo più parlare tedesco, se distruggeranno il paese?
- Perché qui ci sono nato, Trina. Ci sono nati mio padre e mia madre, ci sei nata tu, ci sono nati i miei figli. Se ce ne andremo avranno vinto loro. (p. 34)
Per molti il campanile che spunta dal lago artificiale è poetico, una stranezza con cui scattare un selfie e passare alla prossima tappa nell'Alto Adige. Ma non sarà così per chi leggerà Resto qui, il nuovo romanzo di Marco Balzano, già vincitore del Premio Campiello nel 2015. C'è tanta poesia nel libro di Balzano, ma soprattutto da ogni pagina trasuda questa profonda convinzione, comune alla protagonista e all'autore:
Fatti, storie, fantasie, ciò che contava era averne fame e tenersele strette per quando la vita si complicava o si faceva spoglia. Credevo che mi potessero salvare, le parole. (p. 6)
E le parole ci riportano a Curon, da Trina, una madre "orfana" della figlia, scomparsa in circostanze che si chiariranno via via nel corso del romanzo. È a lei che Trina rivolge questo memoir, che travolge per delicatezza. Paradossale? No, niente stride nella prosa di Balzano, curatissima eppure spontanea, tanto lirica quanto concreta e incisiva al momento giusto. Semplicemente, è una lingua che lascia filtrare le emozioni dell'io narrante, vive di queste, guarda attraverso gli occhi di una donna innamorata della sua terra. Quando Trina dà il via ai ricordi, cerca di non ammorbare tutto con la sparizione della figlia, ma di raccontare il tempo che la ragazza non può immaginare, perché assente:
Non ti racconterò la tua assenza. Non ti dirò una sola parola degli anni passati a cercarti, dei giorni sulla soglia a fissare la strada. Non ti dirò di tuo padre che senza salutarmi esce di casa [...]. Non ti dirò dei mesi in cui ciascuno di noi all'improvviso scappava, senza avvisare gli altri, e tutti e tre trovando la casa vuota pensavamo che prima o poi i boschi ci avrebbero inghiottito. Persi per sempre nell'insensato tentativo di riportarti qui. Dove non volevi più stare. (p. 51)Dunque, Trina torna alla sua infanzia e adolescenza, quando in una Curon in cui lei e le amiche «passavano ore e ore ad accompagnarsi a casa a vicenda» (p. 11), un bel giorno compare Erich. Misterioso, silenzioso, alto e molto più grande di Trina, eppure l'unico uomo che lei è disposta a sposare: lo dice senza paura al padre, figura molto positiva di grande saggio. E proprio con Erich, Trina avrà una famiglia, anche se il suo più grande sogno resta quello di insegnare. Ma il mondo attorno sta cambiando: i fascisti vietano di insegnare tedesco, la lingua parlata da sempre nell'Alto Adige; a Trina, non resta che ribellarsi e segretamente fare la maestra clandestina nelle cantine e nelle stalle, a costo di rischiare il confino.
Quando la guerra spazza via tutte le certezze, bisogna combattere, con la convinzione che la guerra potesse essere decisiva, l'unico mezzo per ritrovare la libertà:
Abbiamo inghiottito il rospo e combattuto con gli austriaci per ritrovarci italiani. Siamo riusciti a fare tutto questo perché eravamo convinti che fosse l'ultima guerra. La guerra per eliminare le guerre. (p. 55)
Ma presto Erich cambierà idea e dovrà fuggire con Trina, anche se i protagonisti sognano di tornare al proprio maso: è proprio a questo periodo di pericoli continui, fame, fatiche, terrore che Trina dedica la sezione centrale della narrazione. Le montagne, fino a poco tempo prima meta di lunghe camminate fino agli alpeggi con il bestiame, ora diventano unica speranza di sopravvivenza. E Trina ed Erich intendono sopravvivere, anche se questo significa impugnare le armi a loro volta, prepararsi a fuggire dal loro stesso figlio, arruolatosi volontario come sostenitore di Hitler.
Anche a conflitto finito, un'altra guerra, che sta ancora più a cuore agli abitanti della valle, prosegue. Lì, «la gente con un dito sulle labbra lascia ogni giorno che l'orrore proceda» (p. 66): l'incubo della diga, già mentovato prima della guerra, prosegue e si fa sempre più schiacciante, con i suoi rumori, i lavori degli operai, l'imponente muro che incombe sugli abitanti e ricorda ogni giorno l'ormai prossima inondazione della vallata. Erich e Trina sanno bene che, se dovessero cedere, accettare l'indennizzo e andarsene, la loro vita sarebbe finita per sempre: loro, che sono sempre tornati a Curon e al loro maso, dovrebbero arrendersi e rinunciare a quanto hanno di più caro. O forse, ciò che avevano di più caro lo avevano già perso con la scomparsa della figlia?
Struggente, ma anche pieno di lotta per vivere e non solo sopravvivere: dobbiamo ringraziare Marco Balzano per farci sentire la forza che può avere l'attaccamento alla terra natìa, alla famiglia e alla vita. Badando a ogni parola, senza mai eccedere nel patetismo o, al contrario, nel documentaristico, l'autore riesce a portarci accanto a Trina per percepire Curon e le montagne con tutti i nostri sensi. Non stupiamoci, dunque, se capiterà di commuoversi facendo visita al tanto fotografato campanile immerso nel lago al passo di Resia. Semplicemente, vorrà dire Resto qui è riuscito nel suo intento: come ogni grande libro, ci ha resi più umani.
GMGhioni
Anche a conflitto finito, un'altra guerra, che sta ancora più a cuore agli abitanti della valle, prosegue. Lì, «la gente con un dito sulle labbra lascia ogni giorno che l'orrore proceda» (p. 66): l'incubo della diga, già mentovato prima della guerra, prosegue e si fa sempre più schiacciante, con i suoi rumori, i lavori degli operai, l'imponente muro che incombe sugli abitanti e ricorda ogni giorno l'ormai prossima inondazione della vallata. Erich e Trina sanno bene che, se dovessero cedere, accettare l'indennizzo e andarsene, la loro vita sarebbe finita per sempre: loro, che sono sempre tornati a Curon e al loro maso, dovrebbero arrendersi e rinunciare a quanto hanno di più caro. O forse, ciò che avevano di più caro lo avevano già perso con la scomparsa della figlia?
Struggente, ma anche pieno di lotta per vivere e non solo sopravvivere: dobbiamo ringraziare Marco Balzano per farci sentire la forza che può avere l'attaccamento alla terra natìa, alla famiglia e alla vita. Badando a ogni parola, senza mai eccedere nel patetismo o, al contrario, nel documentaristico, l'autore riesce a portarci accanto a Trina per percepire Curon e le montagne con tutti i nostri sensi. Non stupiamoci, dunque, se capiterà di commuoversi facendo visita al tanto fotografato campanile immerso nel lago al passo di Resia. Semplicemente, vorrà dire Resto qui è riuscito nel suo intento: come ogni grande libro, ci ha resi più umani.
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