Paesaggio con mano invisibile
di M. T. Anderson
Rizzoli, 2018
pp. 160
€ 16,00
Titolo originale: Landscape with Invisible Hand
Traduzione di Bérénice Capatti
Quella di Paesaggio con mano invisibile è una realtà distopica restituita con tratto essenziale e implacabile. Le pagine si succedono rapidissime, senza alcun orpello ad arricchire lo stile tagliente o i quadri di vita quotidiana che vengono rappresentati con durezza. Il narratore, Adam, è un adolescente che non indulge in sentimentalismi: è mosso da una mera logica di sopravvivenza, non ha tempo per gli abbellimenti narrativi e la sua unica preoccupazione è l'accudimento della famiglia.
La Terra è stata consegnata volontariamente in mano a una razza aliena che aveva fatto grandi promesse e ne ha approfittato per sostituire le macchine all'uomo, imporre una nuova valuta e ridurre la popolazione autoctona in uno stato di miseria e inconsapevole assoggettamento.
Quasi tutti avevano perso il lavoro dopo l'arrivo dei vuuv. Ci avevano promesso la tecnologia che avrebbe curato qualunque malattia e lavorato al posto nostro, ma ovviamente nessuno aveva pensato al fatto che a possedere tutta quella tecnologia sarebbe stato qualcuno, e che ce l'avrebbe fatta pagare. (18)
Nella nuova società, soltanto chi è stato in grado di adattarsi ad un contesto radicalmente mutato, chi ha instaurato contatti e intrapreso affari con gli invasori, chi ha saputo reinventare la propria attività economica ha potuto mantenere intatto o accrescere il precedente benessere. Gli altri, la maggioranza assoluta, sono caduti uno dopo l’altro.
Anche i disegni di Adam sono amari e disillusi come il suo sguardo. Ogni capitolo è una scena, un luogo, da lui catturato in un'istantanea dolente, che si accompagna al ricordo di eventi e persone: il padre che li ha abbandonati, la madre patetica nei suoi tentativi di farsi forza, l'arrivo di Chloe e della sua famiglia. La pittura, veicolo di comunicazione che rimanda a una tradizione ormai superata, rappresenta una possibilità di esprimersi e sentirsi parte del reale anche quando questo sfugge di mano: "Voglio creare qualcosa che faccia davvero parte del mondo" (38). A interessarlo non sono tanto i soggetti quanto i paesaggi in cui questi sono inseriti. Vuole osservarli inosservato, essere "lontano dall'azione. In una casa nascosta da cui si vede tutto il resto" (38-39). Vuole essere l’occhio invisibile che incide sul mondo, o almeno ne conserva traccia. Non si tratta di evasione, ma di un estremo tentativo di radicamento.
E mentre cerca un'occasione (forse il grande concorso a cui lo iscrive Mr Reilly, unico "adulto" che non sia semplicemente "vecchio", grazie alla sua dedizione alla causa educativa), si arrabatta come può in mezzo alla povertà e al degrado, vendendo una fittizia storia d'amore con Chloe agli sguardi avidi dei vuuv, che si riproducono per gemmazione e pagano volentieri per osservare sentimenti che loro non proveranno mai: "il collegamento con i vuuv è attivo, perciò ci guardiamo adoranti come innamorati, ma innamorati che segretamente si odiano" (73). Paradossalmente, è proprio nel momento della rottura che il fallimento di un tentativo di salvezza tutto umano trova riscatto e piena comprensione:
siamo qui a combattere per farci notare, a cercare di essere ciò che i vuuv vogliono da noi. Dobbiamo trovare un modo di convivere con il mondo com'è oggi. Dobbiamo diventare qualcosa di nuovo, qualcosa che risponda al desiderio dei vuuv, sforzandoci di interpretare i loro pensieri a partire da qualcosa che a noi sembra solo un rumore di graffi e cerniere rotte. (81)
In questo senso il suo rivale, che scolpisce Buddha crocifissi con una motosega, per venderli come souvenir al turismo alieno, è solo "un umano che cerca di ricavare una vita e una fede dal semplice legno morto, il che a modo suo è eroico" (81).
Sulla Terra dominata dai vuuv, non ci sono speranze a cui attaccarsi. L'unica possibilità è data da un ostinato e cieco ottimismo, che non può che apparire ingenuo. Come nota la madre di Adam, la "mano invisibile del mercato tende sempre a sistemare le cose”, “riporta l’equilibrio” (121). Ma si tratta di una logica di consumo, e in questo caso fatalista, a cui non tutti accettano di sottomettersi. Ad Adam non resta allora che aggrapparsi a se stesso, alla propria resistenza, al proprio talento (o forse alla propria ostinazione). Ad una pittura che sia in grado di cogliere quello spazio di libertà che gli consenta di sfuggire alla “mano invisibile” che decide della sua vita:
la mano invisibile che guida le nostre imprese, le nostre azioni, i nostri mercati, non potrà raggiungermi lì. Fuori dallo spazio e dal tempo, dal tempo e dallo spazio, non ci sarà più alcuna distanza tra noi e i nostri desideri; nessun abisso infinito tra le valute; l'abisso tra la valuta e l'eternità è già abbastanza grande. (151)
In questo romanzo che della fantascienza ha solo la corteccia e che più che le cose vuole ritrarre l’aria – un vuoto solo apparente, ma in realtà densissimo – tra le cose, si arriva a definire una sorta di religiosità laica, una fede nell'uomo e nella sua capacità di sussistenza, che non sempre e non necessariamente passa attraverso la strada più convenzionale.
Carolina Pernigo
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