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Una lancinante nostalgia: "Le nostre ore contate" di Marco Amerighi

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Le nostre ore contate
di Marco Amerighi
Mondadori, 2018

pp. 265
€ 18,00 (cartaceo)


Che cos'ha di così speciale il 1985? Ci si trova con domande di questo tipo appena si inizia a leggere Le nostre ore contate di Marco Amerighi, uscito per Mondadori. Un romanzo solido e ben costruito certo ma che, forse in maniera un po' ingenua o forse compiutamente voluta, lascia intravedere questa sorta di lancinante nostalgia per un mondo passato che non è migliore del nostro ma, semplicemente, una sua prosecuzione ancora ben presente. Questa concretizzazione del 1985, mai veramente passato ed "eternamente presente" è una specie di leitmotiv dell'intero libro che si legge rapidamente e con gusto, come una partita a un gioco arcade di quegli anni.
Amerighi pone al centro del suo narrato il borgo di Badiascarna, nomen omen per indicare un paesino qualsiasi della Toscana, lontano anni luce dai centri d'arte della regione: anzi, lontano da tutto e da tutti, chiuso com'è fra le montagne e la centrale geotermica di Novalago. La centrale è la presenza fissa di questo luogo, laddove tutto, prima o poi finisce per gravitare. Solo i protagonisti di Le nostre ore contate se ne allontanano, anzi la respingono con tutta la loro forza: anche se i loro padri e le madri, in larga parte, hanno trovato impiego e quindi fonte di reddito (di vita si direbbe) dalla centrale, Sauro, Momo, il Dottore e il Trifo la rifiutano.

La rifiutano perché rifiutano l'omologazione dell'impiego, del posto sicuro e a vita. Loro pensano ad altro, passano i pomeriggi ad annoiarsi tra i calanchi alla caccia di ramarri e poi un giorno, quasi come in un sogno, decidono di fondare un gruppo punk. Siamo nel 1985, in Italia, anzi nella Toscana più rurale: ovvio che le atmosfere metropolitane dei New York Dolls o dei Sex Pistols siano lontane anni luce.

Qui il punk è, in un perfetto gioco ad incastri, il rifiuto del già noto e la voglia di abbracciare lo sconosciuto: sconosciuto e ignoto proprio come "l'apparizione", e non ci sarebbe parola più giusta e più consona alla campagna toscana di questa, di Bea, "la ragazza dai capelli di grano" che si unisce a loro.

Il mondo di Sauro e degli altri sembra perfetto: si suona, si sta assieme e si vive, profondamente, la propria giovinezza. Tutto pare non doversi modificare mai e invece tutto cambia. Una sera, una sera che finirà per cambiare i destini di tutti, Trifo scompare misteriosamente e niente sarà più come prima.

Amerighi con abilità fa un salto temporale, portandoci vent'anni dopo, ancora una volta a Badiascarna ma con un Sauro profondamente cambiato. Eppure una telefonata che lo informa come il padre sia scomparso, ancora una volta, misteriosamente, lo desta da questa sorta spazio-temporale in cui era vissuto: egli sa che non può fare altro che tornare nel proprio "natio borgo selvaggio" per fare i conti, una volta per tutte, non solo con il drammatico presente ma anche con l'inquietante presente.

Nonostante più di un debito verso le forme di narrazione contemporanea, più alle serie tv (quasi in maniera subconscia più che reale Dark è qui un riferimento naturale), Le nostre ore contate è un ottimo romanzo: se fosse un film sarebbe interessante, se fosse qualcosa di seriale forse sarebbe troppo scarno. Ma invece è un romanzo, un romanzo che si legge che è un piacere. 

Mattia Nesto