Alex & Alex
di Alyssa Brugman
EDT, 2013
pp. 235
€ 13,50
Titolo originale: Alex as Well
Traduzione di Aurelia Martelli
Alex è confusa, non sa dare un nome alla fase che sta attraversando. È l'adolescenza, certo, ma c'è molto di più: c'è il tormento di non sentirsi accettata e riconosciuta per quello che è, c'è il continuo conflitto (che a volte diventa compagnia rassicurante) tra due parti di sé, opposte e complementari, che bisticciano continuamente ma non sanno fare a meno l'una dell'altra. C'è il desiderio di emergere come individuo, di scoprire se stessa, di reinventarsi in un nuovo ambiente senza il peso dei pregiudizi. C'è un tumulto di emozioni e sentimenti che hanno sempre sussurrato al fondo della sua anima, ma che sono esplosi nel momento in cui ha smesso di prendere le medicine che l'accompagnano fin dall'infanzia (senza che nessuno le abbia spiegato bene perché). Alex non sa dare un nome a tutto questo, ma il nome c'è, ed è il nome di uno stato clinico, disordine della differenziazione sessuale, i cui stessi contorni sono ambigui e non delineati. Alla condizione fisica si accompagna, inscindibile, quella psicologica, che si complica nel rapportarsi con un mondo che non è sempre pronto ad accogliere, che spesso non sa fare i conti con le diversità.
Non è facile dedicare un romanzo per giovani adulti a un argomento simile, in un'epoca in cui persino Bianca Pitzorno (con il tenero, rassicurante, amatissimo Ascolta il mio cuore) viene accusata di diffondere pericolose – e presunte – “teorie gender”. La scrittrice australiana Alyssa Brugman ci prova (e ci riesce) con l'intelligenza di uno stile asciutto e ironico, con la volontà di dare voce a entrambe le verità che è Alex. La scelta di oggettivare la scissione, portando le diverse parti della protagonista a dialogare e interagire tra loro (pur nella piena consapevolezza dell'unità), aiuta a problematizzare – non a confondere – la delicata questione della definizione identitaria. Ma, soprattutto, la schiettezza del linguaggio, l'umiltà narrativa e il desiderio preciso di non fare del testo un manifesto ideologico obbliga il lettore a sospendere qualsiasi giudizio: si trova infatti di fronte non a un case study o a una tesi da sostenere o confutare, ma alla storia di una persona, che non si può e non si vuole ridurre a un assoluto né a un'etichetta, come dovrebbe essere anche nella realtà, dove invece troppo spesso non è così:
Gli altri vogliono sapere che cosa sei, vogliono riuscire a capire che cosa sei anche se stai semplicemente camminando per la strada e non ti rivedranno mai più nella loro vita. È assurdo. La maggior parte di loro non vede sfumature, zone grigie. E se c’è confusione provano una sensazione quasi fisica di fastidio. Ne sono disgustati (p. 22).
La scrittrice ci dice che Alex è il tipo di persona che, andando in controtendenza rispetto alle aspettative contemporanee, si sforza di togliere una maschera invece che indossarla, una persona che combatte una lotta che appare giusta, che si scontra con decisioni altrui che non dovrebbero decidere della sua libertà. Quello che ne emerge è appunto una trama lineare ma non semplice, che obbliga a confrontarsi con i propri stessi preconcetti, forse più utile agli adulti (che possono mettersi nei panni dei genitori – grottescamente inadeguati, egoisticamente fragili – di Alex) che non ai ragazzi.
Grazie a questi tratti, un romanzo connotato fin dal titolo diventa di fatto una storia sull’adolescenza da cui emergono problemi comuni e riconoscibili: le difficoltà connesse alla genitorialità, il bullismo scolastico, l'amicizia, gli stereotipi legati al maschile e al femminile (che vengono attaccati con forza, ridiscussi, ricomposti secondo direttrici nuove). L'unico discorso di genere che l'autrice lascia emergere tra le righe è che non esiste un discorso, ma singole vicende che non conosciamo e su cui non abbiamo diritto di (pre-)giudizio. Che la vita degli altri va avanti nonostante noi e le nostre opinioni, e che l'unico valore realmente importante – questo sí, apertamente difeso, anche se mai banalizzato o fatto passare per cosa facilmente realizzabile – è l'accettazione di un'alterità irriducibile proprio perché irriducibile. Alex è un personaggio a cui si finisce per affezionarsi per la sua difficoltà nel capirsi, perché con la sua imperfezione faticosamente accettata finisce in realtà per sottolineare quella ignorata o rinnegata di chi la circonda. E viene fuori, alla fine, che forse il suo travestimento è meno radicato e più aderente al vero rispetto a quello dietro cui si nascondono tutti gli altri.
Carolina Pernigo
La collana "Giralangolo" di EDT non è nuova ai romanzi belli e intensi: abbiamo già recensito Ferma così di Nina Lacour e Buio di Patrick Bard.